IL PUNTO DI VISTA

di BARBARA GALIMBERTI

Corrado Antani ed Ettore Mascetti, pur conservando le loro individualità, hanno unito le proprie emozioni e l’amore verso le storie, nella scrittura di un indimenticabile romanzo, finalista nel concorso letterario Garfagnana in giallo, che apre le porte a una trilogia molto interessante e coinvolgente.

Durante la lettura di quest’opera si vivono differenti punti di vista e si possono osservare diversi sguardi che si incrociano in una trama ricca di elementi storici e rappresentazioni del passato; ma, già dai primi capitoli, si percepisce la capacità degli autori di aver mantenuto comunque viva la voce del presente.

Il romanzo appare come un corpo unico che si dipana tra i personaggi e gli ambienti descritti. Se da un lato l’indagine tende a collegarsi al mondo della politica, dall’altro lato il romanzo accoglie il lettore in uno dei luoghi in cui le storie sono ancora vive: il manicomio. Ed è proprio qui cha la trama diventa cupa e violenta, trasportando con forza e determinazione il lettore stesso all’interno di uno dei luoghi che tutti conoscono, ma dei quali la logica umana si allontana, quasi per timore di arrivare a comprendere ogni minimo aspetto di quegli oscuri ambienti che hanno tenuto segregate troppe persone.

L’eredità del male è un romanzo che non fa sconti, è capace di soffocare il lettore con i suoi intrecci e le sue dinamiche. È un’opera dura che porta a riflettere sui gravi errori del passato, ma anche a ciò che lo stesso essere umano potrebbe, invece, donare al futuro.

Una scrittura, interessante e consapevole, che permette di vivere l’indagine nei tempi e nei modi giusti, mantenendo un equilibrio tra il colpo di scena e la drammaticità di ogni singolo momento raccontato.

La struttura narrativa si presenta quasi tridimensionale per permettere al lettore di vivere il movimento dei personaggi, forti e ben descritti, e condurre sé stesso in uno spazio nel quale si sviluppano le diverse dinamiche rappresentate da un’intensa trama.

È l’inaspettato, però, che più colpisce la lettura e che porta a immergersi, quasi senza respirare, nella profondità di una storia potente come quella raccontata dai due autori.

TRAMA

Marco Pavan un tempo era un poliziotto. Uno di quelli bravi fino a quando la storia, con la S maiuscola, non si è messa di traverso sulla sua strada sotto forma della scuola Diaz e dei fatti del G8 di Genova. Costretto ad andarsene dal Corpo per avere agito secondo “coscienza” e scaricato dalla moglie, oggi è un investigatore privato senza arte né parte. In una sonnolenta e nebbiosa Rovigo, con l’incarico di vicequestore, viene trasferito il sanguigno e ambizioso Cesare Baldini: la sua non è una promozione, ma l’ultima tappa di una carriera condita da violenze e abusi. La fama di “città nella quale non succede mai niente” viene improvvisamente interrotta dall’assassinio dell’onorevole Balzan, ex parlamentare DC. L’uomo viene ucciso in casa sua in modo efferato, con molti colpi alla schiena inferti da un oggetto non identificato. Baldini, chiamato a indagare, sospetta subito di Okigbo, il vicino di casa nigeriano. Pavan che si interessa al caso per aiutare un’amica della figlia, si convince che il nigeriano non può essere l’assassino, e inizia a indagare scavando nel passato della vittima e, con l’aiuto di un giovane poliziotto e di un’abile informatica, scopre un inaspettato legame con l’ex ospedale psichiatrico delle Granzette da cui, tra mille reticenze e difficoltà legate all’età dei testimoni, emerge un quadro di orrori e crudeltà. Pavan, un tassello per volta, inizia a ricostruire le vicende ma l’epilogo è ancora lontano e, in un susseguirsi di colpi di scena, tutti i protagonisti della vicenda si troveranno ad affrontare situazioni imprevedibili e, potenzialmente, mortali.