LA LUPA NERA INCONTRA ANTONIA SCOTT
Nella descrizione del romanzo i vari siti scrivono: “restare vivi non è mai stato tanto difficile”. Ed è vero perché la grossa difficolta per Jurado è mantenere originale e unica la sua protagonista, Antonia Scott, come nel primo romanzo “La regina Rossa”. Ce la farà?
Siamo tutti curiosi di leggere il nuovo capitolo della trilogia, ma siamo soprattutto curiosi di sentire lo scrittore spagnolo raccontare il romanzo a Sandrone Dazieri, che a nostro parere ha molto in comune con la penna iberica:
La trama di questo secondo romanzo è la seguente:
Antonia Scott e Jon Gutiérrez sono ancora alla ricerca di Sandra Fajardo, quando Mentor li convoca per un altro caso al momento più pressante. Si tratta della scomparsa di Lola Moreno, moglie di Yuri Voronin, tesoriere di un clan mafioso che opera nella zona di Malaga. Lola Moreno è svanita nel nulla da quando, in un centro commerciale, qualcuno ha cercato di ucciderla. Nel frattempo, il marito Yuri veniva brutalmente trucidato nella loro villa. Ma Jon e Antonia non sono i soli a cercare Lola. È a questo punto che entra in scena l’ineffabile donna russa che risponde al nome di Čërnaja Volčica: la Lupa Nera, pericolosissima sicaria al soldo dei mafiosi. Dai paesaggi assolati dell’Andalusia, fino agli scenari innevati della sierra, Antonia Scott, sempre alle prese con i suoi demoni, dovrà affrontare una temibile nemica. Nel frattempo, il signor White e Sandra Fajardo non si sono certo dimenticati di lei…
E se tutto questo vi ha conquistato, eccovi un estratto in anteprima del romanzo di Jurado:
Antonia Scott non ha mai dovuto prendere una decisione così difficile.
Per altre persone, il dilemma in questione potrebbe essere piuttosto insignificante.
Non per Antonia. Potremmo dire che la sua mente è in grado di lavorare su diversi piani temporali situati nel futuro, ma la testa di Antonia non è una sfera di cristallo. Potremmo dire che è capace di visualizzare decine di unità di informazioni contemporaneamente, ma la mente di Antonia non funziona come in quei film in cui si vedono sfilze di lettere sulla faccia del protagonista che sta pensando.
La mente di Antonia è piuttosto come una giungla, una giungla piena di scimmie che saltano a tutta velocità da una liana all’altra portando cose. Molte cose e molte scimmie, che si incrociano in aria e si mostrano i denti.
Oggi, le scimmie portano cose spaventose, e Antonia ha paura.
Non è una sensazione alla quale Antonia sia particolarmente abituata. Alla fin fine si è già ritrovata in situazioni del tipo:
– Un inseguimento notturno a grande velocità a bordo di motoscafi nello Stretto di Gibilterra.
– Un tunnel pieno di esplosivi in cui una sequestratrice puntava alla testa di un ostaggio particolarmente prezioso.
– La faccenda di Valencia.
La sua astuzia l’ha salvata il giorno dei motoscafi (ha lasciato che quelli davanti si schiantassero) e la sua conoscenza (di nomi di uccelli in inglese) nel tunnel. Per quanto riguarda Valencia, si ignora come sia uscita viva (soltanto lei) da quella macelleria. Si è sempre rifiutata di parlarne. Ma ne è uscita. E non ha avuto paura.
No, Antonia non ha paura quasi di niente, tranne che di se stessa. Della vita, forse. Il suo passatempo è immaginare per tre minuti al giorno il modo in cui suicidarsi, alla fin fine.
Sono i suoi tre minuti.
Sono sacri.
Sono ciò che la mantiene sana di mente.
È, effettivamente, l’ora. Ma, invece di essere immersa nella pace del suo rituale, Antonia è seduta di fronte a una scacchiera. I pezzi, bianchi e rossi, all’inglese. Un alfiere di Antonia è prossimo allo scacco matto.
I rossi giocano e vincono.
Una decisione semplice.
Non per Antonia.
Perché dall’altra parte della scacchiera c’è Jorge, che la guarda fisso, con gli occhi socchiusi. Attraverso quelle mezzelune verdi si intuiscono tutta l’impudenza e la sfrontatezza concentrate in un metro e dieci.
«Fai la tua mossa, mamma», dice Jorge, dandole una piccola pedata sotto il tavolo di marmo. «Mi sto annoiando».
Sta mentendo. Magari Antonia non saprà che fare, ma riconosce le bugie.
Jorge aspetta, ansioso di scoprire se Antonia muoverà l’alfiere e lo batterà, e quindi fare i capricci perché ha perso. O, al contrario, se Antonia muoverà qualcos’altro, e quindi fare i capricci perché l’ha lasciato vincere.
Dalla paralisi la distoglie un’interruzione. Sul tavolo, il telefono mostra un viso rubicondo. Un pel di carota molto basco. La vibrazione del cellulare scuote i pezzi, furiosi, degli scacchi.
Jon sa che sta con Jorge. La terza visita da quando il giudice ha ritenuto di poterle dare una seconda opportunità, a dispetto dell’opinione del nonno del bambino. È in prova. Jon non chiamerebbe se non fosse importante.
Antonia si scusa con un cenno di impotenza e si alza per rispondere alla telefonata. Voltando le spalle alla frustrazione del figlio e all’assistente sociale che non fa che prendere appunti con una faccia inespressiva in un angolo della stanza.
Nonostante non le piaccia defilarsi con un sotterfugio, Antonia ha già deciso che era un gioco al quale non poteva vincere.
E questo le piace ancora meno.
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