… E QUELLA BRUTTA PAROLA CHE E’ RESILIENZA
di ANTONIA DEL SAMBRO
Sull’ultima fatica letteraria di Louise Penny c’è bisogno di una lunga premessa perché i lettori non sono tutti uguali (grazie a Dio!) e gli stessi autori sono “diversamente” ispirati a seconda di cosa decidono di scrivere.
Se si è letto già qualche romanzo di Penny non si può non ammettere la bravura dell’autrice, la finezza della sua precisissima penna, il suo linguaggio che tocca le note più alte proprio nella costruzione dei dialoghi e quindi anche Una specie di follia non si discosta in alcun modo da queste caratteristiche, anzi, lo stile della Penny in qualche modo in questo lavoro è perfino più aulico.
Quello che a me personalmente ha disturbato per tutta la lettura è stato lo sforzo caparbio dell’autrice di tenere a tutti i costi il paradigma del thriller socio-politico.
Durante gli anni più terribili della pandemia ogni lettore almeno per una volta ha ipotizzato che il momento che si stava vivendo sarebbe finito inevitabilmente in qualche libro (saggio, biografia, narrativa). E così è stato. Molti lettori non ci hanno trovato e non ci trovano nulla di male.
Io continuo a pensarla in modo del tutto diverso.
Credo che “forzare” il concetto della “selezione naturale” prendendo a pretesto la pandemia e infilare tutto caparbiamente in un libro di genere sia destabilizzante per molti lettori. Non per tutti i lettori. Ma per alcuni senz’altro. Per me lo è stato molto.
Leggere che un poliziotto con una nipotina down deve proteggerla da una studiosa che invece porta avanti la teoria nazista del piano del 1933 di eugenetica Aktion T4 che tanti morti ha causato, mi ha letteralmente tolto il piacere della lettura.
Che sia bene intesi, è tutta fiction. È narrativa. Personaggi e storie sono inventati. La Penny è solo una autrice di genere, tra l’altro brava, ma io ho fatto fatica a finire il libro e non posso inventarmi qualcosa di altro.
Pertanto lascio ai lettori ogni ulteriore giudizio sul romanzo compreso il leit motiv di quella bruttissima parola che è “resilienza”.
TRAMA
Mentre i residenti di Three Pines approfittano della neve alta per sciare e bere cioccolata calda nei bistrot, la vacanza del commissario Armand Gamache viene interrotta da una richiesta all’apparenza semplice: una professoressa di statistica, Abigail Robinson, terrà una conferenza presso l’università locale e bisognerà gestirne la sicurezza. Ma quando Gamache inizia a informarsi sul conto della donna, scopre un programma controverso e riprovevole, e implora l’università di annullare la lezione. In nome della libertà d’espressione, l’ateneo rifiuta e accusa Gamache di censura e codardia intellettuale. In poco tempo, le opinioni della professoressa Robinson iniziano a diffondersi per Three Pines e le discussioni diventano dibattiti, i dibattiti diverbi, i diverbi litigi. E quando un omicidio viene commesso, spetta a Gamache e ai suoi due vice, Jean-Guy Beauvoir e Isabelle Lacoste, indagare sul crimine e su quella assurda follia collettiva.
Traduzione: Letizia Sacchini
Una specie di follia
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