CON IL GIALLO, CHICCA MARALFA RIBADISCE DI ESSERE LA SCRITTRICE

Abbiamo conosciuto Chicca Maralfa con “Il segreto di Mr. Willer” (recensione). Abbiamo conosciuto una scrittrice dalla voce molto particolare, capace di calarsi nei panni dell’uomo che è il protagonista del suo romanzo. Abbiamo sentito quella voce così dura e carica di noir, un noir che viene dal futuro, un noir che nasce da twich.

Abbiamo voluto andare in profondità e conoscere Chicca Maralfa di “Festa al trullo”, una black comedy, un noir sull’exploit della Puglia come meta Vip. Abbiamo sentito la voce ironica e amara di una scrittrice che ha saputo mettere in risalto la dicotomia che il Paese sta vivendo. Abbiamo letto una voce che prima non conoscevamo.

Abbiamo pensato che ormai conoscevamo Chicca e potevamo buttarci sul sicuro con il suo ultimo giallo. E lei cosa fa? Ci mostra un’altra sua voce, gialla ma intima e deferente quando parla della guerra. La scrittrice ci mostra ancora un’altra voce. E ci conquista definitivamente mostrandoci la vera capacità di uno scrittore. Modulare la voce quando si deve raccontare qualcosa per portare il lettore dentro il proprio mondo.

“Le sorelle Bedin” inizia quando la morte delle protagoniste è già avvenuta. La scrittrice non ripercorre i fatti ma prosegue e va avanti, scardinando un punto della narrativa gialla che in pochi riescono a soprassedere. Il luogotenente Gaetano Ravidà ci mostra la faccia quotidiana di una stazione dei Carabinieri, senza strafare, anzi.

In questa quotidianità con vittime due sorelle in un cold case archiviato, Chicca Maralfa ci apre il mondo di Ravidà. Ci racconta tutto di lui, del perché si trova ad Asiago, dell’importanza delle radici, della grande guerra e di come Asiago ne sia stata protagonista. Chicca Maralfa ci racconta un pezzo della storia italiana vista nell’intimo. Senza grossi e inutili spiegoni, ma con umiltà ci racconta della guerra e di Ravidà.

La parte storica e quella gialla si equilibrano senza mai perdere di vista il lettore, senza portarlo in giri strani. Riesce a inserire anche una piccola nota noir che non possiamo proprio raccontare. Forse avrei utilizzato degli escamotage editoriali per mettere in risalto una suspense che soccombe da una trama intensa e una scrittura perfetta.

Un romanzo che il sottotitolo lascia presagire che non sarà l’ultimo e rivedremo presto Ravidà. Una storia che ci lega il cuore, ma con la piccola speranza di risentire la Maralfa con le sue altre voci, che ci hanno conquistato.

TRAMA

Dopo il fallimento del suo matrimonio, il luogotenente Gaetano Ravidà, stimatissimo investigatore dell’Arma, ha lasciato la Puglia e si è trasferito al nord. Ad accoglierlo la Stazione dei Carabinieri di Asiago, nell’altopiano vicentino, teatro delle più sanguinose battaglie della Grande Guerra. Sul paese, all’apparenza tranquillo, si allunga in realtà l’ombra di un vecchio caso mai risolto, risalente a sette anni prima: l’efferato omicidio delle sorelle Bedin, archiviato di recente. Qualcuno, tappezzando i muri di poesie enigmatiche, sembra però sollecitare la riapertura delle indagini su una vicenda che chiede giustizia. Ma non sarà solo un caso di cronaca del passato a mettere alla prova le abilità investigative di Ravidà. Nel giorno della Grande Rogazione, una processione che ogni anno si snoda per trentatré chilometri attraverso i sentieri di montagna e che coinvolge tutta la popolazione della zona, un altro brutale delitto scuoterà la quiete dell’altopiano, trasformandola in tempesta.

La nostra intervista alla scrittrice:

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Lo strano delitto delle sorelle Bedin