Lo abbiamo conosciuto con La macchina anatomica, pochi giorni è uscita la recensione di Barbara Monteverdi di Cuore di ragno e ha deciso d’intervistarlo e farci raccontare un po’ di lui. Ecco la sua intervista a Lucio Sandon.
Lei è un uomo del nord trapiantato, con molto gusto pare di capire, a Napoli. Il suo evidente amore per questa città è nato poco a poco o è stato un colpo di fulmine?
Sono arrivato a Napoli nel 1968 da Padova, all’età di dodici anni. La macchina di mio padre si fermò davanti alla reggia di Caserta, dovevamo alloggiare per qualche giorno in albergo in attesa che la casa fosse pronta, e io sopraggiungendo dal viale che si snoda di fronte al palazzo reale, pensai che quello fosse l’albergo più meraviglioso che avessi mai visto. Solo dopo mi spiegarono che l’albergo era giusto a fianco, ma la prima impressione fu formidabile. Qualche giorno più tardi mi trovai a girare per le vie di Napoli in agosto, assolate ma fresche, e mi fermai di fronte a una porticina dove c’era un cartello che diceva: “Cappella Sansevero. Visitate il Cristo Velato.” Non si pagava, dentro non c’era nessuno. Vidi quell’uomo steso sotto un velo, e allungai la mano per toccarlo: ecco, quello fu il momento in cui mi innamorai perdutamente di Napoli.
Quanto ha influito l’aspetto magico, esoterico della città sulla sua scrittura? Era già presente in precedenza o è nato vivendo in Campania?
Ho cominciato a scrivere qualcosa dopo aver superato i cinquant’anni. Prima ero troppo occupato con il lavoro e a leggere tutto quello che mi capitava sotto le mani. I miei primi libri infatti sono dei fedeli reportage di quanto mi è capitato nei quarant’anni di militanza veterinaria nelle strade e nelle campagne della zona vesuviana. Sono racconti a volte comici e a volte tragici (Animal Garden – La Caravella Editrice e Vesuvio Felix – Kairòs Editrice), nei quali la componente esoterica è appena accennata. I romanzi sono la naturale evoluzione di tale percorso.
Nei suoi romanzi gli animali hanno sempre un loro spazio “risolutivo”. Considerando la sua professione di veterinario questo è comprensibile. Ma perché da’ loro sempre una parte “buona” nel racconto? In fondo, gli animali non dovrebbero essere mossi da un senso morale, oppure no?
Sì è vero, amo gli animali più degli esseri umani, perché sono intimamente convinto che tutti loro, anche quelli che sembrano assolutamente feroci e spietati, siano degli “angeli”, mandati a compiere la loro missione sulla terra. Gli animali da preda uccidono solo per nutrirsi: nessuno di quelli che noi chiamiamo “bestie” si comporterà mai come quegli esseri umani che uccidono solo per il piacere di farlo, o stuprano e torturano i loro simili. Nel Libro del Bestiario Veterinario – Alphalibri Editore ho riunito le impressioni di un gruppo di colleghi che mi hanno mandato le loro storie pazze e divertenti da tutto il mondo: noi veterinari saremo di parte, ma tutti gli animali ne escono bene, gli umani un po’ di meno. Winston Churchill diceva: i cani ci guardano dal basso, i gatti dall’alto. I maiali ci trattano da loro pari.
Quando scrive, si diverte davvero come sembra al lettore, oppure l’allegra leggerezza del suo tono (stemperata da qualche momento pulp) è creata a tavolino?
Mi diverto come un pazzo. A volte mi trovo a sogghignare da solo davanti alla tastiera.
Quanto tempo dedica alla ricerca storica e storiografica dei suoi romanzi?
La ricerca è una delle cose che mi diverte di più. Per La macchina Anatomica ho perso almeno sei mesi solo per la ricerca della particella catastale originale dei terreni sui quali è stata costruito il palazzo reale di Portici: alla fine, con la collaborazione di un gruppo di preoccupatissimi responsabili dell’Archivio di Stato di Napoli la abbiamo ritrovata in una sezione diversa rispetto a quella in cui avrebbe dovuto essere. Era stata semplicemente spostata altrove. Si tratta di un foglio disegnato a mano nel settecento, dal duca di Noja, lungo tre metri e largo quasi due: è riportato nelle prime pagine de La Macchina Anatomica.
Possiamo aspettarci un altro regalo spiazzante da parte sua, a breve?
A proposito di ricerca storiografica, ho scoperto che dove ora c’è la Reggia di Portici esisteva la villa del principe Santobuono di Caramanico. Sotto di essa, coperta da molti metri di lapilli dell’eruzione del 79 dopo Cristo riposano le rovine della villa al mare della famiglia dei Pontii. Il nonno di Ponzio Pilato, Lucius Pontius Aquila (attenzione all’aquila) era uno dei congiurati che uccisero Giulio Cesare in senato alle idi di marzo. Sul confine sinistro della villa dei Pontii, e lungo il percorso del fiume Dragone (scomparso nella stessa eruzione) e sepolta da 40 metri di roccia lavica, è stata scoperta la Villa dei Papiri, casa al mare di Lucius Calpurnio Pisone (il suocero di Giulio Cesare). Pensa ci sia abbastanza materiale per scriverci qualcosa?
Grazie per il tempo concessoci a Lucio Sandon.
Recensione: Cuore di ragno – La macchina anatomica