Il francese

Il francese

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Published: 18/01/2022

Format: Brossura

ISBN: 9788804746614

RECENSIONE

TRAMA

In una Padova quasi assopita su sé stessa, moralista solo all’apparenza e con tanti segreti nascosti sotto il tappeto di case, uffici e banche scompare una ragazza, Serena. Una studentessa universitaria che divide l’appartamento con un’altra ragazza. Solo che Serena della studentessa ha solo la facciata, una copertura necessaria a nascondere la sua vera attività, la professione che le fa avere soldi e una certa agiatezza. Serena è una delle mademoiselle di Toni Zanchetta, alias “il francese” o anche macrò che proprio a Padova ha messo su una fiorente maison di prostitute che lui tratta quasi umanamente e a cui impone regole ferree, perché le sue signorine devono essere diverse da tutte le altre, devono sembrare eleganti, raffinate, “serie professioniste”. E quindi niente droga, nessun sgarro che possa metterle a rischio e una clientela di classe, con la quale non correre nessun pericolo. Poi che Toni pretenda una buonuscita sostanziosa per farle andare via dalla sua maison è un altro paio di maniche, tutto sommato però le sue ragazze con lui si sentono al sicuro. E anche lui con loro è abbastanza rilassato. Il giro va bene, lui ha un nome “rispettabile” nell’ambiente e i soldi arrivano. Ma il destino è beffardo e Serena, in arte Claire, scompare. E scompare proprio dopo che lui l’ha accompagnata a un appuntamento. Pertanto, lui è l’ultima persona ad averla vista viva, è il suo protettore o macrò, quindi è il sospettato numero uno. Lui lo sa o lo immagina, la giovane studentessa coinquilina di Serena lo sa, ergo la polizia lo sa. Per il francese si apre una strada in discesa libera, impervia e pericolosissima dove in un niente può perdere tutto. Che fine ha fatto Serena e chi c’è dietro la sua scomparsa?

PERSONAGGI

Se non ci fosse dietro l’arguta, esperta e originale penna di Massimo Carlotto i personaggi di questo noir sarebbero degli sfigati senza speranza e basta. Sono tristi i poliziotti che indagano sulla scomparsa della ragazza, è triste il francese, sono ovviamente tristi i clienti delle mademoiselle, ed è triste anche Padova, che come in tutti i noir di Carlotto è praticamente un altro protagonista della storia. Per fortuna, però, c’è Massimo e il suo talento nel rendere interessante e precisamente a fuoco anche la “signora” di una gang criminale dei Balcani. Nel rendere vividi alcuni tic o modi di fare dei clienti delle ragazze della maison, perfino di ex mariti delle stesse.  Nel descrivere con lucidissima ironia perfino i portieri di certi alberghi di periferia. Intendiamoci i personaggi agli occhi del lettore restano degli sfigati allucinanti, ma in questa trama e in questa narrazione devono esserci proprio loro e devono essere proprio così per permettere a chi legge di riflettere su tutto il resto, su tutto quello che l’autore racconta e che desidera farci capire. 

AMBIENTAZIONE

Il Veneto, Padova, le periferie. Ma tutto questo chi legge Carlotto ce lo ha ben presente da tempo e allora parliamo di ambientazione altra, una location che è soprattutto lo stato d’animo dei personaggi principali. Il francese vive in una dimensione che si è costruita lui e che gli va stretta, anche se non lo confessa nemmeno a sé stesso fino a che la vita e il Fato non gliela spiaccicano in faccia; le ragazze sognano di andare via, ma sanno che per riuscirci devono farne ancora di vocine dolci ai clienti, oppure non sognano più perché sanno che non ne vale più la pena. Scatole di latta dove le esistenze dei personaggi di questo noir hanno imbandito letti, cucine, armadi con accessori, ma il mondo vero è fuori e a loro non è neppure permesso aprire un attimo il coperchio che ricopre le loro vite perché è lo stesso che paradossalmente le tiene al sicuro. E loro di stare al sicuro ne hanno bisogno altrimenti l’uomo nascosto nel buio se le porta via. E sono queste le ambientazioni del romanzo che fanno più paura e fanno più riflettere chi legge. Le prigioni mentali, emotive, senza sbarre.  

CONCLUSIONI

“Devi riflettere caro lettore, devi amare la scrittura e la trama, certo, ma devi soprattutto riflettere”, è così che mi immagino Massimo Carlotto durante la stesura dei suoi lavori, che parla con noi, con i lettori, con chi poi dovrà assentire ancora una volta che il noir è la forma più moderna e completa di denuncia sociale, di denuncia del potere, di denuncia di un mondo in cui quasi mai quello che si vede è davvero quello che è. Le perversioni, i desideri peccaminosi, quei certi istinti primordiali vanno letti con la consapevolezza che non appartengono solo a personaggi immaginari di un noir intenso e realistico, sono pulsioni vivide e reali, universali e collettive, contemporanee e tangibili. Se accettiamo che Carlotto ci sbatte la verità in faccia allora saremo pronti anche a gustarne il genio creativo, la scrittura realista, i personaggi che assomigliano spaventosamente a quel collega, a quell’amico, a quella ragazza che si siede sempre davanti a noi al corso di pedagogia all’università.

INTERVISTA

Massimo, nel tuo ultimo noir il tema del “doppio” non solo è un affascinante fil rouge ma è anche preponderante. Quasi tutti i personaggi sono qualcosa, ma anche altro. Fingono una vita, ma ne hanno anche una parallela e nascosta. Tendono a essere forti con i deboli e deboli con i forti. Di chi è la colpa: della società che spinge gli esseri umani a mentire, della fragilità umana, della paura innata che ogni uomo ha? 

La colpa è del fallimento del progetto sociale che domina le nostre esistenze da troppo tempo e che provoca negli individui la paura di fallire a loro volta. E ognuno reagisce in modo diverso ma il “doppio” è una possibilità, un’alternativa, una fuga, una scorciatoia. E il “doppio” può essere anche criminale, moralmente ripugnante, violento e crudele.

Ancora una volta la provincia veneta a cui ci hai come lettori abituati a vederne le luci e le ombre. In questo nuovo lavoro, però, c’è anche qualcosa di nuovo una sorta di “guerra tra bande” dove la criminalità locale non è la sola a contendersi soldi e territorio, ma c’è anche quella che viene da fuori e che sgomita prepotentemente. A volte i malviventi non esitano neppure a collaborare tra loro se la posta in gioco è molto alta. E cittadini comuni intanto che fanno, come vivono, come sbarcano il lunario?

La provincia veneta e in generale il Nordest sono molti interessanti perché ospitano due mondi che convivono senza mai venire a contatto. Da una parte c’è quello illegale che va dalle mafie alle bande, dall’evasione fiscale al caporalato, dalla sofisticazione alimentare allo smaltimento clandestino dei rifiuti tossici. Dall’altra c’è un mondo fatto di solidarietà, bellezza, ricerca. Dal volontariato all’università, dalla conservazione artistica alle iniziative culturali. Eccellenze che riguardano la maggior parte della popolazione. Il problema è che senza un conflitto, senza una dichiarazione di guerra del mondo del “bene” contro quello del “male”, non si riuscirà mai a guarire il territorio da ferite profonde e a promuovere un’idea positiva di futuro. Tutto questo per affermare che il cittadino comune finge di non sapere, non osa guardare oltre i confini del proprio mondo.

Ne Il Francese a tratti sembra che il tuo linguaggio sia meno duro, più melanconico quasi, differente dagli altri tuoi noir. C’è più amarezza che determinazione. Mi sto immaginando tutto o c’è qualcosa di diverso nella tua scrittura? 

La mia scrittura si adegua sempre alla trama e ai personaggi e comunque evolve all’interno del mio percorso di interpretazione del noir. In questo caso ho voluto che si trasformasse in una melanconica ballata per le donne coinvolte. E poi il Francese è un criminale particolare che non risponde alle logiche classiche, di fatto è un parassita, un distruttore seriale di esistenze. Da qui l’esigenza di raccontare un personaggio complesso, pericoloso ma non particolarmente avvezzo alla violenza.

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