E’ tornato finalmente il nostro autore francese preferito Franck Thilliez. E lo fa in grande stile, sempre con Darkside di Fazi Editore, portandoci nei labirinti della mente intorno ad un intrigo tutto al femminile. Ma più che presentarvi l’autore o il libro che molti di voi già conoscono. Colui ci ha regalato notti insonne a leggere tutti i suoi romanzi e la sua casa editrice quest’anno hanno organizzato un lancio senza precedenti. Da oggi fino al 31 luglio, se siete di Milano o ci passate (e dovete farlo), non potete vivere l’esperienza di entrare nel romanzo grazie alla escape-room organizzata in collaborazione con “The Impossible Society”. Cliccate su PRENOTA per lasciarvi condurre nel mondo di Labirinti.

TRAMA

Una giovane poliziotta, Camille Nijinski, si trova nello studio del dottor Fibonacci, uno psichiatra che si accinge a raccontarle una storia incredibile di cui è l’unico depositario. Si tratta della testimonianza raccolta da una paziente, la quale è stata trovata priva di sensi e di memoria in un bosco accanto al cadavere di un uomo. Camille, incaricata di seguire le indagini, ha bisogno di capire di più riguardo a questa improvvisa perdita di memoria, ma lo psichiatra ha molto altro da rivelarle. Prima di dimenticare tutto, la sua paziente ha condiviso con lui i fatti del suo passato: una storia lunga e complessa, senza dubbio la più straordinaria che Camille ascolterà in tutta la sua carriera. Le protagoniste sono cinque. Tutte donne. La giornalista, la psichiatra, la rapita, la scrittrice… E la quinta? La quinta donna è il filo del labirinto, è colei che fornirà le risposte a tutte le domande e, forse, anche una via d’uscita. La mente geniale dell’autore ha dato vita a un vero e proprio labirinto infernale cosparso di tranelli e vicoli ciechi, in cui il lettore verrà intrappolato insieme ai protagonisti. Franck Thilliez non si stanca mai di giocare… ma questo i suoi lettori più affezionati lo sanno già.

ESTRATTO

«Prego, si accomodi, signorina Nijinski. Spero che abbia tempo. Quello che sto per raccontarle sarà come iniziare a leggere un thriller particolarmente cupo e stare sulle montagne russe per cinquecento pagine».

«Ho tutto il tempo che serve. Dobbiamo assolutamente chiarire la verità su questo caso».

«Ah, la verità…».

Fibonacci andò alla finestra a cui lei si era affacciata pochi minuti prima. Rimase per qualche istante in silenzio, portandosi il bicchiere alle labbra. Poi si voltò. 

«Il cervello umano può ricorrere alle strategie più incredibili per proteggere la mente. Si adatta di continuo, si ricostruisce sulle proprie rovine… È perfino capace di ingannare se stesso. Può far passare ricordi inventati per reali. Ci può convincere, per esempio, che al liceo siamo stati aggrediti in mensa anche se non è mai successo. Sa come si chiama questo fenomeno?».

«Assolutamente no, sono solo una poliziotta…».

«Paramnesia. Pensiamo di aver già visto e vissuto una situazione… Ma è una semplice invenzione della nostra mente. Mi dica lei, quindi, dove sta la verità quando siamo convinti che ciò che conserviamo nella memoria sia ciò che è successo davvero?».

Si sedette davanti a lei dopo aver preso un oggetto dalla tasca.

«Lei gioca a scacchi, signorina Nijinski?».

«Conosco tutt’al più le regole».

«La donna aveva con sé questo. Un alfiere nero».

Camille si rigirò tra le mani il pezzo di legno, alto circa cinque centimetri.

«In che senso, con sé? Noi non abbiamo trovato niente e…».

«Mi ha parlato», la interruppe Fibonacci con aria grave. «Prima di dimenticare tutto, la paziente mi ha spiegato cosa è successo dalla a alla z».

Camille ne rimase sorpresa. Perché Fibonacci non l’aveva avvisata prima di quell’informazione fondamentale?

«Ha confessato l’omicidio?».

«È… più complicato di così. Devo confidarle che durante la mia carriera non mi sono mai trovato di fronte a un caso simile. Eppure di pazienti ne ho avuti parecchi. Ma lei è davvero fuori dal comune».

Riprese il pezzo degli scacchi e indicò il quaderno che la sua interlocutrice aveva appena appoggiato sulle ginocchia.

«Fa bene a prendere appunti, scriva tutto quello che può, anche se la storia che sto per raccontarle è lunga e complicata. Ed è sicuramente la più incredibile che le sia mai capitato di ascoltare in tutta la sua vita. Di quelle che al massimo si leggono nei romanzi».

Camille riaprì il taccuino intonso. Prima pagina.

«Innanzitutto, mi permetta una piccola parentesi», aggiunse Fibonacci. «Sono un appassionato di opera e musica classica, e il suo cognome mi ha incuriosito appena ci siamo presentati. Mi tolga un dubbio: lei ha qualche parentela con Vaslav Nijinsky, il celebre ballerino russo del secolo scorso affetto da schizofrenia?».

«Il mio bisnonno era slovacco. Era un operaio. Niente a che fare con l’opera. Credo che se nel mio albero genealogico ci fosse un ballerino lo saprei».

«Se le interessa, sarei felice di parlarle di Nijinsky uno di questi giorni…».

Ci stava provando in una situazione del genere? Quel tipo era davvero sconcertante e Camille si limitò ad annuire.

«Torniamo al nostro caso», riprese lui come se nulla fosse. «Deve sapere che ci sono cinque protagoniste nel racconto che sto per condividere con lei. Solo donne. Scriva, è importante per il prosieguo: “la giornalista”, “la psichiatra”, “la rapita”, “la scrittrice”…».

Lei appuntò scrupolosamente le definizioni una dopo l’altra. E si chiese se tra loro ci fosse anche la donna stesa nel letto dall’altra parte della parete. Probabilmente, ma quale? La giornalista? Forse la rapita? In tal caso, era stata la vittima del tizio con il volto ridotto in poltiglia a colpi di attizzatoio? Si era trattato di una vendetta? Possibile, visto l’accanimento… Follia pura. Camille ripensò a tutto quel sangue nello chalet, fino al soffitto. Un vero teatro dell’orrore.

Quando alzò lo sguardo, Fibonacci la stava fissando con gli occhi freddi e indecifrabili che hanno talvolta gli psichiatri. Una corazza necessaria, forse, quando si passano giornate intere a scandagliare menti disturbate.

«La giornalista, la psichiatra, la rapita, la scrittrice», ripeté lei rileggendo i propri appunti. «Mi manca la quinta persona…».

Il medico si sistemò sulla sedia e inspirò a lungo. La sua interlocutrice non capì se fosse stanchezza oppure il suo modo di farle intendere che doveva essere meno impaziente.

«Arriva solo in seguito, ed è la chiave di tutto», rispose. «La sua identità verrà rivelata solo alla fine della storia. Adesso ascolti dall’inizio quello che ho da raccontarle…».

L’uomo brandì l’alfiere nero davanti ai suoi occhi.

«E si concentri, perché questa storia è un vero labirinto in cui tutto si intreccia. E la quinta persona è il filo nel dedalo che, ne sono certo, fornirà le risposte a tutte le sue domande».

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2 thoughts on “Labirinti

  1. La virtù resta il vizio più caro: rimanga tale!

    1. Manuel ha detto:

      Giusto!!

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