
RECENSIONE
TRAMA
Nella Milano degli anni Settanta si combattano più battaglie e su più fronti, da quello politico a quello sociale, e tra queste c’è n’è una davvero spaventosa come il passaggio in città di un killer feroce, un assassino che con molta probabilità ha già mietuto vittime e sparso sangue al di là dell’Oceano e che quasi sicuramente si sta dirigendo in Toscana per uccidere ancora e ancora e diventare uno dei più letali serial killer della storia. Ma prima, il suo passaggio intermedio nella città meneghina segna ancora di più un clima caldo e di violenza mettendo a dura prova inquirenti, semplici cittadini e soprattutto padre Jadran inviato del Sant’Uffizio che osserva, studia e intuisce cose che altrimenti sfuggirebbero anche l’occhio più esperto. C’è un filo rosso bruno che unisce luoghi e vittime differenti e che porta una unica e abominevole firma?
PERSONAGGI
In un poliziesco naturalmente l’investigatore è il personaggio su cui si concentrano i riflettori e il commissario Vittorio Maspero se li merita tutti perché è adorabile e pieno si difetti. È il vero protagonista feticcio che tutti i lettori di Carcano hanno imparato a conoscere e amare ma, come succede spesso nel mondo dell’arte quella che doveva essere solo la spalla del protagonista diventa un personaggio che vive di vita propria e che non ruba la scena nel vero senso della parola, ma sposta l’attenzione del lettore per fargli comprendere che c’è un altro mondo al di sopra e al di sotto della storia ufficiale, una sottotrama che se seguita con attenzione dà vita a un secondo romanzo, a un altro racconto e a conoscere l’altro protagonista dell’investigazione e delle ricerche, un segugio non poliziotto che dello sbirro ne ha tutte le attitudini. A questo punto la domanda di chi legge l’ultima fatica letteraria di Carcano è: ma un prequel o un romano dedicato solo a padre Jadran quando?
AMBIENTAZIONE
Milano mia portami via, c’è tanto freddo, schifo e non ne posso più…La Milano del 1971 non è ancora quella “da bere”, non c’è ancora il glamour e gli eventi che la renderanno la metropoli più europea di Italia qualche decennio dopo, ora è ancora la città delle fabbriche, degli operai, delle proteste studentesche, dei circoli politici, della malavita territoriale. In questa città nordica e operosa un killer che arriva dalla California può sconvolgere ancora di più i già facile equilibrio e allo stesso tempo può avere quasi via libera perché quella Milano dei delitti seriali non sa ancora nulla ed è in altre faccende affaccendata. La genialità di Carcano forse poggia proprio su questo: il capoluogo lombardo, un killer seriale e il mood violento e di protesta del 1971.
CONCLUSIONE
Fabrizio Carcano fa il giornalista, si occupa addirittura di basket, eppure…eppure sembra nato proprio per fare il giallista, anzi, lo scrittore di polizieschi e tutte le volte che viene pubblicato un suo nuovo romanzo e io penso: ma questa volta vedrai che non avrà più nulla da dire, che ormai dove le trova le idee? Lui, Fabrizio, mi smentisce e tira fuori un’altra storia di quelle buone, dove mischia il verosimile con la fiction, quello che poteva essere e quello che è stato e alla sua quindicesima fatica è fresco e lucido come il suo primo romanzo. D’altra parte se si è nati per fare una cosa è bene che la si faccia, caro il mio giallista poliziesco!
INTERVISTA
Fabrizio quando si legge il tuo ultimo romanzo si ha l’idea netta che questa è una storia che tu volevi raccontare a tutti i costi. E quindi ti chiedo come è nata e quanto ti è piaciuto scriverla?
Un saluto a tutti. Confermo è una storia che avevo in mente da due anni e che volevo assolutamente mettere nero su bianco. Tutto nasce dalle inchieste giornalistiche sulla possibilità che The Zodiac, il serial killer che ha insanguinato la costa californiana tra il 1968 e il 1971, possa poi essersi trasferito in Toscana diventando il Mostro di Firenze: tra i due assassini ci sono affinità nel modo di uccidere ed entrambi colpivano le coppiette. Queste inchieste, non suffragate dagli organi giudiziari, questo va detto, mi hanno suggestionato a tal punto che senza accorgermene nella mia testa nasceva una trama di fantasia, con l’arrivo nell’estate del 1971 di The Zodiac a Milano, in fuga dalla California, per ricominciare la sua scia di sangue, sotto la Madonnina, ma incubando i successivi delitti fiorentini. Il libro ha un finale vero, chiuso, ma con uno spiraglio che apre al Mostro di Firenze: ripeto un libro di fantasia, come trama omicidiaria e come personaggio di Zodiac, ma innestato poi nella Milano reale del 1971 con poliziotti, giudici, banchieri, massoni e malavitosi attinti dalla cronaca nera di quegli anni oscuri, dove intrecci e omicidi porteranno poi al terrorismo e agli anni di piombo.
Come è cambiato Vittorio Maspero nel corso del tempo? Cosa ha di particolare in questa sua ultima avventura?
Il commissario Maspero, classe 1934, è alla sua terza indagine dopo il Mostro di Milano, ambientato tra il 1969 e il 1971, e Misteri Ambrosiani, ambientato invece tra il 1977 e 1978. È sempre il solito bello e dannato, personaggio inquieto, corroso nell’animo e non solo, che brucia le sue notti tra bische (quelle vere del 1971), scommesse (alla Pelota basca, quella vera di quegli anni), tra frequentazioni con malavitosi e i soliti vizi Bacco e tabacco con consumi all’eccesso. Diciamo che non è un personaggio che manda messaggi salutisti… credo che i lettori siano intrigati molto da questo personaggio dove le ombre oscurano le sue poche luci di buon investigatore, anche se in questo giallo poliziesco lui è un cacciatore atipico perché a tirare le briglie è Zodiac, è lui il vero protagonista dell’inchiesta, il più furbo, freddo e scaltro tra i due. Posso ricordare poi il terzo protagonista? Padre Jadran, glaciale inquisitore del Santo Uffizio, un istriano duro come il granito, fedele alla sua sacra missione di ‘estirpatore del peccato’ e Zodiac, con i suoi delitti, è il peggior peccatore che gli sia toccato braccare…
E nonostante in questo tuo ultimo lavoro il killer arrivi addirittura dalla California la “tua” Milano continua a fare da padrona. È il personaggio che si impone, è il narratore vero e in qualche pagina perfino ti oscura. Inizi a essere un po’ geloso della città o la ami sempre incondizionatamente?
Premessa anagrafica: sono un milanese nato e cresciuto a Milano, ho vissuto a Milano fino alla soglia dei 42 anni, nel 2015: da quasi sette anni mi sono trasferito a Bergamo dalla mia dolce metà e in qualche modo sono ‘bigamo’, sono un milanese innamorato della mia metropoli nativa e da sette anni altrettanto innamorato della mia Bergamo adottiva con il verde e le colline.
Detto questo il cordone ombelicale con Milano non si allenta per cui resta la mia città e io resto il ‘milanese imbruttito’, e aggiungo anche brutto, che sono sempre stato. Per cui Milano resta il palcoscenico delle mie storie gialle, la protagonista indiscussa, ma vedendola dall’esterno riesco a essere anche un po’ critico quando occorre. Attenzione però: qui racconto la Milano del 1971 dove non c’ero ed è ancora più bello raccontare, in primis a me stesso, la città che mi raccontava mio nonno Vittorio (come Maspero) e mi faceva conoscere passo dopo passo, da bambino, nelle nostre passeggiate partendo da Corvetto fino al centro. La mia è una Milano spesso descritta a piedi, a volte anche esagerando manco fosse uno stradario, ma è il mio modo di scrivere. Poi la Milano del 1971 era un vulcano di tensioni, denari facili, locali notturni, poteri forti e malavita: Sindona, Turatello, Vallanzasca, servizi segreti deviati, il Vaticano, la DC andreottiana, le proteste di tute blu e studenti, le okkupazioni, i cortei, le guerre tra i rossi e i neri. Immaginate che bolgia era quella città? Ecco immaginatela con un’aggiunta: l’arrivo del più feroce serial killer mai apparso sulla Terra, lui, lo Zodiaco. La immaginate? Fate di più…. Leggete il mio libro!