LUNGA VITA AL NOIR METROPOLITANO

di ELENA

In una Torino segreta ed enigmatica si snoda la trama di un romanzo a più voci in cui personaggi scaltri e a volte senza scrupoli giocano spudoratamente con le proprie e le altrui vite. 

Leit motiv è l’ambizione intesa più come una forma di riscatto che come un sentimento da tenere a bada e non ha nessuna importanza se si arriva dalla più profonda periferia o dai palazzi ottocenteschi del centro storico o ci si fregia di un cognome blasonato, se si deve colpire duro per raggiungere il proprio obiettivo lo si fa e senza guardare in faccia nessuno. 

La Mogliasso affida a un giovanissimo protagonista il “pensiero primario” che muove l’intera storia, investendo Totò della responsabilità virgiliana di fare da guida non solo agli altri personaggi del romanzo, a agli stessi lettori. Il diciasettenne che ha respirato la Torino più popolare e che nonostante questo ha fatto della cultura e delle letture il suo personale affrancamento sa che non deve e non può farsi distrarre da tormenti di coscienza se vuole “elevarsi” alla condizione a cui aspira dando vita a un effetto domino che finisce per coinvolgere e accorpare tutti gli altri personaggi della storia, incluse le figure femminili che l’autrice tratteggia in maniera oscura e positiva insieme. 

Una storia, questa di Uccidere, qualche volta che per la costruzione delle ambientazioni e la precisione dei dialoghi ha già il sapore del cinema da nouvelle vague perché Torino è quasi come fosse un set cinematografico dove basta una dissolvenza incrociata per renderla differente e aliena quasi a sé stessa e dove le parole dei protagonisti possiedono la crudezza essenziale per favorire il ritmo della narrazione. 

E anche se il capoluogo piemontese non può ancora fregiarsi del titolo di metropoli a tutti gli effetti, possiede comunque in questo romanzo quel caleidoscopio di avvenimenti che ne consentono in ogni caso sapore e attitudine tali da farne lo scenario perfetto per un grande noir. 

TRAMA

Totò ha diciassette anni, un padre che è sparito nel nulla anni prima, una madre che mantiene entrambi lavorando da parrucchiera. Totò ha una testa sopraffina, ama la poesia, capisce la vita, le debolezze degli altri, ma soprattutto è infinitamente curioso e manipolatore, desideroso di uscire dal suo guscio, dalla casa popolare e dal quartiere in cui vive e di misurarsi, finalmente, con il mondo. Totò è il deus ex machina, in parte involontario, di una vicenda i cui molteplici protagonisti – da Francesca Turchinetti Tratti di Valprina, imprenditrice danarosa, a suo marito Tommaso, detentore dell’imponente cognome e di nient’altro; da Beppe Pinardi, ex operaio ora nullafacente con la scusa di volersi dedicare alla politica, a sua moglie Teresa, fino a Paolo e Martina, due coniugi bellissimi e prestanti, entrambi dediti a quella che viene definita l’attività più vecchia del mondo, gestita con piglio manageriale – hanno in testa un unico obiettivo: la ricerca della felicità, rappresentata per alcuni dai soldi, per altri dalla scoperta di una nuova sessualità.