VACANZE INVERNALI INSOLITE E CRUDELI (OLTRE CHE DECISAMENTE POCO RILASSANTI)
C’è un’atmosfera da “Il maestro e Margherita” in questo giallo di cui si fruisce come se fossimo seduti a teatro, godendoci le entrate e le uscite dei vari attori.
La scena si apre davanti a un albergo di montagna immerso nella neve, dove l’ispettore Glebski giunge per un periodo di ferie. L’albergo è frequentato da personaggi stralunatissimi e pare vivere di vita propria, con il fantasma dell’alpinista morto (che da’ il nome alla struttura) che lascia segni impalpabili del suo passaggio e fa sparire le scarpe degli ospiti.
Accade, però, di peggio: ci scappa il morto e di questo non è certo imputabile un fantasma, anche se l’omicidio si compie in una stanza chiusa dall’interno (ma con le finestre spalancate, in pieno inverno. Insomma…). Glebski si ritrova, obtorto collo, a dover indagare, mentre una valanga ostruisce la gola attraverso la quale passa l’unica strada che porta a valle e ciò impedisce ogni contatto col resto del mondo.
A prima vista, tutti i cliché del giallo classico sono stati messi sul tavolo, ma i fratelli Strugackij (autori sovietici di racconti di fantascienza a livello “stellare”, davvero) in questa inusuale – per loro – sortita nel mondo delle investigazioni sono imprevedibili come i loro personaggi e scardinano ogni struttura del racconto investigativo, con un tocco di umorismo e tanta classe.
Facemmo il giro dell’albergo, poi Lel’ si allontanò di corsa dalla casa e si arrestò a una cinquantina di metri. Io mi avvicinai e ispezionai tutt’intorno. Era molto strano. Vidi una piccola fossa nella neve, dove Lel’ aveva scavato e trovato la pistola, vidi le impronte dei miei sci, vidi i solchi lasciati dal San Bernardo mentre saltellava da un cumulo all’altro, ma per il resto la coltre di neve nei dintorni non era stata minimamente toccata. Questo stava a significare una sola cosa: la pistola era stata scagliata da lontano: dalla strada o dall’albergo. E si era trattato di un ottimo lancio. Non ero affatto sicuro che io stesso sarei stato capace di arrivare tanto in là, con un oggetto così pesante e scomodo. Poi mi fu tutto chiaro. La pistola era stata scaraventata dal tetto.
Consigliatissima è anche la lettura della postfazione a firma di Boris Strugackij (il fratello all’epoca era già morto) che non solo racconta il lungo e difficile processo creativo di questo romanzo “psichedelico”, ma ci spiega le difficoltà incontrate all’interno della claustrofobica e ottusa società sovietica perché il loro racconto venisse accettato e i rimaneggiamenti operati per riuscire a farlo pubblicare (fortunatamente, quella per i tipi di Carbonio è la traduzione puntuale del testo originale, depurata dunque dagli interventi della censura. Così che l’ispettore Glebski e il proprietario dell’albergo Snevar tornano a bere del gustoso vin brulé al posto del caffè nero, la bevanda che era invece presente nella prima edizione del 1970; una sostituzione, questa, in linea con la battaglia contro l’alcolismo che imperversava nell’Urss degli anni ’60 e ’70 del Novecento ma decisamente dissonante con l’atmosfera del romanzo).
Nelle ultimissime pagine, Daniela Liberti aggiunge delle notazioni interessanti e anche lei, a un certo punto, si riferisce al Maestro e Margherita di Bulgakov. Questo mi conforta (anche se siamo convinti di averci visto giusto, una conferma inattesa è pur sempre un mattone nella costruzione della nostra autostima) e mi spinge a dichiarare che questo non è un romanzo di indagine come gli altri: è un vero concentrato di cultura letteraria con un respiro (sospiro, forse?) libertario limpido e tagliente come l’aria montana d’inverno.
Davvero una lettura importante. E divertente.
TRAMA
Quando l’ispettore Peter Glebski decide di prendersi una pausa dal lavoro e si ritira in un remoto chalet tra le montagne, l’ultima cosa che desidera è essere coinvolto in qualsivoglia indagine. È lì per sciare, bere brandy e oziare in beata solitudine. Ma non ha fatto i conti con gli altri vacanzieri, un gruppo eccentrico che include un famoso ipnotista, un ricco commerciante con la sua avvenente moglie, uno scienziato la cui occupazione principale sembra essere arrampicarsi sui muri e un imbronciato adolescente dal sesso indefinito. Mentre l’albergo si anima, tra cene e colazioni, risate e battibecchi, strani eventi iniziano a verificarsi. C’è un fantasma nella baita? Un burlone? Qualcosa di più sinistro? E poi una valanga blocca il passo di montagna, e all’improvviso gli ospiti si ritrovano completamente isolati, ma in compagnia di un cadavere…
Traduzione: Daniela Liberti
Ascoltate l’incipit letto da Barbara:
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L'albergo dell'alpinista morto
VACANZE INVERNALI INSOLITE E CRUDELI (OLTRE CHE DECISAMENTE POCO RILASSANTI) C'è un'atmosfera da "Il maestro e Margherita" in questo giallo di cui si fruisce come se fossimo seduti a teatro, ...