A TU PER TU CON CLAUDIO CECIARELLI

Claudio, prima di tutto grazie per aver accettato di raccontarti ai nostri lettori, e ti chiedo subito: cosa ne sarà dell’editoria italiana alla fine di questa pandemia? Ci saranno rivoluzioni o novità rilevanti che i lettori dovranno aspettarsi da importanti editori come E/O?

Innanzi tutto, un augurio di Buon 2021 a tutte le amiche e gli amici della Bottega del Giallo.

Venendo alla domanda (da un miliardo di dollari!) su come l’editoria italiana uscirà da questa pandemia, va detto che l’editoria italiana è data… perennemente in crisi, per molti e disparati motivi, alcuni strutturali, altri contingenti e dunque meno prevedibili (come appunto il Covid). Questo vuol dire che molti tra coloro che si occupano di libri in Italia, soprattutto tra gli editori indipendenti, hanno già nel proprio Dna un’attitudine a rimboccarsi le maniche e a trovare soluzioni rapide e “intelligenti” per fronteggiare situazioni d’emergenza. Noi di E/O, per fare un esempio, quando nel marzo scorso le librerie sono state costrette a chiudere abbiamo subito cercato di sostenerle concretamente e abbiamo dato un vigoroso sostegno all’iniziativa “Libri da Asporto” (ideata dalla società di promozione NW), grazie alla quale gli editori aderenti contribuivano alle spese di spedizione dei librai per le consegne a domicilio. In tal modo molte librerie (soprattutto le più piccole) ce l’hanno fatta a superare il primo, terribile lockdown. Un’iniziativa efficace e tempestiva per rispondere a un’emergenza, ma anche un segnale di vicinanza, nei fatti e non semplicemente a parole, a quell’elemento decisivo della filiera del libro rappresentato dalla rete dei librai indipendenti. Vicinanza che E/O ha voluto ribadire quando ha rinunciato a vendere i propri libri su Amazon con uno sconto che massacrava i librai. Poi però non c’è da stupirsi se il libro più venduto nel 2020 sia stato Cambiare l’acqua ai fiori di Valérie Perrin, che ha beneficiato – guardacaso – proprio dell’attenzione delle librerie indipendenti, oltre che del passaparola tra i lettori.

In generale, io credo che l’editoria italiana non uscirà peggio di come stava prima. Anzi, ci sono dei – per ora timidi – segnali che sembrano andare nella direzione di un rafforzamento delle filiere “sane” del settore (sane dal mio punto di vista, ovvio), e di una razionalizzazione produttiva che potrebbe ridurre nel tempo la superfetazione di novità editoriali tipica del nostro mercato.

Nei vari gruppi di lettura presenti sul web o nelle associazioni culturali, ultimamente, da nord a sud, si discute molto sulla qualità dei lavori letterari che arrivano nelle librerie. Libri che durano una stagione o forse anche meno e che invadono scaffali senza poi essere comprati praticamente da nessuno. La mia domanda per te è quindi: è giusto che tutti possano avere la possibilità di essere pubblicati o questo finisce per penalizzare anche libri più importanti e che avrebbero potuto beneficiare invece di una maggiore cura e attenzione?

Non poteva e non può essere altrimenti: è un bene che da nord a sud, da est a ovest, si discuta sulla qualità dei lavori letterari che arrivano in libreria! La domanda tocca il cuore del problema.

Intanto, cominciamo col dire che c’è una forbice, e neanche piccola, tra i libri che arrivano in libreria e i libri pubblicati. In libreria – o meglio, nelle poco più delle trecento librerie che “fanno” il fatturato degli editori – non possono fisicamente arrivare tutti i libri che si stampano, se si pensa che nel 2020 sono stati pubblicati in media (escludendo ovviamente il self-publishing e l’editoria a pagamento) 208 titoli al giorno. È un numero pazzesco, indice della patologia che affligge il mercato editoriale italiano. Non è questa la sede per (tentare di) spiegare perché si pubblichino così tanti libri. Preferisco concentrarmi sul primo corno della domanda (“è giusto che tutti possano avere la possibilità di essere pubblicati?”), rivolgendo l’occhio agli autori e aspiranti tali. È chiaro che in questa situazione non solo vengano penalizzati libri molto belli e importanti (magari pubblicati da editori che non hanno la potenza di fuoco dei grandi gruppi editoriali), ma è chiaro anche che per chi scrive sia difficilissimo arrivare all’attenzione di un editore, nonostante in Italia si pubblichi tantissimo. Questa condizione paradossale è dovuta al fatto che in Italia non solo si pubblica tantissimo, ma ancor più si scrive (e si cerca di arrivare a pubblicare). In termini economicistici potremmo dire che c’è un eccesso di offerta rispetto alla domanda, e questo vale sia per gli editori, che ricevono tonnellate di proposte, sia per i lettori, sommersi ogni settimana da quintali di novità e costretti a prendere un ansiolitico prima di entrare in libreria.

Uno dei modi più efficaci per uscire da questa situazione sarebbe quello di pubblicare meno e meglio. Ma – rifacendomi ancora al primo corno della domanda – è chiaro che in tal modo si andrebbe a ridurre per i tanti aspiranti autori la possibilità di essere pubblicati. È ovvio che in linea teorica (e in punta di diritto), questa possibilità non può e non deve essere aprioristicamente negata a nessuno, ma di fatto è messa seriamente in crisi in primo luogo dalla sovrabbondanza di proposte. Non se ne esce: come lettori vorremmo trovare sugli scaffali libri ben scelti e ben curati, in qualche modo “necessari”. Come scrittori, vorremmo invece trovare nelle case editrici tappeti rossi, porte sempre e comunque aperte per il nostro capolavoro.

Un’ulteriore complicazione è dovuta al fatto che, in Italia forse più che in altri Paesi, molti lettori cosiddetti forti sono anche persone le quali hanno (almeno) un romanzo nel cassetto che vogliono pubblicare, e dunque finiscono spesso per ritrovarsi in una situazione di scissione ai limiti della schizofrenia: da lettori si arrabbiano perché vedono in giro una gran quantità di libri che non ritengono meritevoli di entrare in libreria, ma da aspiranti autori si arrabbiano ancora di più perché in libreria non ci entrano proprio loro, viste le schifezze che girano. Da qui il dubbio spesso lacerante: cosa è più importante? Belle librerie piene solo di buoni libri? Oppure la pulsione soggettiva a essere comunque pubblicati, e chissenefrega se poi il mio romanzo rimane invisibile in mezzo a mille altri?

E comunque, in base alla mia esperienza posso dire che, per i limiti e le storture del mercato editoriale italiano, ci sono “in giro” molti bei romanzi che faticano troppo a trovare un editore, e ci sono nelle librerie molte pubblicazioni di cui si fatica a comprendere l’indispensabilità.

A tuo parere l’editoria italiana è ancora in grado di competere con l’editoria internazionale o le manca sempre qualcosa per imporsi anche nei mercati stranieri?

L’attenzione per autrici e autori italiani è sicuramente in crescita in questi ultimi anni – è un fatto riscontrabile da chiunque abbia frequentato e frequenti le fiere internazionali del libro da una decina d’anni a questa parte –, e gran parte del merito va dato al successo mondiale ottenuto dai libri di Elena Ferrante. Ciò detto, la strada da fare è ancora lunga ma E/O crede molto, e da tempi non sospetti, nella possibilità di far conoscere e apprezzare all’estero il meglio della produzione letteraria italiana. Non è un caso che nel 2005 da una costola della casa editrice sia nata Europa Editions, che ha sede a New York, proprio con l’obiettivo di far conoscere negli USA gli scrittori italiani (non solo quelli pubblicati in Italia da E/O). Il successo è stato tale che nel 2011 si è deciso di aprire Europa Editions UK, con sede a Londra. Oggi sono entrambe delle case editrici a tutti gli effetti, nel senso che a fianco dei libri tradotti dall’italiano propongono anche novità editoriali di autori di lingua inglese.

La figura dell’editor sta diventando sempre più apprezzata e riconosciuta anche tra i lettori, e spesso si pensa agli editor quasi come fossero figure mitologiche sommerse da dattiloscritti e bozze, la tua giornata tipo invece, realmente, come si svolge, e soprattutto un bravo editor come lo sei tu ha bisogno di più fiuto o di più esperienza?

C’è molto poco di mitologico nel pur bellissimo lavoro dell’editor, che richiede sì passione, ma soprattutto tenacia, pazienza, umiltà, curiosità ed empatia. Personalmente, in caso di diversità di vedute cerco sempre di convincere l’autore più che di vincere sull’autore, quando non è invece l’autore a convincere me della bontà delle sue scelte, in un proficuo scambio dialettico reso possibile dal fatto che l’autore “sente” le possibilità che gli vengono offerte da tale scambio.

Il cuore del mio lavoro, ossia quello che svolgo sul testo di un romanzo prima della sua pubblicazione, occupa la parte prevalente della mia giornata lavorativa, diciamo l’80%. La parte restante, per lo più serale/notturna, è dedicata invece alla lettura.

È più importante il fiuto o l’esperienza? Naturalmente entrambi, in linea generale. Nel mio caso specifico posso dire che, dopo trentadue anni di lavoro nell’editoria e più di cinquecento romanzi editati, oggi l’esperienza mi aiuta tantissimo, anche perché ho sempre cercato di fare tesoro degli errori che inevitabilmente ho commesso. La mia stella polare è da sempre il motto dell’Apologia di Socrate, “so di non sapere”.

 C’è un libro che ha influenzato la tua vita e che ti ha fatto avvicinare e amare la lettura?

I libri che hanno influenzato in maniera importante la mia vita sono stati più d’uno, nelle diverse fasi della mia esistenza. Ma quello che mi ha fatto scoprire la magia della letteratura e la mia “permeabilità” al suo fascino è stato senz’altro Le avventure di Huckleberry Finn di Twain, scoperto a casa di mia nonna in un pomeriggio di noia mortale, all’età di otto anni. Ancora oggi ricordo l’odore di quelle pagine ingiallite e il blu cobalto della copertina, ma soprattutto ricordo la smania febbrile che mi spingeva ad alzarmi molto presto al mattino per proseguire nella lettura. Più avanti nel tempo (avevo da poco compiuto diciotto anni) dovetti trascorrere un mese in ospedale. Il giorno del mio ingresso mia madre mise nel borsone dei miei effetti personali Ritratto di signora di Henry James, l’edizione einaudiana della Recherche di Proust e Opinioni di un clown di Heinrich Böll. Quel mese di ospedale volò via in un soffio.

Grazie a Claudio Ceciarelli per la disponibilità ed i magnifici romanzi che aiuta a far nascere.

 

Related Posts