Chimere

Chimere

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Published: 21/03/2023

Format: Brossura

ISBN: 9788804761488

RECENSIONE

TRAMA

L’ultima notte del 1800 sarebbe già una notte particolare di suo, se festeggiata nella capitale italiana diventa ancora più un evento, se poi, proprio in quella notte in un palazzo di Roma una donna viene ritrovata senza vita nella vasca da bagno della propria abitazione, allora, oltre che essere l’ultima notte di un secolo diventa anche l’ultima notte di una giovane vita ed è su questo che il vicebrigadiere Ghibaudo e il collega Moretti devono indagare e devono farla tra una girandola di personaggi che entrano e escono con disinvoltura dalla scena madre come in una pièce di Pirandello e una sequenza di ipotesi dove le straordinarie doti intuitive dell’uno vanno a braccetto con la passione per le nuove tecniche investigative dell’altro. La giovane e sfortuna donna non è riuscita a salutare il ‘900 e bisogna scoprire a ogni costo se per causa propria o per volontà di altri. 

PERSONAGGI 

Quasi un romanzo corale questo della Vallefuoco che ama far vivere i propri personaggi subito dopo avergli dato vita. È la lezione del libero arbitrio di stampo religioso che l’autrice applica con convinzione e maestria alla propria opera. Il deus ex machina di una storia che ha un canovaccio prestabilito, ma che fa respirare chi ci finisce dentro. E se la star assoluta della trama resta un vicebrigadiere ottocentesco, che da solo meriterebbe l’applauso dei lettori per essere uno dei protagonisti più originali e più riusciti della nostra narrativa di genere, ad abbellirlo e rifinirlo sono le tante figure che gli gravitano intorno, prima tra tutte quella della moglie sulla quale ci sarebbe da aprire una discussione sociale che implicherebbe un prequel a parte. 

AMBIENTAZIONI 

Che l’autrice abbia studiato e tanto per ridare ai lettori una Roma orami sparita da tempo lo si evince da mille infiniti particolari, eppure, non è la città in sé a dare la cifra reale delle ambientazioni della storia quanto le descrizioni delle suppellettili, delle mise delle signore dell’epoca (nobili o popolane che siano), degli arredi delle case e delle stanze, del mood di quel piccolo mondo antico, così lontano dai contemporanei e che, proprio per questo, non può per nulla al mondo non affascinare chi legge. In più ci sono le ambientazioni del “cuore”, quelle stanze fatte tutte di stati d’animo, passioni e afflizioni che solo una grande narratrice si può permettere di trasformare in architetture aggiuntive. 

CONSIDERAZIONI

Sara Vallefuoco non è solo brava a raccontare storie, ma ha il grande pregio di portartici dentro e di farlo fin dalle prime pagine. È un dono. Un fottutissimo dono che hanno solo in pochi e a cui è data la capacità di trasformare la scrittura in evasione. Una evasione da pensare nel senso più nobile del termine e cioè quello che definisce il senso ultimo di forma d’arte. Quando si parla di “piacevole lettura” si tende a sminuire l’aggettivo piacevole e invece si dovrebbe pensare allo stesso come rafforzativo perché solo se la lettura fluisce in piacere i lettori possono concentrarsi anche sulla sottonarrazione. E in un romanzo come Chimere l’attualissimo dibattito sulla condizione della donna è trattato con una intelligenza che dovrebbe diventare un paradigma da manuale, e l’ho detto anche sopra, un prequel su Amelia noi lettori della Vallefuoco ce lo meritiamo davvero!

INTERVISTA

Sara un giallo molto sociale questo tuo ultimo lavoro letterario dove la condizione della donna è pressoché il filo conduttore di tutta la trama. Sei partita con la consapevolezza di scrivere proprio questo o è capitato mentre era all’opera sulla storia? 

Non avevo consapevolezza di questo quando ho iniziato a documentarmi, e nemmeno mentre orchestravo i personaggi femminili, che sono molti. Per la verità, non so mai esattamente cosa voglio davvero raccontare finché la prima stesura della storia non è terminata, intreccio giallo a parte, e così è stato anche per Chimere. Quando ho riletto il tutto, quando i personaggi e gli eventi avevano nel frattempo preso strade diverse da quelle che avevo stabilito, ho visto un filo rosso dipanarsi tra le mani di tutte le figure femminili che si intrecciavano, si incontravano, si scontravano. Quasi se lo passavano, come un testimone. E allora ho capito.

Il brigadiere Ghibaudo è uno dei personaggi sicuramente più fascinosi e originali che si possono trovare al momento in un libro di genere, ma se dovessi scegliere tu chi ha rapito il tuo cuore tra tutti gli altri protagonisti del libro chi sceglieresti e perché? 

Come in Neroinchiostro, anche con Chimere è capitato che un personaggio nato per essere assolutamente secondario finisse con il reclamare ad alta voce il suo spazio, nella storia e anche nel mio cuore. Vandina all’inizio era solo un’inquilina stramba di uno dei tanti palazzi romani, e strada facendo invece si è rivelata una donna dalla vita struggente, addirittura sospesa tra due mondi, uno invisibile e l’altro crudelmente materiale. Mi ha conquistato, e così le ho lasciato tutto lo spazio che ha voluto. 

La Roma della Belle Époque è davvero una città lontanissima dalla capitale che conosciamo noi contemporanei. Quanto è stato difficile ricrearla in un romanzo giallo e quanto ti sei divertita a farlo? 

Roma è la mia città, e naturalmente desideravo ricostruirla con accuratezza e con passione. Tuttavia l’operazione non era priva di rischi. Ho capito ben presto che avrei dovuto fare un lavoro ancora più minuzioso proprio per prendere le distanze dalla Roma contemporanea che porto negli occhi e sotto la pelle. Mi aspettava un viaggio dentro una città con cui mi sembrava di condividere tutto, a partire dal dialetto, e di cui invece non conoscevo niente, nemmeno le vie. Mi sono munita di foto e di stradari d’epoca, di un vocabolario storico di romanesco e perfino della mappa delle linee del tranvai, e ho cominciato idealmente a camminare. Be’, è stato fantastico. Adesso, quando passeggio per il centro di Roma, mi sembra di poter scegliere quale secolo attraversare. 

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