RECENSIONE
TRAMA
C’è un mestiere particolare che ha a che fare con la morte e con i defunti ma che in fondo è anche un lavoro di arte e di bellezza perché con la mano giusta e la giusta esperienza rende i defunti, attraverso una tecnica particolare di make-up, quasi vivi o quantomeno belli giusto il tempo necessario affinché congiunti e amici possano dare loro l’ultimo saluto prima della sepoltura. L’antica arte si chiama tanatoestetica e a praticarla con successo e maestria è una giovane donna di Chioggia, Fortunata Tiozzo, la quale, in realtà, sogna di fare la pasticcera e poter essere libera sia da un mestiere impostogli dalla famiglia che da un padre iperprotettivo che la tratta costantemente da bambina, forse per sopperire al fatto che la figlia è rimasta orfana di madre quando era molto piccola. In realtà Fortuna è intelligente, intuitiva, volitiva e a suo modo per nulla fragile. Tutte qualità che il suo padrino, il colonello Dante Braghin, le riconosce e apprezza tanto da chiamarla come consulente su una indagine di suicidio con molti punti oscuri e dove l’intuito e la professionalità di Fortuna finiscono con il fare davvero la differenza. E allora, come è morto il giovane rampollo veneziano Gregorio Chiodoro? È davvero un suicidio?
PERSONAGGI
Fortunata Tiozzo è “il personaggio” che mancava alla narrativa di genere italiana. La tanatoestetista che sogna di fare la pasticcera da sola vale l’acquisto e la lettura del romanzo, non fosse altro per non leggere delle solite indagini del solito commissario. Ovviamente c’è molto di più dato che la Crepaldi è un vero vulcano di idee. E allora ecco apparire in pagine di studiato e fine black humor un altro personaggio che i lettori non possono non amare: Emilio. Il babbo di Fortuna, imprenditore funebre dal marketing “spinto” un po’ fallimentare, un po’ avveniristico che adora allo spasimo la sua bambina ma non si accorge né che è diventata ormai una donna, né che ha sogni, speranze e desideri completamente suoi. Il canto controcanto tra Fortunata e Emilio è trattato in punta di penna dall’autrice che dice e racconta a chi legge tutto quello che c’è da sapere ma senza mai strafare e senza rendere in tinte fosche un confronto generazionale e di personalità che, se trattato, con meno intelligenza avrebbe finito per appesantire indubbiamente la narrazione.
AMBIENTAZIONE
Lungi dall’avere il clima narrativo cupo di luoghi in cui ogni giorno si pratica con la Morte, il romanzo della Crepaldi si muove tra le fascinose location della laguna di Chioggia e le altrettanto celebri e celebrate calli veneziane. Un valore aggiunto che permette a chi legge di “svagarsi” davvero con la lettura e che rende Morire ti fa bella, a suo modo, anche un libro di viaggio e di scoperta di posti attraverso dettagli e sfumature che l’autrice non solo non lesina ma riesce anche a rendere quasi palpabili, segno dell’assoluta conoscenza di quello che sta narrando e insieme dell’assoluta volontà di raccontarlo nel migliore dei modi.
CONSIDERAZIONI
Finalmente una boccata di aria freschissima in un genere che rischiava di appiattarsi su sé stesso attraverso indagini stereotipate e protagonisti sempre gli stessi. Fortunata non fa parte delle Forze dell’Ordine, non sogna neppure di fare la detective, piuttosto la pasticcera, non si sgomenta davanti alla morte e per questo riesce a osservarla e analizzarla con distacco, infine, non è spocchiosa, non è arrogante, non è malinconica e non ha crisi esistenziali, tutt’altro! dato che è ancora capacissima di sognare e tenere ben custoditi i suoi desideri. Fortunata è dannatamente credibile e realista e assomiglia tanto a qualcuna che abbiamo incontrato nella nostra vita, e perfino, un pochino, anche a noi stesse. Insomma, la Crepaldi ha fatto centro e ha dato vita a una protagonista che ha tutti i numeri per diventare una vera icona della narrativa di genere e quel gran “furbone” di Stefano Izzo, editor illuminatissimo, ancora una volta ci ha visto lunghissimo…e i lettori ringraziano.
INTERVISTA
Stefania, domanda scontatissima ma necessaria: da dove nasce il personaggio di Fortunata?
Un po’ per lavoro, un po’ per vicende personali mi sono imbattuta nella figura professionale di chi pratica la tanatoestetica e un po’ per curiosità, un po’ perché la cosa mi affascinava ho cercato di approfondire la cosa e sono riuscita a parlare con una di queste figure professionali che mi ha spiegato mote cose sul suo lavoro, su questa tecnica e su come ci si approccia a questa professione. Inutile dire che la ragazza con cui ho parlato è una giovane donna solare, simpaticissima e piena di interessi e niente affatto cupa, triste o spenta. Tutte cose che mi hanno aiutata a pensare, immaginare e dare vita alla protagonista del mio libro.
C’è qualcosa di te in Fortunata e viceversa?
Direi molto poco. Fortunata, orfana fin da piccola, è vissuta protetta dal padre e dalla nonna che hanno cercato sempre di tenerla lontana da ogni tipo di esperienza che potesse metterla in pericolo o allontanarla dal nucleo familiare, l’hanno cresciuta quasi sotto una campana di vetro e lei è costretta a ritagliarsi quasi di nascosto momenti tutti suoi, come quando si rifugia nel laboratorio di pasticceria di Mario dove oltre ad apprendere la tecnica dolciaria trova anche una persona che comprende appieno lei e i suoi desideri. Io ho iniziato a lavorare fin da ragazza per potermi permettere gli studi che volevo fare, vengo da una famiglia che mi ha sempre spinto a essere indipendente, fare esperienze e realizzarmi in quello che desideravo, ho viaggiato e vissuto lontano da casa per anni e quindi no, non siamo affatto simili io e la mia protagonista, questo non vuol dire che io non faccia il tifo per lei e che non voglia vederla realizzata e felice. Anzi…
Chioggia e le calli di Venezia come location regine della tua narrazione. Hai deciso che raccontare quello che conosci bene ti avrebbe dato indubbiamente più sicurezze?
In realtà volevo parlare di Chioggia perché alla fine è sì un posto piccolo, molto provinciale, quasi sconosciuto ai più ma che ha tante particolarità che la rendono unica, come ad esempio l’orologio della Torre di Sant’Andrea che è considerato l’orologio medievale, ancora funzionante, più antico del mondo. Inoltre, Chioggia ha un porto con una entrata e uscita di merci che ogni giorno vede un flusso continuo di mezzi e persone, cosa che insieme a tante altre considerazioni, mi ha permesso di pensare una indagine della Guardia di Finanza con relativi protagonisti, una cosa che credo funzioni particolarmente bene nel mio romanzo.