A TU PER TU CON ANNA PASTORE

Anna, prima di tutto grazie per aver accettato di raccontarti ai nostri lettori. Lettori che dopo un anno come questo hanno il desiderio di novità e di leggere bei libri. Cosa ci puoi anticipare tu a questo proposito per le novità riguardanti le case editrici di cui ti occupi?

Per me è un piacere rispondere alle tue domande, proprio perché parliamo di libri: sono sempre più convinta – e questa pandemia per me è stata una conferma – che siano uno dei piaceri voluttuari della vita. Come i tuoi lettori, anch’io infatti ho avuto più tempo per leggere non solo i libri di cui mi occupo professionalmente, ma anche libri che avevo sul comodino da molto, anche moltissimo tempo. Ovviamente è banale, ma è la grande varietà della scelta ad avermi aiutata: ho letto libri di genere, soprattutto gialli, saggi ponderosi, romanzi letterari veramente notevoli. Per quanto riguarda i libri Frassinelli, che curo, ne raccomando tre. Uno è appena uscito: L’ora buca di Valerio Varesi. Non è uno dei suoi polizieschi classici con il commissario Soneri, bensì un noir che definirei abissale, perché affonda nelle ambizioni di un uomo disposto a tutto per soddisfarle. E nel mondo della comunicazione virtuale, davvero tutto è possibile. Il secondo romanzo che consiglio molto caldamente è Utopia Avenue, che uscirà a gennaio. È la nuova opera – e non uso il termine invano – di David Mitchell, un’opera rock, una rapsodia ambientata negli anni Sessanta nella quale David racconta la parabola di quattro ragazzi e della loro band. Ma non è solo questo: Mitchell è un autore generoso e dentro al suo libro c’è veramente un mondo, quello del viale dell’Utopia. E poi mi piace annunciare l’uscita a febbraio del romanzo di un’esordiente indo-americana, Megha Majumdar, che mi ha travolto quando l’ho letto. Si intitolerà L’incendio (A burning nell’originale), premiatissimo in USA, ed è un libro che qualche anno fa avrei definito militante: con un messaggio sui social, una ragazza punta il dito contro le inadempienze del governo che non persegue gli autori di un attentato contro un treno di pendolari (poveri) e diventa immediatamente un bersaglio del potere. La sua innocenza basterà a salvarla? Molto convincente e avvincente, affronta i temi caldi che la crisi ha accentuato: povertà contro ricchezza, controllo e libertà di pensiero, potere cieco. Un po’ il mondo si cambia anche coi libri.

A tuo parere l’editoria italiana è ancora in grado di competere con l’editoria internazionale o le manca sempre qualcosa per imporsi anche nei mercati stranieri?

Secondo me l’editoria italiana è competitiva a livello internazionale, anche se la scena è ancora ampiamente dominata dal colosso americano, e dalla lingua inglese (nei paesi anglosassoni non si traduce molto, ma la situazione sta migliorando). Rispetto però agli altri paesi europei e anche ai mercati dell’est e del sud del mondo, abbiamo una buona visibilità, acquisita sia attraverso fenomeni straordinari come la Ferrante, per dire di bestseller recenti, sia attraverso una serie di scrittori (Varesi è uno di loro, tradotto in tutta Europa) apprezzati nella loro italianità. È una visibilità che passa anche attraverso l’evoluzione della lingua: la consuetudine sempre maggiore con l’inglese, attraverso la fruizione diffusa di prodotti e contenitori (dai film alle serie ai social), ha reso più internazionale quello che scriviamo. E non parlo solo di lessico, ma anche di struttura del testo: pensiamo agli autori di thriller come Carrisi (o Faletti), italianissimi e colti, e però fruibili facilmente in traduzione. Altri mezzi, come il cinema e le serie TV, sono state ancora veicoli interessanti della nostra cultura. E sempre più spesso il linguaggio dei libri si mescola a quello degli schermi, alzando la qualità e la leggibilità di entrambi. Sul fronte più strettamente letterario, sperimentale non mi spingo: è chiaro che la cerchia dei lettori si raffina e restringe, e il discorso si fa più complicato.

Parliamo un po’ più approfonditamente del tuo lavoro. Come si svolge la tua giornata tipo e quale è la prima cosa che ti colpisce in un libro?

La mia giornata tipo. Diciamo che l’editor deve fare diverse cose, e quindi le giornate sono scandite da incombenze diverse a seconda dei periodi dell’anno. Sicuramente leggo i manoscritti (li chiamo ancora così, porta pazienza, è gergo editoriale: ovviamente si tratta per lo più di file, e generalmente in pdf) che mi vengono proposti, selezionando quelli che sono compatibili con le caratteristiche della casa editrice. Il lavoro di produzione riguarda poi la cura dei libri in corso di pubblicazione, la stesura dei testi di copertina e tutte le ricerche correlate. E poi c’è tutto il lavoro coordinato con le altre strutture della casa editrice: i grafici, la redazione, il marketing e l’ufficio stampa. E naturalmente cerco di essere aggiornata sulla scena italiana e internazionale attraverso riviste, siti, persone. Infine, per rispondere alla seconda domanda, quello che mi colpisce in un libro è la scrittura – amo una certa pulizia linguistica, la musicalità, anche il senso poetico, evocativo, la confidenza verso il lettore. Se l’incipit non ti prende (e solo l’abilità dello scrittore può farlo), fatichi a proseguire. Certe volte è il personaggio a farti innamorare (succede spesso in Stephen King, secondo me uno dei più grandi creatori di personaggi, oltre che di storie). Devo dire che anche un tema potente, una certa forza morale, mi conquistano. 

A tuo parere le nostre scrittrici si stanno ritagliando un posto speciale nel cuore dei lettori italiani o continuano a subire lo strapotere degli scrittori, che sembrano occupare ancora gran parte del mercato editoriale italiano?

Spinosa questione. In realtà credo che le scrittrici si siano già ritagliate quel posto, ma soprattutto nel cuore delle lettrici, che leggono forse con più curiosità – e sicuramente di più – dei lettori. Che ci sia ancora qualche pregiudizio di genere? E su questa domanda retorica sospendo il giudizio.

Consiglia ai nostri lettori un libro da mettere sotto l’albero per le prossime feste.

Dovendo sceglierne SOLO uno, vado sul sicuro: mettete sotto l’albero un libro di Toni Morrison. E se non la conoscete, cominciate dal suo capolavoro: Amatissima, un romanzo potentissimo, la storia di una schiava afroamericana capace di scegliere, fino all’estremo, di essere e far essere libera.

Grazie ad Anna Pastore per il tempo concessoci.

 

 

 

 

 

 

 

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