Erica Gibogini si è fatta conoscere e apprezzare per i suoi tanti racconti pubblicati in varie antologie e per i molti premi e riconoscimenti ottenuti, tra i quali il premio Garfagnana in Giallo. Con la serie dei romanzi ambientati sul lago d’Orta ha raggiunto anche il grande pubblico e questa è la sua intervista a La Bottega del Giallo. Ecco cosa ha raccontato alla nostra Antonia Del Sambro

 Benvenuta Erica su La Bottega del Giallo per questa nostra chiacchierata. Ti chiedo subito quando hai scoperto che ti piaceva scrivere e che volevi diventare una autrice?

Grazie infinite del vostro invito.

Ho sempre amato scrivere, le mie prime storie risalgono a tanti anni fa, ma solo da qualche anno sono riuscita a concentrarmi meglio sulla mia passione. E ciò è accaduto quando ho capito che doveva focalizzare la mia fantasia, prima di tutto in storie di carattere giallo, genere che ho sempre amato, e in secondo luogo nei posti dove vivo e che amo profondamente.  Non avrei mai pensato di diventare una autrice, e vedere pubblicate le mie storie mi fa un grande piacere. Ma, al di là delle pubblicazioni, mi piace che la gente del paese dove vivo mi dica che ha letto i miei romanzi e i miei racconti, che gli sono piaciuti e che è andata a cercare il luogo esatto dove li ho ambientati, che si è ritrovata.  È la cosa più bella.

 Nel tuo ultimo lavoro Picnic al lago ci sono tanti personaggi e tutti loro creano una sorta di chiaroscuro che affascina e fa riflettere chi legge. Ma tu chi preferisci tra tutti loro e perché?

Mi fa piacere che si sia colto il chiaroscuro dei personaggi, come il nostro cuore, con il suo lato bello e quello più nero, il messaggio che volevo far passare.

Il personaggio che ho amato di più è Don Ugo, per la sua capacità di ascoltare, dote che pochi possiedono, e la saggezza di una persona che conosce l’animo umano. Ma anche per la sua semplicità: il riposo pomeridiano e le passeggiate serali per le strade della sua parrocchia, la vicinanza ai suoi parrocchiani.  Vita semplice, di provincia, nella quale mi riconosco.

 I tuoi romanzi hanno tutti una ambientazione ben precisa, soprattutto hanno una ambientazione che tu sembri conoscere molto bene e sfruttare di conseguenza per le tue avvincenti storie.  Ma hai mai pensato di “spostarti” da questa tua confort zone e raccontare di altri luoghi, o di altri laghi? Perdona la banale citazione.

Certo, ho vissuto un po’ di rendita a raccontare dei posti che conosco così bene e abbandonarli per altri mi costringerebbe a un maggiore impegno. Ma è anche vero che, per contro, chi legge le mie storie e vive sul Lago d’Orta come me, può facilmente trovare errori di descrizioni.  Ma, no, non ho pensato di “spostarmi”: ho troppa bellezza fuori da casa mia per pensare di trascurarla per altri luoghi.

Quando ti metti a scrivere tu pensi principalmente alla suspense, al linguaggio o alla storia che in realtà vuoi raccontare?

In prima battuta alla storia, ma subito penso al vestito che voglio darle, e quindi alla suspense, alla tensione e all’atmosfera che la avvolgerà. Voglio che il lettore “senta” la situazione, lo stato d’animo dei personaggi e che si ritrovi nel paesaggio che ne rispecchia le sensazioni.

In “Picnic al lago” ho pensato a una bella giornata di sole e a una gita al lago, ma il Santuario della Madonna del Sasso accoglie la storia, avvolgendola con la sua sacralità.

In “Rose bianche sull’acqua” l’incontro a Orta di due ragazze e l’organizzazione di due matrimoni sono avvolti dalla nebbia autunnale che straordinariamente invade questo bellissimo paese, e la superficie calma del lago nasconde l’altra faccia della storia.

 Se dovessi scegliere una sola frase del tuo ultimo libro quale frase sceglieresti e perché?

“Rabbrividì per il cambio di temperatura. Non sarebbe più tornata.”

Scelgo questa perché è assoluta, senza possibilità di fraintendimento. L’ho usata volutamente per dare uno stacco netto alla storia. Da questo momento c’è un prima e un dopo.

Grazie a Erica Gibogini per il tempo concessoci!

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