Patrizia Rinaldi è napoletana ed ama la sua terra, il suo ultimo romanzo “La danza dei veleni” (recensione) ed. E/O è in corsa per il premio Scerbanenco 2019. L’abbiamo incontrata in una piccola intervista, ecco cosa ci ha raccontato di lei.

Lei alterna la scrittura teatrale, di libri per ragazzi e di libri gialli. Come mai le piace variare i generi letterari?

Preferisco che la mia scrittura sia riconoscibile, ma che non si somigli sempre e comunque, oltre la decenza. Cambiare contesti narrativi mi interessa per le diverse opportunità che sono possibili per i linguaggi e per le storie.

La detective ipovedente Blanca è un personaggio molto particolare e ben riuscito: le è stato ispirato da qualche persona che conosce, dalla lettura di qualche romanzo o è frutto della sua fantasia?

Blanca si porta addosso il limite che può addirittura diventare risorsa. Il nome Blanca è un omaggio a “Il tempo di Blanca” di Marcela Serrano, dove si dice di proteggere gli occhi, perché solo gli occhi riescono a leggere e quindi a sconfiggere la solitudine.

Nel romanzo “La danza dei veleni” si è ispirata a casi di cronaca?

Mi sono ispirata, in parte, a un’inchiesta recente sul contrabbando di animali domestici e esotici.

La sua Napoli è diversa da quella descritta da altri autori. Potrebbe  spiegarci il suo legame ed il suo amore con questa città?

Napoli è tante città. Ho vissuto sempre nei Campi Flegrei, dove si abbracciano testimonianze greche e romane, paesaggi di crateri e macchia mediterranea, soprusi sull’ambiente e fabbriche dismesse. Appartengo a questa terra e la racconto cercando di non essere compiacente ma nemmeno distruttiva.

Ci saranno presto altri romanzi con Blanca come protagonista?

Sicuro. Blanca è ostinata: torna.

Grazie a Patrizia Rinaldi.

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