RECENSIONE
TRAMA
Il vicecommissario Rudi Carrera viene strappato dalla sua esistenza di autodistruzione e dai suoi pensieri più neri della notte ancora una volta dal suo lavoro. Tanto che è il primo ad arrivare davanti a un locale alla moda di Milano dove due adolescenti hanno appena massacrato a colpi di kalashnikov dieci persone. In poche parole una strage e anche delle più efferate. I due ragazzi vengono fermati e tradotti in centrale ma Carrera durante l’interrogatorio inizia a comprendere che al di là del disagio dei due adolescenti e delle loro possibili turbe mentali dietro la strage di piazza San Marco c’è qualcosa di molto più grande e pericoloso e sta a lui e alla squadra portare alla luce un abisso che sta inghiottendo Milano e fagocitando tante vittime più o meno innocenti.
PERSONAGGI
Il lavoro autoriale sul personaggio di Rudi Carrera parte da lontano, dai tre romanzi precedenti di Bongiorni e vede un protagonista crescere fisicamente e intimamente sotto gli occhi dei lettori. Il vicecommissario che chi legge trova in questo ultimo lavoro letterario è una persona disillusa, a un passo dalla depressione più profonda, umanamente stanco e sconfitto da recenti che lui stesso nel tempo ha deciso di costruire, eppure più adeguato e appropriato al lavoro che ha scelto di fare. Un Carrera più riflessivo e capace di fare anche il poliziotto buono se le circostanze lo richiedono o meglio se il tutto torna necessario all’indagine in corso. Accanto alla apprezzata evoluzione del protagonista, però, i lettori vengono affascinanti anche da un altro personaggio, un nuovo coprotagonista: l’Arciere, ex militare e agente sotto copertura. Robin Rossi è davvero un cane sciolto, un uomo che ha perso tutto, dal lavoro alla famiglia. Un disturbato mentale che a suo modo può tornare estremamente utile all’indagine di Carrera perché ha una vendetta da compiere e se la stessa incrocia e interseca la mission del vicecommissario tanto meglio per entrambi, ma soprattutto per i lettori che si ritrovano con pagine di perfettissima azione.
AMBIENTAZIONE
Milano è l’alfa e l’omega di tutti i romanzi di Bongiorni e chi lo segue e lo ama da sempre lo sa. Favola per rinnegati non fa eccezione anche se qui l’autore con un lavoro di ricerca e studio propri delle grandi penne, presenta a chi legge dei luoghi assolutamente particolari. La prima ambientazione che salta immediatamente agli occhi è la rage room, ovvero la stanza della rabbia dove Carrera va a sfogare ira endemica e repressa e inizia quel lavoro di evoluzione e maturità che lo porta a essere un poliziotto migliore e più saggio. Sono luoghi fisici che esistono davvero e che nella città di Milano si possono trovare da qualche tempo a questa parte. Una location mai apparsa ancora in un romanzo di genere italiano e che stuzzica e sorprende piacevolmente chi legge. Accanto alla rage room troviamo un’altra ambientazione assolutamente originale: le stanze virtuali dove insegnanti più o meno credibili o più meno sedicenti fanno veri e propri corsi di seduzione. Ed è tutto vero. Il web è pieno di siti simili. La fottuta genialità autoriale è stata quella di averli trasportati in un noir e averli fatti diventare un’altra ambientazione del romanzo, una location sociale attraverso la quale fotografare le comunità 3.0
CONSIDERAZIONI
Alessandro Bongiorni è uno di quegli autori che centellinano i loro romanzi e per questo le loro uscite in libreria si trasformano quasi sempre in eventi. I lavori letterari che nascono da scrittori come lui hanno sempre qualcosa che travalica ampiamente la definizione di genere e che deliziano chi legge con storie, protagonisti e ambientazioni inedite. Favola per rinnegati pertanto conferma il grande talento di Bongiorni e lo eleva a componente di quella cerchia ristretta di autori italiani e stranieri di cui si attende l’uscita del libro con curiosità e trepidazione. Quasi un autore cult che partendo dalla sua passione per il noir e il poliziesco ha compreso che i lettori di genere sono perennemente affamati di novità, di originalità, di storie che siano il più uguale possibile alla cronaca presente. Per questo Alessandro Bongiorni è il nostro noirista più contemporaneo.
INTERVISTA
Alessandro, bentornato in libreria e su La Bottega del Giallo. Parto da una domanda di rito che tanto gli autori che gli editori danno per scontata, ma che ai lettori incuriosisce sempre, ovvero il titolo. Chi sono i rinnegati, perché si meritano una favola e quanto è stato difficile o affascinante trattare la società contemporanea in un libro di genere? Ok, sono tre domande in una, ma è da tanto che non ti intervisto.
Ciao, Antonia, è grazie per questo spazio. Il titolo è l’estratto di un dialogo tra il protagonista, il vice commissario Rudi Carrera, e uno dei due ragazzini della strage di piazza San Marco. È il primo momento di confronto tra i due. In sintesi, Carrera gli sta dicendo di non attaccarsi alla sua condizione di emarginato, di smetterla di raccontarsi questa… favola. Lui e il suo amico hanno ammazzato dieci persone, non c’è disagio che tenga.
I rinnegati, però, in questo romanzo sono un po’ tutti. Ogni personaggio ha qualcosa da farsi perdonare, un conto in sospeso, un tarlo che scava e lo tiene lontano dalle sfere di influenza. È un romanzo di sconfitti.
È un po’ un romanzo corale il tuo, ma sicuramente il personaggio su cui si fissa immediatamente l’attenzione e la curiosità del lettore è Robin Rossi. Ora tralasciando l’immaginario collettivo su una “spalla” che si chiama Robin e che affianca il vero detentore delle indagini in corso, che figura è realmente questa? Da dove l’hai fatta sortire? Esiste per caso e lo hai incontrato?
La figura di Robin ha sicuramente una doppia valenza. Nel romanzo, il nome è ispirato alla figura di Robin Hood, però dentro al libro, e neanche in maniera troppo velata, c’è molto di Batman. Il tema della maschera è in qualche modo predominante in molti dei personaggi principali. Il mio Robin è un ex agente sotto copertura, un eroe del suo tempo a cui il cervello è “flippato”. Oggi Robin è un uomo instabile che si tieni in vita solo per trovare la sua vendetta – e qui Batman non c’entra. L’idea di creare un undercover nasce da lontano, è un personaggio su cui ho lavorato a lungo. Ho provato a immaginarmi come sarebbe svegliarsi ogni mattina e, per prima cosa, cercare di ricordarsi chi si è quel giorno. Chi si sta interpretando. Un incubo senza fine. Uomini così esistono, ma non ne ho mai incontrati, che io sappia. Ho letto e studiato diverse storie vere, però. E a queste mi sono ispirato.
Naturalmente Milano è l’alfa e l’omega delle location della tua storia, ma in realtà ne esiste un’altra di ambientazione regina nel tuo libro ed è il web. Un mondo virtuale che ha preso possesso quasi assoluto del nostro mondo fisico e che tu descrivi con cognizione di causa presentando siti, personaggi sui generis e vere e proprie comunità. E quindi ti chiedo che scelta è? Non ti bastava e avanzava la metropoli più europea di Italia, quella in cui ogni santo giorno succede qualcosa, c’è un evento, si incontrano persone e si fanno affari?
Il tema del web l’ho maneggiato con cura. Non amo i romanzi pieni di tecnologia, i medici legali, le scene del crimine… I miei personaggi sono alla vecchia maniera, battono la strada, torchiano informatori. Come autore, vengo da quella scuola lì. Al contempo, però, non si può neanche stare fuori dal tempo.
Ho volto parlare degli Incel, una comunità di emarginati che popola il web, soprattutto negli Stati Uniti, per raccontare questo fenomeno. Sono persone che odiano le donne e le incolpano per la loro astinenza sessuale, hanno un loro vocabolario in codice e non si incontrano mai di persona. Ho preso il loro odio in rete e l’ho calato per le strade di Milano. Ho preso il tema degli Incel e ci ho collegato il problema del traffico illegale di armi dall’est Europa. Milano, con le sue bellezze e tragicità, resta saldamente il fulcro dell’azione.