
…MA LA RESISTIENZA È PIU’ VIVA CHE MAI!
di ANTONIA DEL SAMBRO
Le Fosse Ardeatine prima delle Fosse Ardeatine.
Tutto parte da via Rasella dove un gruppo di giovanissimi studenti universitari sferra uno dei più precisi e organizzati attacchi alle squadre dell’occupazione sostenute dai fascisti del regime.
Trentatré tedeschi uccisi che danno vita per ritorsione a uno dei massacri più efferati degli anni Quaranta del Novecento italiano e il peggiore e sanguinoso mai visto a Roma. A morire per ritorsione dei nazisti saranno trecentotrentacinque italiane, buttati e sepolti come vuoti a perdere nelle fosse di via Ardeatina nella zona romana di Tor Marancia.
Ma tutto parte da via Rasella e dal piano ideato e condotto con una precisione quasi chirurgica dai giovani universitari resistenti del Gap, il Gruppo di azione patriottica fondato da ragazze e ragazzi qualche mese prima per opporsi all’occupazione nazista e al regime fascista.
Questi sono i fatti storici accaduti in successione, il libro di Ritanna Armeni, fresco di stampa e già nella classifica dei lavori letterari più venduti, aggiunge alla Storia contemporanea i ritratti, la vita, gli interessi, gli ideali e la lotta armata e di resistenza dei protagonisti di questi atti. In una Roma guardata dalla Resistenza del nord e dai partigiani che si muovevano e agivano al di là della “linea gotica” come una città indifferente, assopita nel sonno della rassegnazione e della paura individuale, il Gap dimostra a tutti che pur non avendo montagne dove organizzare e portare avanti la Resistenza, la stessa c’è, lotta, si manifesta, si declina in azioni pericolose e letali ed è condotta sia coralmente da sacerdoti, suore, cittadini, medici, insegnanti e impiegati, sia da giovanissimi universitari borghesi nati e cresciuti in famiglie benestanti e convintamente antifasciste.
È di loro che la Armeni vuole parlare, delle storie dentro la Storia. Di quei giovani che l’editore Ponte alle Grazie intelligentemente e meravigliosamente metter in copertina e che rimandano nello sguardo la forza e la bellezza dell’ideale che li accompagna e li accompagnerà sempre. Avrebbero potuto nascondersi nelle aule universitarie, nei loro confortevoli e quasi intoccabili appartamenti, abbassare la testa per strada quando incrociavano le squadre nazifasciste, mantenere un profilo basso e continuare nella loro esistenza borghese e anonima.
E invece, no. E invece alzando la testa e la voce diventano quei ragazzi di luce e speranza che rimandano lo sguardo dalla copertina del libro e la cui forza e il cui coraggio sembra arrivare dritto al cuore e all’anima del lettore. Tra di loro c’è anche Carla Capponi, la bella ragazza borghese che suona il pianoforte intrattenendo gli ospiti nella casa famiglia, iscritta all’Università e con un futuro regolare e sereno davanti. La storia di Carla raccontata da Ritanna Armeni ricorda, invece, moltissimo quella di Sophie Scholl, la fondatrice, insieme a suo fratello e al suo fidanzato, dell’unico gruppo contro il Hitler fondato da ragazzi nella Germania nazista. Anche Carla Capponi è fidanzata con un compagno di lotta come lo era la coraggiosa e sfortunata Sophie, e anche lei, coetanea della meglio gioventù di Resistenza nell’Europa di quel tempo, unisce amore e lotta, ideale e sentimento, azione e pensiero. È questo che il lettore trova di diverso, amplificato, allargato, completo e particolareggiato nel libro della Armeni: la lotta, i giorni, i sacrifici, le vite delle persone dietro la condanna a morte della squadra nazista di via Rasella.
Ricordare questi giovani, i loro ideali e il loro coraggio è necessario e lo sarà sempre, perché come ha spiegato la stessa autrice in un bell’incontro organizzato da Ponte alle Grazie con i blogger: “nello stesso modo in cui silenziosamente in Spagna si è passati dalla dittatura di Franco alla Democrazia, così ugualmente in silenzio si può passare dalla Democrazia alla dittatura”.
TRAMA
Uno spazzino gioviale che spinge il suo carretto. Una ragazza semplice ma elegante, con la borsa della spesa e un impermeabile sul braccio. Un giovane uomo, l’aria assorta, la cartella di pelle, forse un professore. Una Mercedes, scura e silenziosa come l’ufficiale tedesco seduto sul sedile posteriore. Una compagnia di soldati che marcia cantando. Perché nel 1944 le compagnie naziste cantano sempre quando attraversano Roma. In quei pochi metri, in quei secondi di trepidazione e attesa passa la Storia. E le storie dei singoli individui che formano i Gruppi di azione patriottica, fondati qualche mese prima contro l’occupante tedesco. Per lo più ragazzi borghesi, spesso universitari, che si tramutano in Banditen, capaci di sparare e di sparire, di colpire il nemico ogni giorno, senza dargli tregua. In quel breve – e infinito – pomeriggio di primavera, dove passato e presente si intrecciano, c’è chi si prepara e chi viene sorpreso, chi muore e chi sopravvive, chi scappa e chi ritorna. E c’è anche chi, sui corpi dei 33 tedeschi uccisi, firma la condanna a morte di 335 italiani.
A Roma non ci sono le montagne
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