di ANTONIA DEL SAMBRO

Colto, ironico, bravissimo nella scrittura evocativa Pappalardo ha creato un protagonista originale e insolito che inserisce con grande abilità in storie complicate dove la fiction sfiora pericolosamente da vicino la realtà e il tutto prende immediatamente alla pancia di chi legge. In questa sua ultima fatica letteraria Davide amalgama con cura una costruzione realistica dei personaggi a una storia dagli echi di cronaca e poi ci aggiunge un vero e proprio “viaggio in Sicilia”, quasi da provetto Goethe, affinché il lettore riesca ad assaporare anche la più piccola sfumatura di quell’isola incantevole e incantata. Il risultato è un giallo incomparabile che pone Pappalardo come uno scrittore a sé stante in grado di dare vita a un suo mondo e a un suo linguaggio del tutto riconoscibili e questa è la sua intervista esclusiva per i lettori de La Bottega.

Davide, bentornato in libreria e bentornato anche al tuo personaggio Libero. La tua ultima fatica è sicuramente un giallo ma è soprattutto un meraviglioso viaggio in Sicilia, in quella terra ricca di tesori naturali e insieme di tesori archeologi. Raccontaci qualcosa in più dell’ambientazione del libro e del fatto che, insieme a Libero, sembra essere l’altra protagonista assoluta del tuo romanzo.

Ciao Antonia, grazie! La Sicilia è una terra in cui si incrociano da sempre destini e popoli. Il lascito dei passaggi di gente di provenienza diversa e delle dominazioni che si sono succedute è uno scrigno di tesori, materiali e immateriali, spesso ancora da scoprire e conoscere. Essendo siciliano, non posso resistere al richiamo delle mie radici e ogni tanto devo ambientare i miei romanzi nella mia terra d’origine. Ho quindi cercato di condire il romanzo di sicilianità, modi di fare e di dire e anche delle contraddizioni della mia Isola. E soprattutto ho scelto un’ambientazione a me molto vicina. L’onda nera si svolge soprattutto ad Acireale, cittadina barocca posta ai piedi dell’Etna e poi a S. Venera al Pozzo, area archeologica che ricade in gran parte nel comune di Aci Catena. Ci sono dei passaggi anche a Catania e una breve puntata a S. Venerina dedicata ai ruderi bizantini di Santo Stefano, un posto magico e poco conosciuto che ho scoperto da bambino. La stesura è stata l’occasione per me per saperne di più su alcuni dei tesori del territorio da cui provengo e magari il romanzo sarà l’opportunità di farli conoscere ad altri. In questo contesto Libero sguazza bene, essendo anche lui originario dell’area, e può combinare i suoi guai con i suoi modi di fare rocamboleschi in un territorio che crede di conoscere ma che trova cambiato.

In L’onda nera Libero sembra essere cambiato come personaggio e come uomo; appare più emotivo, forse più fragile o in balia di eventi più grandi di lui e, a tratti, anche più sentimentale. Perché hai sentito l’esigenza di trasformare o ricesellare il tuo personaggio feticcio? 

Libero è cambiato come cambiamo tutti. Adesso è anziano e per questo è anche più fragile e forse più incline a sentimentalismi. L’esigenza di modificarne alcune caratteristiche, senza snaturarlo, proviene proprio da ciò: dal fatto che lui ha ormai un’età e deve misurarsi col tema del fine vita, con i bilanci esistenziali, coi sensi di colpa che si porta dietro come un fardello troppo gravoso da sopportare. Avrà sicuramente perso lo smalto di un tempo, ma non per questo però ha perso alcune sue caratteristiche di fondo: su tutte l’ironia nell’affrontare anche le situazioni più drammatiche. Un appiglio questo che gli consente di smontare “duri” e delinquenti e di polverizzare con una battuta demagoghi da quattro soldi. Nonostante sia per sua natura un perdente, credo che la sua capacità di utilizzare l’ironia possa in qualche modo riscattarlo e divertire i lettori.

Il nucleo della narrazione affronta la grave piaga del trafugamento delle opere da prestigiosi siti archeologici (ma potrebbero essere anche musei o sedi istituzionali) e quasi sempre dietro c’è la lunga mano della criminalità organizzata. La storia che racconti in L’onda nera, quindi, si ispira a fatti accaduti o che ti sono stati raccontati e la Sicilia si salverà mai da tutto questo?

A solleticare la mia immaginazione è stato un fatto di cronaca. Nel 2017 dal cimitero di Catania è stata rubata la cosiddetta Biga di Morgantina, scultura in bronzo considerata erroneamente di enorme valore. In realtà la scultura non era proveniente dall’area archeologica di Morgantina né particolarmente antica, essendo una copia dei primi del Novecento di un blocco di fine Settecento. A interessarmi sono state anche le modalità eclatanti del furto: la biga, poi comunque ritrovata, è stata rubata con l’utilizzo di un elicottero e di un autocarro. La scultura è stata poi smembrata e doveva essere venduta Germania per cifre importanti. Forse era considerata di enorme valore e quindi oggetto di attenzioni criminali perché la stampa ne aveva parlato. In Sicilia ci sono precedenti conosciuti, come il caso del Caravaggio rubato in una chiesa di Palermo, ma il fenomeno è internazionale e antico. E non finirà perché, sono pessimista, non finirà mai l’avidità dell’uomo.

In questo tuo ultimo romanzo c’è un personaggio minore che cattura immediatamente le simpatie e la curiosità di chi legge: Maria.  Personalità originale e affascinantissima. Chi è? Esiste davvero? A chi ti sei ispirato? 

Maria raccoglie consensi. Non sei la prima a celebrarla. Ho lavorato parecchio per affinare il linguaggio di questo personaggio. Per creare Maria mi sono ispirato al linguaggio articolato e un po’ retrò di Franca Leosini, mitica giornalista Rai. Anche questo lavoro per me è stato una grande fonte di divertimento. Franca Leosini, di cui sono un ammiratore, se mai dovesse leggere quest’intervista mi perdonerà. È dotata di grande ironia, al contrario del mio personaggio nato invece per far perdere la testa e a volte anche le staffe a Libero. 

Se dovessi dare una colonna sonora al tuo ultimo romanzo quale sarebbe e perché? 

Senza dubbio la musica degli Abba. Nel mio romanzo c’è un altro personaggio che amo, Biagio Mamma Mia, e già il soprannome la dice lunga. Si tratta di un uomo un po’ semplice, bistrattato da tutti e che gira diffondendo da un cd portatile la musica del gruppo svedese. Il bello è che lo fa soprattutto nei momenti meno indicati. La musica degli Abba è poi perfetta perché con la sua leggerezza crea una dissonanza con la storia. Uno straniamento che però, a mio avviso, non disturba, ma stempera e alleggerisce la tensione accompagnando dolcemente il lettore a lasciarsi andare in balia del mio L’onda nera. 

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