Quasi in contemporanea in Francia e in Italia è arrivato, finalmente, il nuovo strepitoso thriller di Franck Thilliez: Norferville … Un romanzo che gira intorno a questa inquietante città. Ecco a voi un estratto del romanzo.

TRAMA

Léonie è una “mela”: rossa fuori, bianca dentro. Così l’hanno sempre chiamata i nativi americani della riserva, perché è figlia di una madre innu e di un padre bianco. È cresciuta a Norferville, una piccola cittadina mineraria tagliata fuori dal mondo, nel Grande Nord canadese. Dopo la chiusura della miniera, Léonie abbandona la sua terra di ghiaccio e si ripromette di non rimetterci mai più piede, perché Norferville l’ha brutalizzata lasciandole una ferita che non si rimargina. Ma la vita decide altrimenti e, vent’anni più tardi, Léonie si ritrova costretta a tornare in quel luogo maledetto e affrontare una volta per tutte i fantasmi del passato. Ad altre latitudini, Teddy Schaffran – un criminologo di successo che indossa un’enigmatica benda da pirata sull’occhio sinistro – è tormentato da un antico dolore. Anche lui ha un grosso conto in sospeso con Norferville e le sue sorti sono destinate a incrociarsi con quelle di Léonie. Al centro di tutto, un efferato omicidio che solleva enormi interrogativi e scoperchia un vaso di Pandora di cui Léonie è determinata a vedere il fondo.

ESTRATTO

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Nei casi di crimini seriali esiste quasi sempre un filo conduttore. Un nesso che permette di rispondere alle domande: perché l’assassino ha scelto proprio quelle vittime? Quale dettaglio ha determinato, a un certo punto, il destino della futura preda? Un luogo? Uno sguardo? Una foto sul web? A volte il filo è facile da individuare: negli anni Ottanta, per esempio, l’assassino Thierry Paulin prendeva di mira le vecchie signore del suo quartiere e le ammazzava di botte al solo scopo di derubarle. Altre volte, invece, il filo resta quasi invisibile e il criminale di conseguenza inafferrabile: come nel caso del killer dello Zodiaco, di cui ancora oggi non si conosce l’identità. 

Anche se non lavorava più per l’Anticrimine, Teddy Schaffran sarebbe dovuto correre da loro una volta scoperto il famigerato filo nel caso “Fiamma ossidrica”. Metterli subito a conoscenza di quella nuova pista, non ancora esplorata, che all’improvviso aveva preso forma nella sua mente. Era per quel genere di intuizioni folgoranti che lo pagavano. Per far luce sui punti ciechi, per proporre strade alternative che agli investigatori non sarebbero mai venute in mente. Con una sola regola aurea: nessun legame né coinvolgimento affettivo con le vittime. Non permettere in alcun modo che si insinuassero nella sua sfera privata. Restare freddo e distante come un’intelligenza artificiale. 

Stavolta aveva contravvenuto alla regola… 

Il blogtour prosegue …

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