L'ultimo viaggio di Lenin

L'ultimo viaggio di Lenin

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Published: 16/01/2024

Format: Brossura

ISBN: 9788854529090

QUANDO LA FANTASIA (E LO SPIRITO CAUSTICO) DI UNO SCRITTORE SFIORA LA GENIALITA’

di BARBARA MONTEVERDI

Il corpo di Vladimir Il’ič Uljanov Lenin giace in uno stanzone della scuola di Tjumen, in Siberia, dopo essere passato attraverso varie fasi di imbalsamazione e aver subito il trasloco dal mausoleo di Mosca a causa della Seconda Guerra Mondiale: i tedeschi potrebbero avanzare, l’eroico cadavere deve essere messo in sicurezza.

Da qui in poi, sembra di passare in un tritatutto messo in funzione da cinque o sei Bulgakov e altrettanti Gogol e le situazioni grottesche, i personaggi incredibili (lobotomizzati o no), il guazzabuglio di pensieri e azioni dei vari protagonisti rendono la lettura straniante e crudamente divertente. Si sghignazza in modo improvviso e scomposto davanti a situazioni al confine con l’incubo e lo si fa proprio per esorcizzare questo incubo.

Il piccolo, apparentemente insignificante ma fondamentale per l’avvio della vicenda, sergente Dorotov si incarica di salvaguardare le spoglie di Lenin quando la compagine militare e tutta la popolazione di Tjumen si allontanano precipitosamente per una paventata invasione nazista. Così, aiutato da una giovane contadina in fuga da un matrimonio imposto e dall’unico militare rimastogli al fianco in quanto incapace di intendere e volere, carica le spoglie venerate su un camion e comincia un viaggio demenziale con lo scopo di trovare qualcuno che sia in grado di salvaguardare le spoglie dal degrado.

Prima di allontanarsi dal camion la Balakova volle fare una domanda a Dorotov: “Ho visto la sua mappa, ho potuto vedere il percorso e ho capito quasi tutto, nonostante lei me l’abbia tenuta nascosta. Però ci sono alcune cose che vorrei mi spiegasse: che significa Itinerarius mentis in Lenin? Perché questa dicitura è posta alla fine del percorso che dovremo compiere? E, infine, per quale motivo mi ha portata con sé?

Francesco Pala ha una straordinaria capacità: scrive della Russia come fosse un russo, con la medesima malinconia sempre venata da un certo impeto represso, l’ira contro il destino è tenuta a bada a fatica e l’ironia serve a salvare quel poco che resta della sanità mentale degli uomini abbruttiti da fame, freddo e mancanza di punti di riferimento.

Il piacere della lettura di questo romanzo sta anche in questo: un professore di Nuoro riesce a entrare talmente bene nella pelle dei suoi (evidentemente) amati autori russi – o ukraini o quel che volete, uso il termine russo solo per semplificare il mio pensiero – da prenderne le sembianze, così che me lo immagino seduto a una scrivania ottocentesca, in una stanza illuminata da lampade a olio, col braciere vicino ai piedi e una pesante giacca da casa damascata ad avvolgerlo, proteggendolo dagli spifferi di un inverno impietoso. E il samovar sempre a portata di tazza.

Comunque sia, Francesco Pala è riuscito in un’impresa unica: far ridere e rabbrividire al tempo stesso perché il fiato demoniaco del Potere fa scorrere brividi intensi lungo la schiena, ma l’assurdità delle situazioni innescate da una procedura complessa e probabilmente inutile come la mummificazione di un cadavere, scatena moti di ilarità necrofora incontenibili.

Godiamocelo, dai, finché siamo in tempo (e prima di trasformarci, Dio non voglia, negli esseri acefali descritti dall’autore).

TRAMA

Autunno 1942, Siberia. Il sergente Dorotov ha pianificato il viaggio in ogni dettaglio. L’automezzo, un camion di fabbricazione sovietica ZIS-6, abbandonato dall’Armata Rossa per una falla nel radiatore, partirà da Tjumen’ e attraverserà una serie di centri urbani per sottrarsi alle insidie delle campagne che potrebbero celare agenti della controrivoluzione. In ogni città dovrebbe esserci un manipolo di uomini scelti, pronto a contenere i rischi. L’uso della violenza non è stato escluso a priori. Lo scopo, uno solo: sottrarre al controllo delle autorità sovietiche il corpo imbalsamato di Vladimir Il’ič Ul’janov, anche noto come Lenin, che è stato spostato in fretta e furia dalla capitale minacciata dall’invasione nazista. Insieme al sergente Dorotov ci sono il soldato semplice Antonov, reduce da una lobotomia per aver notato una certa mobilità nel venerabile cadavere, e Olga, una donna dagli occhi verdi e ostinati che sembrano suggerire a chi le sta intorno l’urgenza di un matrimonio per spegnere quell’impudenza nel suo sguardo. Dietro di loro, l’impetuosa avanzata della 4ª armata corazzata tedesca del generale Hoth. Alla fine del percorso, sulla mappa, una sola scritta: Itinerarium mentis in Lenin. È così che l’ascetica determinazione del sergente Dorotov conduce i suoi compagni in un pellegrinaggio fisico e mentale attraverso la Grande Russia, un’avventura del pensiero alla ricerca della moralità incorrotta, della totale integrità ideologica, dell’assenza dei guasti che hanno rovinato il socialismo. In altre parole, di un mondo utopico e perfetto. Uno in cui nemmeno la morte esista più. La Repubblica popolare di Leninesia.

Ascolta l’incipit letto da Barbara:

5.0Overall Score

L'ultimo viaggio di Lenin

QUANDO LA FANTASIA (E LO SPIRITO CAUSTICO) DI UNO SCRITTORE SFIORA LA GENIALITA’ di BARBARA MONTEVERDI Il corpo di Vladimir Il’ič Uljanov Lenin giace in uno stanzone della scuola di Tjumen, in ...

  • Trama
    5.0
  • Suspense
    5.0
  • Scrittura
    5.0

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