UN GRANDE RITORNO, UNA FRED VARGAS IN UNA FORMA AMMALIANTE

di MANUEL FIGLIOLINI

E’ tornata nelle librerie dopo 6 anni di assenza (in Francia, in Italia dobbiamo aspettare ancora un po’), lei, la scrittrice dalle trame intricate, è tornata con un nuovo capitolo: il dodicesimo per la precisione nei quali si raccontano le gesta di Adamsberg, il commissario spalatore di nuvole. E lo si ritrova un po’ come se si tornasse ad incontrare un amico di vecchia data che nonostante i 6 anni passati in silenzio non è invecchiato neanche  po’. Sì, perché i romanzi e i personaggi di Fred Vargas sono senza tempo … fluttuano e non raccontano del tempo che passa perché la scrittrice è fatta così, non è una che si fa facilmente incasellare … un po’ come Adamsberg, è capace di lavorare in sottrazione facendo vivere il senso di necessità. Alla fine, quello che lei ti ha raccontato, con tutte le sue omissioni, era quello di cui aveva bisogno il lettore.

Ma veniamo a questo romanzo di fresco, fresco (17 maggio) di stampa. Ci sono sicuramente dei capi saldi che la Vargas ha mantenuto nel suo romanzo per farci sentire a casa. Adamsberg è sempre lui, il commissario che si fa scivolare molto, forse troppo, addosso, il commissario che sembra sempre lontano dalla realtà ma che invece è presentissimo … Adamsberg c’è ed è in piena forma. Con quel suo lato animalista che lo porta a preoccuparsi per tutto il romanzo del riccio lasciato dal veterinario in fin di vita a Parigi. Ci sono le sue nuvole, che cerca di spalare e che lo seguono sempre e lo stesso. C’è Fred Vargas, lei che gioca con il lettore e semina per tutto il romanzo degli indizi storici ma anche fantastici … Lei che molte volte cerca nella fantasia il punto di contatto con la realtà.

E qui nascono questi personaggi della Vargas che ci conquistano: l’oste che mangia sempre e da sempre da mangiare, il pronipote dello scrittore Chateaubriand (identico a lui) che va a funghi ma non li mangia, il gobbo che si fa togliere la gobba e gli ombristi, coloro che difendono la propria ombra da chi la vuole calpestare.

C’è poco, anzi quasi niente, Danglard, lui manca, lui e la sua saccenza mancano … Anche se nei primi capitoli un po’ la si sente, ma non è un personaggio che dopo poche pagine scompare per lasciare il posto all’omologo bretone di Adamsberg, Franck Mathieu. Poi la grande novità dopo “Il morso della reclusa” è che il romanzo si svolge completamente in Bretagna, una novità per lo spalatore di nuvole e la sua creatrice.

Quindi tra Dolmen e buona cucina, Fred Vargas ci consegna ancora un romanzo che ameremo in molti. Alcuni non hanno apprezzato questo essere continuamente a tavola, ma in alcuni momenti, quella continua ristorazione, sembra omaggiare il Maigret di Simenon mantenendo la sua cifra stilistica. Un romanzo capace di farci sentire i profumi di una Bretagna alle prese con un serial killer. La vera pecca di questo romanzo è che abbiamo dovuto aspettare 6 anni per poter leggere di Adamsberg.

TRAMA

— Le dolmen dont tu m’as parlé, Johan, il est bien sur la route du petit pont ? — À deux kilomètres après le petit pont, ne te trompe pas. Sur ta gauche, tu ne peux pas le manquer. Il est splendide, toutes ses pierres sont encore debout. — Ça date de quand, un dolmen ? — Environ quatre mille ans. — Donc des pierres pénétrées par les siècles. C’est parfait pour moi. — Mais parfait pour quoi ? — Et cela servait à quoi, ces dolmens ? demanda Adamsberg sans répondre. — Ce sont des monuments funéraires. Des tombes, si tu préfères, faites de pierres dressées recouvertes par de grandes dalles. J’espère que cela ne te gêne pas. — En rien. C’est là que je vais aller m’allonger, en hauteur sur la dalle, sous le soleil. — Et qu’est-ce que tu vas foutre là-dessus ? — Je ne sais pas, Johan.”