SIAMO I BOIA DI NOI STESSI. MEGLIO AVERNE COSCIENZA.
di BARBARA MONTEVERDI
Difficilissimo definire questo libro, distopico ma non troppo, noir sociale, trattato politico ma soprattutto sociologico, irridente, sarcastico, amaro, crudele. Bello? Per forza. Scomodo? Eccome.
A Parigi, nell’Anno del Signore non si sa, Marie Gulpin è a capo di un partito dell’ultradestra e, come Guardasigilli, presenta all’Assemblée Nationale un disegno di legge per la reintroduzione della pena di morte in Francia, attraverso l’uso della ghigliottina. Legge approvata. Quando la stessa Marie Gulpin diventa Presidentessa della Repubblica Francese, l’amato figliolo diciottenne partecipa attivamente a un gioco in voga tra la gioventù “bene”, che consiste nello spingere sotto i vagoni della metropolitana il primo disgraziato arabo, africano, o di qualsiasi altra etnia riconoscibile come non locale. Luigi viene arrestato, processato e- sulla base della legge Gulpin – condannato alla decapitazione.
E qui si scatenano i supporter politici della Presidentessa per dimostrare che la vittima della cui morte è accusato il giovane, dopo tutto meritava di morire perché non era una “vittima innocente”, aveva (forse) un passato violento alle spalle. Ergo: Luigi non deve essere giustiziato perché il suo gesto è una sorta di compensazione morale.
Dopo una lunga settimana di sole venne il giorno del giuramento del governo tecnico. Dalla sua mansarda su rue Froidevaux – di fianco il Mac Book e una cartellina con la dicitura “Norme di revisione della legge Gulpin” – Siegfried Hausen contemplava l’arrivo della pioggia e la meritata nomina a Guardasigilli nell’esecutivo (…). Nel DDL Hausen i casi di pena di morte erano ridotti alle sole uccisioni di vittime innocenti e minori di anni quattordici (…). Chiunque – diceva la nuova norma – uccida o torturi vittime giudicate colpevoli da un tribunale parallelo, è punibile con la reclusione fino a dodici anni.
Ma non solo di una politica ipocrita e criminale si parla in questo libro. L’autore va alla radice del male: l’educazione familiare, le storture del perbenismo e di un conservatorismo miope ed egoista, l’assenza morale di genitori in altre faccende affaccendati e di figli confusi, incazzati, eternamente infantili, soli, incapaci di affrontare la vita, le gioie, le responsabilità.
E il male che entra, sottile veleno, nel corpo di tutti, giovani e vecchi, gente senza futuro, con un presente simile a un gioco elettronico privo di spessore.
Marie Gulpin è la fotografia del nostro mondo Occidentale, di una società civile ormai inesistente, mossa come un burattino da fili tenuti da altri burattini. Siamo fragili e inutili, ci dice Marco Mantello. E come ce lo dice!
Qualcosa di molto italiano stava accadendo in un Paese civile come la Francia. Una base pubblica legalizzata di un male privato, una base mafiosa come da noi in Italia, la terra dei mammoni dal cazzo piccolo che massacrano migranti a casa loro e allo stesso tempo fanno la parte dei poveri Nino Manfredi all’estero.
Lettura certamente non pacificatrice, corrode e disturba arrivando alla radice della follia, che divora la nostra società del benessere, che di benessere ha ormai solo il nome. Un libro originale e duro, utile a scuotere le coscienze, ben scritto, ben strutturato, ma difficile da assimilare: la cattiveria va inghiottita a piccoli bocconi e qui di personaggi cattivi ce ne sono…tutti.
TRAMA
Parigi, ottobre di un anno qualsiasi. Marie Gulpin, leader di un partito di ultradestra, è eletta presidente della Repubblica e reintroduce la pena di morte in Francia. Pochi mesi dopo, suo figlio Luigi, diciottenne della Parigi bene, è giudicato colpevole di avere ucciso un uomo, un tunisino, assieme a un gruppo di minorenni. Il gioco lo chiamano poussez le mannequin e consiste nello spingere persone a caso sui binari della metropolitana quando arriva il treno. Luigi è condannato alla ghigliottina da un regolare processo che applica alla lettera la legge che porta il nome di sua madre. Mentre i giorni corrono verso la data fissata per l’esecuzione, nemmeno la presidente francese sa come fermare la macchina della giustizia. Poi, un mattino, la capitale si sveglia tappezzata di manifesti di un misterioso gruppo terroristico che minaccia di attaccare le moschee, di riprendere il poussez le mannequin in tutta la metropolitana parigina e reclama, a grandi lettere gotiche, la liberazione di Luigi Gulpin. Il dibattito pubblico si accende, come la paura. Un nuovo processo, questa volta mediatico, porterà alla luce verità destabilizzanti che rimetteranno in discussione i concetti di innocenza e giustizia. Per chi detiene il potere, per chi è semplice spettatore, per chi uccide e per chi viene ucciso. Romanzo che racconta l’estrema destra e le sue ossessioni attraverso una storia paradossale e paranoica, Marie Gulpin mette in scena le nostre paure e le nostre contraddizioni. Nelle sue pagine fitte e intense, la narrazione si trasforma in un noir ineccepibile in cui le ideologie scandiscono un tempo che non salva nessuno. «Signor Presidente» disse davanti a un’aula stremata da mesi di battaglie e afa, «oggi ho l’onore di chiedere il ripristino della pena di morte in Francia».
Ascolta e guarda l’incipit letto da Barbara:
Marie Gulpin
SIAMO I BOIA DI NOI STESSI. MEGLIO AVERNE COSCIENZA. di BARBARA MONTEVERDI Difficilissimo definire questo libro, distopico ma non troppo, noir sociale, trattato politico ma soprattutto ...