Deborah Brizzi, poliziotta, ora scrittrice di romanzi gialli ha chiacchierato con Antonia del Sambro e ci ha raccontato un po’ di lei, un po’ anche del suo personaggio. Fresca di stampa, la nuova opera di Deborah Brizzi “La stanza chiusa” (ed. Mondadori Electa) è il suo secondo romanzo noir, ecco cosa ci ha raccontato:

Lei entra in Polizia nel 1999 e fa parte anche della squadra volanti della Questura di Milano ma quand’è che capisce di essere anche una scrittrice?

Qualche anno dopo, riflettevo su cosa significava indossare una divisa, riflettevo sull’incomunicabilità che a volte questo genera con i cittadini normali, e ho sentito l’esigenza di condividere questi pensieri. Per farlo avevo bisogno di una storia. Così è nato Ancora Notte.

A suo parere scrivere di gialli in Italia è ancora difficile per le donne o è stato sdoganato anche questo dogma?

A mio parere per le donne in Italia è difficile fare qualsiasi cosa. O meglio, è più difficile rispetto agli uomini. Il percorso è ancora lungo e gli stereotipi resistenti. Da quando hanno pubblicato il mio primo libro mi hanno chiesto almeno in due occasioni se fossi davvero io a scrivere. Ora, non so se è più dovuto al fatto che sia una donna o al mestiere che faccio, ma poco me ne cale, in entrambi i casi si tratta di un preconcetto intriso nella società.

incontrasse Norma Gigli di persona o qualcuna che assomiglia molto al suo personaggio femminile le piacerebbe, ci diventerebbe amica?

Caspita, domanda difficile. Non credo, no. Ci rispetteremmo ma alla debita distanza, siamo due caratteri forti e il peggio è che ci piacerebbero le stesse persone. E questo non è mai un buon inizio.

Ne La stanza chiusa (qui la nostra recensione) quello che colpisce maggiormente il lettore è la Milano che lei narra, quasi un personaggio in più di tutto il romanzo, qualcosa di vivo e palpabile. Quanto la sua esperienza “sul campo” nella città meneghina ha contribuito a rendere così realistiche le sue descrizioni?

Tanta. Devo dire che fare il mio mestiere in una città come Milano, permette di avere un punto di fuga privilegiato nell’osservarla. Al di là di questo Milano è la protagonista di ciò che scrivo perché la amo. È la mia città e ne sono fiera. Sono fiera del suo modo di accogliere, di integrare, di essere esempio, di trasformare. È senza dubbio la città più europea d’Italia, nonostante questo mantiene una tangibilità che metropoli come Londra, secondo me, hanno perso. Non vorrei vivere in nessun altro posto in Italia, anche se mi piacerebbe moltissimo ambientare un romanzo, o parte di un romanzo, a Napoli. La città di mio padre.

Sta già lavorando al prossimo romanzo o si sta semplicemente godendo il successo di questo momento?

Il più grande successo che ho avuto e che mi sto godendo è quello umano. È la soddisfazione aver incontrato persone che credessero nel mio lavoro e scommettessero su di me, dandomi gli strumenti necessari per raggiungere gli altri. Primo tra tutti, permettetemi di fare un ringraziamento, è Stefano Peccatori. Spero che “La Stanza Chiusa” abbia successo quasi più per lui che per me. Lo meriterebbe! Il terzo romanzo l’ho già iniziato ma non sarà un lavoro semplice… Ci saranno Norma e Milano. Sopravvivranno entrambi? Non lo so. Non ho ancora capito dove sto andando…

Grazie a Deborah Brizzi per il tempo dedicatoci, vi ricordiamo il suo ultimo romanzo “La stanza chiusa” e per chi l’avesse già letto vi segnaliamo il precedente “Ancora notte” (ed. Rizzoli).

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