Leggere un romanzo di Massimo Carlotto è come scavare dentro la società. Nel suo ultimo romanzo “La signora del martedì” ed. E/O ci ha raccontato 3 nuovi mondi (recensione), noi abbiamo colto l’occasione per approfondire alcuni aspetti del suo romanzo insieme e non solo.

Buongiorno Massimo,
Bonamente, Alfredo e la signora del martedì, 3 personaggi molto carichi, al limite del borderline in una società perbenista e loro estremamente al margine. Come nascono e perché hai deciso di metterli insieme in questo romanzo?

Da tempo volevo dedicare un romanzo ai “nascosti”, quegli individui che vino ai margini della società pur non essendo degli emarginati in senso classico perché hanno una casa, un lavoro, apparentemente sono inseriti in un tessuto sociale ma di fatto non hanno intenzione, desiderio o semplicemente non possono essere considerati “normali”. I tre personaggi citati rappresentano in modo efficace questa tipologia di persone. A me interessava poi approfondire la relazione tra società e corpi usati socialmente (leggi prostituzione) nel momento del dopo, cioè quando quei corpi sono stati tolti dal mercato. Per malattia o vecchiaia. Un mondo che ho potuto e voluto conoscere, indagare a fondo per comprenderne la dimensione umana, le aspirazioni a valori comuni in un territorio esistenziale di sopravvivenza.

I tuoi personaggi si trovano a contatto con il “male” ma a loro serve per mantenere le proprie scelte, non c’è il desiderio “del ferire” in loro. Qual è il loro rapporto con il male e quanto è flebile la dicotomia tra bene e male?

Il bene e il male nei miei romanzi non sono mai una discriminante. Io racconto storie osservando la realtà attraverso la lente di ingrandimento del crimine, i personaggi agiscono secondo logiche proprie ma sempre frutto di ambienti e culture. In questo romanzo anche chi sembra agire nel rispetto del codice penale come il giornalista Pietro Maria Belli, in realtà tradisce l’etica della sua professione sprofondando in una sorta di male assoluto. Ma io non giudico mai, lascio al lettore la scelta di dividere il bene dal male, se poi è davvero necessario farlo perché credo che nella complessità del mondo in cui viviamo questo concetto abbia subito una trasformazione epocale. L’uso del male ai fini del bene è usato disinvoltamente e pubblicamente dai governi, perfino il Papa oggi è costretto a ricordare ai vari poteri la necessità di tutelare un minimo di valori. In questo romanzo i personaggi, (non solo i tre principali) scelgono di attraversare il confine tra legale e illegale, tra giusto e sbagliato, tra morale e immorale per difendere i loro interessi oppure più semplicemente la possibilità di rimanere liberi.

E poi c’è lui, l’uomo con gli stivali texani, un felice incontro per i lettori di Carlotto. Ma qui è un po’ il deus ex-machina del romanzo, colui che aiuta questi 3 emarginati dalla società a difendersi dalla stessa. A parte esserci affezionato all’Alligatore, come mai hai deciso d’inserirlo in questo romanzo?

Mi piaceva l’idea di usare il protagonista di una serie come personaggio minore e in questo romanzo avevo poi la possibilità di mettere a nudo alcuni aspetti intimi dell’Alligatore che precedentemente non erano mai emersi. Qui affiora la fragilità del personaggio che pensa di comportarsi come Mister Wolf di Pulp Fiction ma in realtà va in crisi perché non riesce a risolvere un bel nulla, si limita a tamponare situazioni realmente pericolose, senza riuscire a far trionfare la verità.

Molti speravano in un ritorno dell’Alligatore, e qui si può dire che abbia un cameo importante ma pur sempre defilato. E’ stata una scelta di rinnovamento o cercavi altre forme di storie ed altri personaggi che con l’Alligatore non avresti potuto raccontare?

Nei miei progetti i personaggi non vengono mai al primo posto ma le storie. Per questo mi è capitato di non pubblicare romanzi con l’Alligatore per sette anni. Sentivo il bisogno di scrivere La signora del martedì e Buratti appare perché ha trovato un naturale inserimento e senso. Comunque il rinnovamento è importante. Ho sempre creduto nella sperimentazione e questo romanzo di fatto destruttura la rigidità normativa del giallo e del noir (crimine, indagine, soluzione) e la centralità dei personaggi (vittima, carnefice, investigatori). Ho scelto invece una struttura circolare e una banalizzazione dell’episodio criminale che mette in moto la trama, per esplorare territori narrativi inusuali come quello degli effetti collaterali del delitto sulle persone.

In un momento storico dove la società attuale vive le sue contraddizioni, il genere noir sta prendendo sempre più piede, alle volte surclassando il giallo. Secondo te che strada sta percorrendo il genere noir? E’ arrivato ad un punto di esaurimento?

La letteratura di genere ha sempre avuto il merito di raccontare la realtà è forse arrivato il momento di prendere atto che il mondo è cambiato. Questo, molto semplicemente, significa che bisogna riconsiderare il genere nella sua complessità, a partire dalle strutture e adattarlo alle nuove esigenze di narrazione. Si tratta di un processo complesso che non riguarda solo gli scrittori ma anche tutte quelle figure che si occupano, a vari livelli, di pubblicare, promuovere, recensire questo genere letterario. Io ho scelto comunque di iniziare un percorso diverso, pur rivendicando la continuità di 25 anni anni di scrittura, nella speranza che si crei un ampio dibattito in grado di produrre teoria (come è accaduto nel passato).
Dal punto di vista creativo un momento veramente esaltante.

Grazie a Massimo Carlotto.

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