UN LAVORO DI RICERCA PROFONDO PER DARE PIU’ REALISMO POSSIBILE ALLA TRAMA
di BARBARA GALIMBERTI
Corrado Antani ed Ettore Mascetti sono i due autori di una trilogia molto interessante, pubblicata da Golem Edizioni, e che negli ultimi hanno ha lasciato una traccia importante nel mondo letterario legato al giallo. Corrado Antani è famoso per i suoi racconti e per la sua esperienza come autore teatrale. È uno scrittore particolare che rende vivo e vitale il territorio, in particolare Rovigo, con i suoi personaggi. Ettore Mascetti, è uno scrittore molto interessante, perché capace di trasportare la vita reale e quotidiana in trame ammaglianti e vitali. Un duo letterario forte e unico che emerge nei tre romanzi dove la politica, il sociale e il mistero si uniscono in storie potenti e indimenticabili.
Il vostro romanzo risulta sin dalle prime pagine spiazzante per il lettore. A tratti può essere visto come un testo polifonico, dove le diverse personalità si intrecciano in un’unica struttura narrativa ricca di tensione ed emozioni. Come siete riusciti a unire i vostri pensieri in un romanzo così potente?
Le Eredità del Male sancisce il nostro esordio nel romanzo, ma, prima di essere scrittori, siamo sempre stati dei voraci lettori. Per anni, ci siamo confrontati su autori e generi di ogni tipo, sviluppando gusti e predilezioni personali. Un filone che ha però appassionato entrambi è il Giallo Scandinavo, di cui abbiamo fatto nostro il rapporto tra i passati irrisolti e il presente, la presenza delle dinamiche personali dei personaggi anche se non finalizzate alla storia principale e l’attitudine alle trame intricate e dense di attori. Questa visione comune si è unita al desiderio di rendere protagonista il territorio in cui viviamo, recuperando episodi realmente accaduti e miscelandoli con la nostra fantasia. Il risultato è stato un romanzo di grande impatto, dove un lettore può apprezzare l’aspetto dell’indagine, ma anche affezionarsi ai personaggi o restare impressionato dalla ricostruzione storica della psichiatria e di come venivano trattare le donne nei manicomi.
“Ogni problema ha tre soluzioni: la mia, la tua e quella giusta (Platone).” Con questa frase si apre uno dei capitoli del vostro romanzo più intenso e quasi sconfortante per un lettore. La scrittura a quattro mani richiede un equilibrio a partire dal punto di vista che deve seguire un romanzo. Anche voi avete incontrato qualche difficoltà nello scrivere questo libro? E quindi, quale soluzione due autori che si ritrovano legati in un’unica narrazione possono seguire per ritrovare l’equilibrio narrativo?
La citazione di Platone, spiega molto bene quello che è il nostro modo di intendere la scrittura a quattro mani. Sviluppiamo insieme gli argomenti di cui parlare e gli snodi principali della trama, tuttavia amiamo lasciarci sorprendere da quello che sta nel mezzo ed essere i primi spettatori della nascita della storia. Ciascuno di noi lo fa individualmente, su un canovaccio concordato, ma il segreto è l’alchimia che si crea nella revisione, dove ci riscriviamo a vicenda guidati dalle nostre due uniche regole: 1) “si tiene solo quello che funziona”, 2) “troviamo il modo per dirlo meglio. Il tutto senza alcuna gelosia o limite. Da questo processo nasce uno stile terzo, quello che, per dirla alla Platone, speriamo sia la soluzione giusta.
Il manicomio è un luogo oscuro e disarmante. Voi accompagnate il lettore proprio in quel luogo e raccontate delle indimenticabili storie. Dietro a questi racconti si percepisce uno studio approfondito e tanta passione per la ricerca. Quanto avete lavorato, a quali testi, film o documentari vi siete ispirati per dare un’identità così forte a quel devastante istituto del nostro passato?
Il lavoro di ricerca è stato molto profondo perché, fin dall’inizio, volevamo dare più realismo possibile alla trama rappresentando un ambiente, come quello del manicomio, a noi sconosciuto. Lo studio e le analisi sono stati a 360 gradi e hanno riguardato in primis gli ambienti, attraverso una pubblicazione della facoltà di architettura di Venezia sulla particolare struttura dell’ospedale psichiatrico di Rovigo, definito “alla francese” in quanto dotato di padiglioni separati a seconda della gravità delle patologie. Inoltre, ci siamo documentati sulla psichiatria del tempo, recuperando cartelle cliniche e testi medici per assimilare il linguaggio, abbiamo letto libri come “Malacarne” di Annacarla Valeriano sui ricoveri femminili nel ventennio. Infine, abbiamo cercato le storie reali raccontate dai testimoni, in particolar modo infermieri. Da tutto questo è derivata la metafora del cancello sulla psiche umana, “che divide quelli che ascoltano” e “quelli che vivono”. Molte famiglie nascondevano con “vergogna” i familiari ricoverati in quella che era considerata una “pattumiera umana” da nascondere alla società.
Questo romanzo fa parte di una trilogia che ha acquisito un ruolo importante nel panorama letterario degli ultimi anni. Cosa possiamo aspettarci dal futuro? Le vostre personalità si uniranno ancora?
Per quanto riguarda il futuro, dopo la trilogia ambientata in Polesine, è possibile che Marco Pavan venga messo temporaneamente in pausa. Vorremmo dimostrare ai nostri lettori che siamo in grado di scrivere anche qualcosa di diverso dal noir, pur rimanendo nel mondo del Giallo. La scrittura è un’esperienza impegnativa, richiede sacrificio e dedizione, ma facendola in due è molto più leggera e divertente. Inoltre, il nostro grande rapporto di amicizia ci ha permesso di creare un connubio professionale trasparente e ispirato alla massima fiducia. Non a caso, i nomi d’arte Antani & Mascetti appartengono all’universo goliardico di “Amici Miei” e, come abbiamo sempre affermato con orgoglio, ci piace pensare che anche i nostri libri siano un inno all’amicizia migliore: quella sana e duratura.