SE I CILIEGI IN FIORE SI MACCHIANO DI SANGUE.
di BARBARA MONTEVERDI
Tanizaki Jun’Ichiro, l’autore di questi racconti, nasce in Giappone nel 1886 e muore nel 1965, così il fatto di aver vissuto a cavallo di due secoli molto differenti tra loro, in cui il ‘900 ha stravolto le vestigia del passato classico nipponico, lo ha portato a scrivere di temi molto differenti tra loro, a volte contrastanti per argomento, atmosfera e significato mantenendo però salda la ricerca estetica, la volontà di superare il reale per osservare ciò che è nascosto e che solo uno sguardo attento può decifrare per risolvere i misteri.
Tanizaki si è guadagnato l’appellativo di “scrittore satanico” perché i suoi personaggi incappano spesso in sadomasochismo e perversioni varie, ma c’è da notare che col passare degli anni e con la maturità dell’autore questi comportamenti si tramutano sempre più da fisici in psicologici.
Così, il primo racconto della serie – STORIA DI TOMODA E MATSUNAGA (1926) – è una sorta di Dr. Jeckyll e Mr. Hyde , ma tutto basato sulla psiche di un uomo che non necessita di inghiottire intrugli chimici per cambiare personalità e aspetto, essendo tutto provocato dal lavorìo paradossale della sua mente.
Di ben altro tono è IL CASO AI BAGNI YANAGI che mescola vero, verosimile, horror e fantastico in una girandola di delitti reali e immaginari da far veramente accapponare la pelle.
Poi, però, si inciampa in IO, una novella breve e imperscrutabile perché la logica orientale cozza rumorosamente contro quella occidentale e si fatica a capire il comportamento del protagonista. Forse il mistero del racconto sta proprio nel decifrare il labirinto mentale dello studente che racconta la propria vicenda, chissà.
Insomma, le sfaccettature sono mille, il linguaggio cambia a seconda dell’argomento e dello status sociale che viene evidenziato, ma resta in comune la grazia del raccontare, la cura estetica, il piacere di osservare la bellezza della natura.
Quando, di tanto in tanto, mi fermavo a tirare il fiato e mi guardavo intorno, vedevo in lontananza una foschia purpurea dolcemente sospesa a bandiera ai piedi della montagna e sentivo gli uccellini cinguettare senza posa nel cielo. Senza accorgermene, fu come se fossi entrato nel “villaggio della pace” dipinto in un quadro. Forse “utopia” è l’idealizzazione di un’emozione così tranquilla e serena. Ad affascinare in particolar modo i miei occhi furono le piantagioni di tè sparse per tutti i pendii. Questi pendii sono colline dalle rotondità dolci e femminili, e i filari di tè che ne ricoprono i fianchi sono davvero un incantesimo alla luce del sole. Sembravano morbido velluto che risplendesse dorato. Dimenticai del tutto il motivo per cui stavo camminando.
Non tutti i racconti del crimine fanno battere il cuore, la suspense spesso è accantonata in favore dell’approfondimento psicologico dei personaggi, della descrizione dei loro sentimenti, ma la lettura è comunque molto interessante perché avvicina il lettore occidentale a una filosofia di vita completamente differente dalla sua.
Altro che manuali Zen: questi racconti ci spiegano un mondo lontanissimo e indicano una strategia di sopravvivenza stoica agli sconvolgimenti dell’esistenza. E non è poco.
TRAMA
Filo conduttore di questa avvincente selezione di racconti del periodo giovanile di Tanizaki è il genere del romanzo poliziesco.
Per la strada (1920) era stato accolto da Edogawa Ranpo il padre del mistery giapponese, come «un’opera che ha fatto epoca nel romanzo poliziesco» e «di cui possiamo andare fieri davanti agli occidentali». L’intenzionalità dell’autore non è solo sperimentare il mo-dello classico del poliziesco o le sue varianti – il delitto, l’indagine, la scoperta del colpevole o la soluzione del caso – ma costruire la trama del romanzo come in un effetto di trompe l’oeil, per ingannare lo sguardo del lettore. Il romanzo deve avere una trama interessante e suscitare l’interesse del pubblico. Il metodo scientifico-deduttivo del «poliziesco logico» offre da un lato la possibilità di sperimentare quella che Tanizaki definisce la «bellezza architettonica» del romanzo, dall’altro di coinvolgere il lettore nella scoperta della verità, sapendo che a essa non si arriva d’un tratto ma gradualmente, grazie a una serie di induzioni e deduzioni che si incatenano.
Traduzione: Luisa Bienati
Ascolta l’incipit di Barbara:
Racconti del crimine
SE I CILIEGI IN FIORE SI MACCHIANO DI SANGUE. di BARBARA MONTEVERDI Tanizaki Jun’Ichiro, l’autore di questi racconti, nasce in Giappone nel 1886 e muore nel 1965, così il fatto di aver vissuto ...