
SOTTO LA TERRA BRUCIATA È GERMOGLIATA UNA GRAN STORIA
di BARBARA MONTEVERDI
Wow. Questa è una delle rare volte in cui sono rimasta senza parole. Non conoscevo l’autore, pur sapendo che è noto e apprezzato in patria e all’estero. E dopo le prime pagine, ho capito perché: la sua scrittura è nitida come una scena cinematografica e il lettore, volente o nolente, deve percorrere le strade da lui indicate.
Può essere pericoloso, per uno scrittore, legare a sé chi legge, potrebbe forse preferire immaginare luoghi e persone di sua sponte, senza essere accompagnato con fermezza da qualcuno, ma Gellida fa del racconto un’arte plastica, costruisce ambienti, crea corpi, impone situazioni come fosse un ipnotista e il lettore si abbandona con estremo piacere al suono della sua voce.
La scena si apre alla stazione ferroviaria di Zafra, provincia di Badajoz, il 17 aprile 1917 alle ore 9,16 e subito diventa un rutilante fuoco d’artificio con inseguimenti, imboscate, fughe rocambolesche, tutto all’ombra della figura mitizzata di una mantide religiosa dal nome (acquisito) di Antonia Monterroso.
Nessuno avrebbe detto che quella era la prima volta che Antonia Monterroso si trovava a Siviglia. Indossava un abito lungo di taffetà color malva, con il corpetto armato di stecche di balena e la vita stretta da una cintura; la sua sagoma era un sinuoso meandro nel quale molti avrebbero voluto navigare. Quel sabato sfoggiava anche un paio di scarpe nuove, stivaletti marroni col tacco basso, ma quello che teneva davvero a sfoggiare era la nuova vita che si stava costruendo, la cui prima pietra era l’assegno al portatore del valore di 8346 pesetas che teneva in borsa.
Questo è il thriller storico più anomalo che mi sia capitato di leggere perché – pur essendo consapevole che è ambientato in Spagna nel primo ventennio del 1900 – mi sono sentita trasportare nel Far West di fine ‘800, per le dinamiche che si sviluppano tra i vari personaggi, e tra loro e l’ambiente rurale circostante. Ed è una sensazione gustosissima.
La miccia che scatena le indagini del tenente della Guardia Civile Martin Gallardo (e uso il termine “scatena” non a caso: l’uomo è tormentato, deciso, impulsivo e testardo come un mulo) è l’incendio doloso che distrugge la tenuta Monterroso. Antonia è sparita e il suo fattore sembra il colpevole perfetto.
Sembra, ma presto Gallardo si renderà conto che le cose sono molto più complesse e che se vorrà venirne a capo dovrà salvaguardare la vita del suo sospetto, che altre anime buone anelano eliminare, senza tralasciare di guardarsi le spalle per evitare di fare la stessa fine.
Il tutto, sotto un sole impietoso di giorno e notti cupamente silenziose.
Fin qui ho parlato di thriller, riferendomi a questo libro, perché così lo ha definito il suo autore, ma è molto di più. Ci sono atmosfere noir, indagini in puro stile giallo e poi tanti morti malmessi, putrefatti, scomparsi in una porcilaia. E allora sì, subentra il thriller e anche parecchio pulp.
C’è davvero tutto nel romanzo di Gellida, e tutto molto ben calibrato, accurato, con una scrittura attenta e spesso ferocemente ironica. Come piace a lui, come inevitabilmente finisce per piacere a noi.
Piccola postilla: non perdetevi la nota finale dell’autore: è un racconto nel racconto, un piccolo dono (prezioso) in più.
TRAMA
Estremadura, 1917. Un incendio devasta la tenuta Monterroso. La proprietaria, la misteriosa Antonia, nota come la Vedova, è scomparsa. Unico testimone, e unico indiziato, il fattore (e amante) della Vedova. A indagare giunge il tenente della Guardia Civile Martín Gallardo, veterano delle guerre a Cuba e nelle Filippine, da cui è tornato portandosi appresso una certa dose di cinismo e la dipendenza dall’oppio. Scoprirà pian piano che la faccenda è ben più grossa di quel che sembra; molti orrori dovranno riemergere prima che venga a galla qualche frammento di verità. E nemmeno lui uscirà indenne dall’incontro con quella donna.
Traduzione: Thais Siciliano
Terra bruciata
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