LA FORZA DELLA NARRATIVA NOVECENTESCA
Di notte sognai le formiche. Avevano conquistato il mondo senza mostrare la superbia dei vincitori. Prudenti, avevano aspettato il tramonto dell’uomo. Con pazienza.
La pazienza e il destino come fili conduttori di un romanzo che si legge tutto di un fiato e che nella sua macabricità è quasi divertente senza perdere ritmo e suspense. Un po’ come quelle pellicole di Kenneth Branagh in cui la contaminazione di genere è il guizzo di genio della forma artistica.
Alessandro Buttitta ne L’isola di Caronte, però, fa un ulteriore passo e decide di puntare non solo sul fascino del genere, ma altresì, sui personaggi che, in un caleidoscopio di peculiarità umane e fisiche arricchiscono e definiscono una trama tutto sommato semplice. Sono loro che fanno riflettere e divertire il lettore partendo proprio dal protagonista, Andrea Mangiapane, che nonostante la sua “robusta” istruzione e preparazione per sbarcare il lunario finisce per farsi assumere come becchino in una agenzia di pompe funebri.
Ed eccolo il destino. Perché se visto da fuori questo lavoro per un trentenne qualificato è quanto di peggio si possa immaginare per l’estrema dipartenza di ogni aspirazione, nella vita specifica di Andrea diventa quasi quel percorso esistenziale di cui aveva disperatamente bisogno.
Il giallo in sé ruota sulla misteriosa morte di un giornalista di Ustica che sembra avvolta da segreti e omissioni prettamente indigene. Una morte che incuriosisce e stimola Mangiapane quasi immediatamente. Ma che può fare lui per scoprire cosa c’è sotto dato che è solo un semplice becchino?
Ed ecco allora la pazienza. Una virtù snobbata e dimenticata in un mondo accelerato e distratto dai mille stimoli che circondano gli esseri umani. Ma non in Mangiapane che della pazienza deve fare la sua più grande virtù e attaccarsi alla stessa e alle restrizioni fisiche e tipiche di un’isola per scoprire cose che appartengono prima di tutto a lui.
Tra sogni rivelatori, intuizioni e mormorii il becchino laureato accompagnerà i lettori in una trama definitiva e accattivante dove la semplicità della scrittura di Buttitta ricorda l’essenzialismo narrativo novecentesco di tanti grandi autori della nostra letteratura, ed è un pregio, non una scarsezza. Una lettura piacevole per un romanzo di 152 pagine. L’ideale per chi volesse avvicinarsi al genere o alla lettura in generale.
L'isola di Caronte
LA FORZA DELLA NARRATIVA NOVECENTESCA Di notte sognai le formiche. Avevano conquistato il mondo senza mostrare la superbia dei vincitori. Prudenti, avevano aspettato il tramonto dell’uomo. Con ...