LA DISOBBEDIENZA E’ UN OTTIMO ANTIDOTO ALL’INSTABILITA’ MENTALE
di BARBARA MONTEVERDI
Nei lunghi anni che seguirono l’infanzia continuai a coltivare la solitudine, inseguendo il silenzio fino al suo orizzonte perennemente in fuga, un’impresa che richiedeva, da parte mia, di prestare un’attenzione particolare, di dimenticare me stessa, per consentirmi di mettere in atto la più scrupolosa, la più solerte considerazione dell’altro, il trattare l’altro come il più degno oggetto di contemplazione. Nel corso di questo processo io sarei stata ridotta, semplificata, e alla fine sarei diventata trasparente, avrei persino cessato di esistere.
Come si comprende immediatamente, la scrittura di Sarah Bernstein è accuratissima, ci riporta al passato parlando del presente, ma senza tempo è pur sempre la solitudine in cui ci accoglie la protagonista di questo romanzo noir.
Il nero a cui mi riferisco è l’animo della donna non più giovanissima, trasferitasi a vivere nella villa semi-isolata del fratello, non lontana dal villaggio pedemontano (non sappiamo se effettivamente inquietante come lo descrive la donna che, a sua volta, è profondamente disturbata), poco accogliente e molto sospettoso nei confronti degli abitanti della casa, ma soprattutto di lei. E non posso dilungarmi nella trama perché siamo di fronte a un soliloquio che non permette di scendere in particolari.
La valle ti inghiottiva. Il problema non era che mi trovassero riprovevole, non necessariamente, quanto piuttosto che la mia presenza tirava fuori un senso di disprezzo più profondo, e molto più primitivo del disgusto che di solito ispiravo. Qui, chiunque era costretto a rientrare nel proprio contesto, riceveva una sorta di profondità, non era più un individuo atomizzato ma faceva parte di una struttura di sentimento vecchia di secoli.
Il passo dell’autrice è molto lento e introspettivo, tanto che ci chiediamo – giunti a tre quarti della lettura – se l’atmosfera sottilmente minacciosa che aleggia tra le pagine del romanzo avrà uno sbocco. Fin qui, solo malessere, ma descritto con grande arte, richiamando alla memoria l’indimenticabile Lincoln nel bardo di Saunders.
In realtà, qualcosa alla fine accade, legato alla malattia mentale, alla superstizione, all’immenso potere che l’abnegazione ha sugli altri. E mette i brividi.
Lettura di non molte pagine (meno di 170), ma densissima, in qualche modo soffocante e assolutamente incisiva.
TRAMA
Una donna si trasferisce dal luogo in cui è nata in un remoto Paese del Nord per fare la governante di suo fratello, che è appena stato lasciato dalla moglie. Fin dalla prima infanzia la donna è stata abituata a esaudire ogni desiderio dei suoi numerosi fratelli, un esercizio di perfetta obbedienza che lei ha praticato, e continua a praticare, con il massimo grado di devozione. Il Paese è quello degli antenati della sua famiglia, un popolo oscuro ma vituperato. Subito dopo il suo arrivo, nella cittadina dove la donna vive con il fratello si verificano strani e sinistri eventi: un’isteria bovina collettiva, la morte di una pecora e del suo agnello appena nato, la gravidanza isterica di un cane locale. La donna nota che il sospetto degli abitanti del luogo prende una forma inquietante e ricade su di lei, che pure diligentemente e silenziosamente si prodiga al servizio della comunità. E mentre l’ostilità dei cittadini cresce, una misteriosa malattia colpisce anche il fratello.
Traduzione: Andrea Berardini
Esercizio di obbedienza
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