LE PAGINE CHE INGANNANO IL LETTORE
di MANUEL FIGLIOLINI
Compri un giallo e quello che ti aspetti fin dal primo capitolo è quell’odore di omicidio che si sente in tutti i romanzi. Il romanzo di Marco Denevi scardina tutto questo e anche in modo stupefacente. Il romanzo “Rosaura alle dieci” edito da Sellerio (una garanzia per il genere) inizia con una prefazione di Alberto Manguel (che mi viene in aiuto per questa recensione). E poi lo stupore più completo.
Si comincia con l’interrogatorio della padrona della pensione dove abita da 12 anni Camilo Canegrato, Milagros Ramoneda. La vedova, madre di tre figli è la parte più corposa del romanzo, è lei che ci butta dentro nella storia e lo fa in 170 pp. Chiaramente se letto senza la prefazione di Manguel, se non fosse un Sellerio, a pagina 100 qualche dubbio che il romanzo sia un giallo ti viene. Perché fino a lì, ma anche oltre, di cadaveri o morti non se ne parla. Il primo morto (e unico) compare a pagina 173, nel finale della dichiarazione della signora Ramoneda.
Ma quello che ti conquista di Denevi inizia da li, per noi giallisti e amanti del genere. Innanzitutto un romanzo raccontato dai 5 protagonisti, coloro che la polizia decide d’interrogare, scritto con 5 voci differenti e 5 modi diversi. C’è la confessione spontanea, a fiume, il racconto dei dodici anni di Canegrato alla pensione, c’è il dialogo tra l’ispettore e un abitante, c’è lo stralcio di una lettera, insomma Denevi cambia punto di osservazione e cambia voce.
Cambia anche la lirica della narrazione logicamente l’esposizione di Donna Milagros non può essere uguale a quella dell’intellettuale Réguel, come non può assomigliare a quella del timido Canegrato, che di cose, nel suo silenzio, ne nasconde. Denevi ci racconta la storia di Rosaura dai punti di vista dei protagonisti. Sopperisce, come dice Manguel nella sua prefazione, alla mancanza di punto univoco e scegli di raccontarci la totalità della singola storia. Ma non solo questo, ci racconta anche un momento dell’Argentina e lo fa raccontandoci nei dettagli questa storia, molto strabiliante.
Un romanzo che alla fine lascia il lettore sospeso, forse qualcosa è stato troppo imboccato nelle labbra del lettore, ma la parola assassino, una volta chiuso il romanzo, fatica a trovare requie. Saper raccontare e circondare il lettore con queste voci così distanti e complete non è facile e immediato. “Rosaura alle dieci” è stato scritto nel 1955 e ancor oggi molti scrittori cercano di dare originalità a questa narrazione circolare che forse non è il cerchio che si chiude ma la verità che si rincorre.
TRAMA
La storia di un delitto attraverso le testimonianze degli ospiti della pensione «La Madrileña», ognuno di loro costruisce un ritratto diverso della donna e degli avvenimenti che hanno portato al suo assassinio: la pettegola proprietaria Doña Milagros, lo studente David Réguel, il pittore Camilo Canegato, la signorina Eufrasia, la domestica Elsa. L’ispettore Baigorri raccoglie le diverse versioni dei fatti, ma tutte quelle voci tra menzogna e illusione sono come una ragnatela e in-vece di dissipare i dubbi della polizia e di noi lettori non fanno che accrescerli. Chi è davvero Rosaura? Un sogno, una invenzione?
Traduzione: Glauco Felici
La videorecensione di Manù:
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Rosaura alle dieci
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