LUSINGATO DI AVER DOPPIATO IL CAPOLAVORO DI MARQUEZ
di ALESSANDRO FERRANTI
Stefano Mondini è uno dei più preparati ed esperti doppiatori che abbiamo in Italia. Voce di grandi personaggi e di attori di fama internazionale ha lavorato per i più grandi e in produzioni internazionali di enorme successo come Cent’anni di solitudine serie Netflix di cui ha curato l’intero doppiaggio italiano. Scrittore di romanzi e appassionato di letture è lui che apre la nuova rubrica de La Bottega del Giallo “Fiction Explorer” e si racconta con ironia e gusto ai lettori del nostro blog.
Benvenuto Stefano e grazie per aver accettato di raccontarci un po’ di te. Come sei arrivato al mondo del doppiaggio, era quello che volevi fare da sempre o è semplicemente capitato?
Ho sempre amato la recitazione che ho sempre collegato alla fantasia e alla creatività. Ho cominciato i miei primi esperimenti recitativi intorno a tredici anni di età, poi con l’avvento delle radio private mi sono trovato catapultato nel mondo della voce. Sono passato attraverso diverse emittenti locali e nel frattempo ho curato la recitazione teatrale. Nel 1984 sono riuscito a entrare nel mondo del doppiaggio che ho sempre amato e da allora non ci siamo più lasciati.
Qual è il personaggio che hai doppiato a cui sei più affezionato?
Dopo quarant’ anni che si fa questo lavoro diventa difficile sceglierne uno in particolare, ma se ne facciamo una questione di frequentazione sicuramente James Pickens junior (il dottor Richard Webber di Grey’s Anatomy) che ho cominciato a doppiare da quando partecipava come attore a “X-Files”. Per l’intensità, scelgo sicuramente Jonathan Banks (di Breaking Bad e Better Call Saul), per il divertimento il Preside Skinner e Barney ne I Simpson.
Puoi ricordarci un episodio divertente accaduto in sala doppiaggio?
Sicuramente il mio imbarazzo dovuto alla sorpresa quando ho fatto un provino, all’inizio della mia carriera, con Giuseppe Rinaldi, non sapendo che era la voce di Paul Newman. Mi sono sentito un cretino e l’assistente al doppiaggio mi ha preso in giro per anni.
I lettori del nostro blog saranno davvero curiosi di sapere del tuo lavoro nella serie Netflix “Cent’anni di solitudine” che emozione è stata? E avevi già letto il grandioso romanzo di Marquez?
Quando hanno scelto me per dirigere il doppiaggio di questo capolavoro ero decisamente lusingato. Anche un po’ preoccupato a causa della risonanza che ha avuto e ancora ha questo splendido capolavoro. Volevo che si restituisse, in italiano, il lavoro splendido che avevano fatto nella realizzazione della versione originale. Avevo già letto il romanzo qualche anno prima, ma l’ho riletto volentieri per prepararmi al meglio per l’edizione italiana. Il risultato, dai riscontri che ho avuto, sembra buono e aspetto la seconda stagione, perché la prima arriva solo fino a metà del romanzo.
Guardando al futuro, a quali progetti ti piacerebbe lavorare?
Ho lavorato a così tanti progetti di qualsiasi genere televisivo e cinematografico che è difficile scegliere, ma il mio genere preferito, per difficoltà e soddisfazione rimane quello della sit-com. Far ridere è più complicato, ma più soddisfacente e quindi, sicuramente guardo con interesse a questo genere.