LA FINE SARA’ ANCHE IGNOTA MA E’ CERTAMENTE L’INIZIO DI UN NUOVO MORCHIO
di MANUEL FIGLIOLINI
“La fine è ignota” è il nuovo romanzo seriale di Bruno Morchio con protagonista l’investigatore privato Mariolino Migliaccio. A grandi spanne questo deve essere il ventesimo o ventunesimo libro dello scrittore ligure. E negli ultimi tempi lo scrittore aveva dato segni d’irrequietudine nei confronti del genere. Fin dalla pubblicazione di “Dove crollano i sogni”, sempre per Rizzoli, aveva manifestato la necessità di cercare qualcosa di nuovo. Che rivitalizzasse in lui la scrittura e la carriera del noto Bacci Pagano.
E’ un segreto di pulcinella dirvi che Bacci Pagano è vivo e vegeto e tornerà presto nelle librerie. Ma quello che non sappiamo, ma che intuiamo con questo romanzo, è che tornerà rivitalizzato da questa sferzata che Morchio ha dato al genere. Innanzitutto “La fine è ignota” è un romanzo che s’ispira molto ai noir americani ma traslato nella nostra epoca. Di tutto Morchio fa di costrizione, virtù. Per sua scelta decide di ambientare in un’epoca contemporanea il suo nuovo romanzo. E dove molti scrittori si sono impantanati con le tecnologie social, lui le trasforma in un escamotage investigativo. Essendo Migliaccio un detective privato non amato dalle forze dell’ordine, non potendo lui ricorrere ad amici in polizia vari, trasmorma i social-media in una fonte d’informazione, integrandoli naturalmente nel romanzo.
Ma questo non è l’unico colpo di genio. C’è un colpo di genio stilistico che merita la nostra attenzione come innovativo nel genere. Ricalcando quello che aveva fatto il grande Camilleri, inserendo il dialetto siciliano nei suoi romanzi, Morchio inserisce il dialetto genovese attribuendolo come caratteristica di alcune persone. Ma l’espediente di Morchio non si ferma lì, perché nella multietnica Genova non c’è solo il dialetto locale ma ci sono anche tutti gli idiomi delle persone che sono venute a viverci. Un melting-pot linguistico che dona al romanzo veridicità senza appesantirlo. Morchio lo sa dosare egregiamente.
Tutto questa elaborazione stilistica converge in Mariolino Migliaccio che è il nuovo personaggio di Morchio, un’investigatore al limite della povertà, guardato da tutti come l’ultimo tra gli ultimi che cerca un suo riscatto in una Genova buia e piena di vicoli che lo stringono e ci stringono. Del romanzo si può raccontare poco e niente, ma si può certamente raccontare che tutto quello che all’inizio ci colpisce, nel finale si trasforma. Migliaccio indaga aiutato da una serie di ultimi come lui, persone che vivono di espedienti e combattono la quotidianità mantenendo la loro etica. Migliaccio non è risolto, come vuole la tradizione del genere, anzi in alcuni punti sembra complessato nella sua vita e nel pensiero di sua madre Wanda. Figlio di una prostituta che lo ha lasciato solo al mondo cercando di dargli la migliore educazione possibile, Migliaccio è un pesce di fondo e nel fondo dove è nato ci rimane, ci sguazza, si fa posto. Perché lui sa benissimo che tutto si cambia partendo dalla base.
Un noir classico, con pennellate di giovinezza e innovazione. Una storia che colpisce, una storia al femminile, se non fosse per Migliaccio sarebbe un romanzo noir al femminile da tante sono le protagoniste e da tanti sono i soprusi che la società rivolge a loro. Morchio non lascia niente al caso, neanche la trama che è molto intricata in un continuo divenire. E da buon noir, il finale non è consolatorio. E’ vero che tutte le fila tornano, ma quando si arriva in fondo ci si rende conto che non si è dal lato giusto, ma questa è un’altra storia ed io non posso raccontarla.
TRAMA
Mariolino Migliaccio ha poco più di trent’anni e neanche un soldo. Grande amante del cinema americano, fa l’investigatore privato e, senza licenza né ufficio, riceve i clienti in un bar dei carruggi. Da quando sua madre – che faceva la prostituta – è stata uccisa da un cliente, Mariolino ha perso tutto, tranne l’infallibile fiuto. Conosce ogni angolo di Genova e sa rovistare nei posti giusti per svelare i segreti della città. Non è un caso che Luigi il Vecchio, boss che gestisce una casa di tolleranza travestita da centro benessere, lo abbia assoldato per cercare Liveta, una delle “sue ragazze” sparita chissà dove. Quando Mariolino si renderà conto che non è stato ingaggiato per cercarla ma per risolvere una grana ben più grossa dell’organizzazione criminale, sarà troppo tardi per tirarsi indietro.
La fine è ignota
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