Con Sandro Teti editore ha pubblicato due romanzi “Il nodo di seta” (2017) e “L’oro di Baghdad” (2019 – recensione). Barbara Monteverdi, dopo averlo letto, ha intervistato l’autore: Marco Forneris. 

Nel suo romanzo, verità e verosimiglianza sono strettamente legate: quali sono le difficoltà tecniche nel mescolarle? 

Intrecciare la “storia” (la trama) con la Storia è un esercizio letterario complicato. Occorre evitare da un lato errori grossolani nella ricostruzione degli eventi e dall’altro la trasformazione del libro in un saggio, cosa che non è mai stata nelle mie intenzioni. Per dirla tutta, anche nei migliori romanzi di spionaggio la Storia è stata largamente manipolata dagli autori. Forsyth, le Carrè, Follett, il mitico Fleming, tutti hanno usato la Storia come fondale teatrale per i loro testi, non avendo certo cura della credibilità e ancor meno dell’obiettività. Il mio approccio è stato sin dall’inizio diverso: volevo costruire un impianto Storico solido avvalendomi di fonti quanto più possibile affidabili, e sopra questo impianto costruire una trama che intrigasse il lettore e soprattutto non lo spingesse a chiudere il libro alla terza pagina. La ricerca e comparazione delle fonti informative è stata senza dubbio la parte più dispendiosa in termini di tempo, mentre la “storia” è sbocciata quasi spontaneamente. Devo ammettere che in Medio Oriente sono tanti e tali i fatti accaduti che per un autore gli spunti da raccogliere sono quasi infiniti: tanta roba, anche se spesso non piacevole. Trovare il modo di integrare questi due piani di lettura non era invece così facile, e per questo ho dovuto inventare un collante: i “camei” dei personaggi famosi che si trovano ovunque nel libro (coprotagonisti in qualche caso) e che agiscono come portatori di credibilità in un contesto di fantasia. Quanto alla difficoltà, per dirla alla Vasco, è stato tutto un equilibrio sopra la follia. 

Leggendo il suo romanzo si ha la sensazione che abbia conosciuto qualcuno con le caratteristiche di David Faure, tanto il personaggio è descritto con vividezza. È davvero frutto della sola fantasia? 

No, non è solo fantasia. Occorre però fare un passo indietro. Lo spionaggio ha motivazioni sempre meno ideologiche e sempre più legate alla supremazia economica, in un mondo multipolare dove i rapporti di forza stanno cambiando più rapidamente di quanto ci si sarebbe aspettato. Lo scontro non è più fra capitalismo e comunismo, e tantomeno fra religioni, checché se ne dica. Vince chi detiene posizioni di potere nei mercati dell’energia, dell’informatica, delle materie rare e più in generale nel commercio. Le sanzioni di Trump contro Huawei non hanno come obiettivo la sicurezza delle comunicazioni bensì il mercato globale del 5G, dove l’industria americana è rimasta indietro di anni, ed è solo un esempio! Questa dilatazione delle sfide per il predominio economico necessita di più “antenne” di quante fossero disponibili in passato, e di tipo diverso. La tecnologia non è sufficiente, anche se ha fatto passi da gigante, a garantire la copertura informativa, e quella che viene definita Humint (Human Intelligence) ha tuttora un ruolo importante. Le università fanno la loro parte, specie quelle anglosassoni più prestigiose, selezionando fra gli studenti di mille nazionalità e provenienze gli informatori, a volte inconsapevoli, che porteranno il loro piccolo contributo alla causa una volta rientrati in patria. Non è un mistero che i “pensionati precoci” delle forze armate o delle industrie militari siano oggetto di offerte interessanti da parte dei servizi segreti. Ma chi più dei consulenti di banche d’affari, di società di strategia aziendale, di specialisti informatici è in grado di riferire a orecchie interessate informazioni succose su governi, industrie e strutture militari di paesi “concorrenti”? Questi sono i nuovi “asset” dell’Intelligence di molti paesi, e fra loro non è difficile individuare i potenziali David Faure. 

Il ritmo del racconto è perfetto: parte largo, descrive i paesaggi pur senza tralasciare l’azione, poi le battute si fanno sempre più stringenti e alla fine il lettore resta veramente senza fiato cercando di tenere il passo di danza della storia. È chiaro che si tratta di una tecnica sapientemente cercata, ma mi chiedevo se lei, quando scrive, ascolta musica. Perché mi è sembrato di sentirla nelle orecchie mentre leggevo. 

Mi spiace deluderla, ma quando scrivo non ascolto musica. Di solito lavoro di notte e nel silenzio più assoluto, un silenzio che trovo nella mia casa di campagna o in Grecia, nel Peloponneso, dove passo lunghi periodi. Ho bisogno di ricreare quasi visivamente le situazioni e i dialoghi, rivedere i posti che descrivo e che in buona parte ho visitato. Non sono uno scrittore precoce, tutt’altro, e la complessità della trama mi richiede molta fatica e una concentrazione feroce. La notte e il silenzio sono di grande aiuto per creare le condizioni ideali a quest’impegno. Però c’è qualcosa in comune fra scrittura e musica: un buon musicista “sente” la melodia ben prima di metterla sullo spartito, e anch’io comincio a scrivere solo quando “storia”, almeno a larghe linee, suona tutta e bene nella mia mente. Se ha “suonato” anche per lei, sono davvero felice! 

Avendo delle evidenti conoscenze approfondite sul Medio Oriente, riesce a farsi un’idea dei prossimi sviluppi politico/sociali nell’area o è preso da vertigine come noi “analfabeti”? 

Non ho davvero idea di cosa possa succedere. Molto dipenderà dai prossimi eventi in Siria e dal ruolo della Turchia, sempre più spinta da nostalgie neo Ottomane. Non sono particolarmente ottimista, anche perché alcuni personaggi hanno dato ampia dimostrazione di imprevedibilità: Trump, Erdogan, le fibrillazioni israeliane, i macellai sauditi al potere…troppe crisi e poche soluzioni. 

Cos’è la scrittura per lei? Pensa che lo scrittore abbia una responsabilità nei confronti del lettore, oppure deve solo cercare di rendere al meglio la propria opera? 

La faccio semplice: cerco di scrivere romanzi che mi piacerebbe leggere. Non voglio lisciare il pelo a nessuno, non seguo tendenze politiche o sociali e fra le righe del testo credo sia anche molto facile capire come la penso. Spero che i lettori apprezzino se non altro la trasparenza e l’onestà intellettuale, ma soprattutto che si appassionino alle trame e ai personaggi, vero obiettivo di ogni scrittore. 

Grazie a Marco Forneris.

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