QUATTORDICI SPINE PER UN ROMANZO SENZA SPINE
Non è male risolvere l’intricato giallo dei brutali omicidi di un prete molto amato e di due uomini incensurati dall’apparente specchiata moralità in soli quattordici giorni per l’ispettore della Polizia di Stato Luigi Traversa, veneto di Feltre e completamente inviso alle pietanze a base di pesce, in un’Acireale ricca di bellezze e criticità.
Ancor più premiale è siffatta rapidità risolutiva se sullo sfondo delle vicende narrate si manifestano un inspiegabile suicidio e un deplorevole infanticidio.
È l’ipostasi dell’asse di rotazione del bellissimo romanzo di Rosario Russo dal titolo Quattordici spine. La prima indagine dell’ispettore Traversa in Sicilia, ove appunto gli aculei sono i giorni di tali due settimane che man mano scorrono, quasi a cadere da un ispido e ruvido fico d’india, mostrando particolari decisivi per assicurare alla giustizia gli autori e i mandanti di tali efferati crimini.
Accanto al protagonista si muovono altre figure fondamentali nella disarticolazione dei complessi snodi criminali sottesi a quei fatti di sangue, che dunque sarebbe ingeneroso qualificare semplicisticamente alla stregua di mere comparse: la vice-ispettrice Orlando, il commissario Lorefice, il pubblico ministero Scattone, fra gli altri.
La trama, veloce e per nulla scontata, schiude nel suo ritmato incedere vari scenari narrativi ulteriori e paralleli rispetto allo story-telling principale: il passato imperscrutabile dell’ispettore Luigi Traversa, l’ipocrisia di alcuni esponenti politici locali di primo piano, il degrado familiare delle malfamate periferie urbane.
Assai apprezzabili i dotti richiami alle opere di Leonardo Sciascia, il cui capitano Bellodi assomiglia molto al protagonista.
Decisamente realistiche le descrizioni dei luoghi, che permettono al lettore di immergersi completamente nelle atmosfere dei paesaggi tratteggiati.
Così come si rivelano straordinariamente aderenti alla realtà le proiezioni dialogiche dei rapporti tra l’ispettore Traversa e il proprio superiore, prima facie quasi ai limiti dell’insubordinazione ma sostanzialmente assai veridiche.
E, da ultimo, non è arduo intravedere un’implicita critica dell’autore ai luoghi comuni della pseudo-cultura popolare circa la lussuria ai confini dell’impudicizia dei “terroni” e l’ostilità dei “polentoni” verso costoro nonché una delicata censura alla iattura degli errori giudiziari.
Il finale è alquanto scabroso, ma proprio per questo maledettamente avvincente.
Tant’è che il brano musicale ritenuto più congeniale per l’accompagnamento della lettura, idoneo a spezzare i toni fantasticamente grevi del volgere del racconto, è il vivace Do You Feel Like I Feel della pop-star di Trinacria Mario Biondi.
Il cibo più indicato da gustare durante lo sfoglio delle pagine è sicuramente la cartocciata, di cui – sebbene nella sola release alle melanzane – è ghiotto l’ispettore Traversa, da deglutire necessariamente assieme a un buon bicchiere di Rosso Frizzante Milazzo Bio a base Nero d’Avola.
TRAMA
Estate dell’anno 2018, Acireale. Don Mario Spina, canonico della Basilica di San Pietro, viene rinvenuto cadavere nella propria sagrestia, con l’immagine di San Giovanni Nepomuceno in mano. È già un indizio per gli uomini del locale Commissariato della Polizia di Stato? Cercherà di capirlo un valente ispettore, da poco giunto in terra sicula dal suo profondo Nord, sovente incline ai piaceri del tabagismo e dell’alcol, con la sua fidata vice e sotto le direttive del dirigente. L’autopsia sul corpo del malcapitato sacerdote accerta che la morte è avvenuta per dissanguamento conseguente a una violenta colluttazione. Forse si tratta di un furto d’arte a sfondo morboso, come sembrerebbe far pensare la sparizione dell’urna contenente le vestigia del pittore Paolo Vasta, custodita proprio in quella chiesa. Tant’è che i sospetti della Procura della Repubblica si indirizzano verso un noto mecenate della zona, il cavalier Drago, che verrà ingiustamente arrestato e poi scagionato. A complicare il quadro, le ulteriori uccisioni del gestore e di un educatore di un centro di prima accoglienza per immigrati. Apparentemente non collegate al barbaro omicidio del prelato, ma presto palesantisi come del tutto connesse ad esso. Con un colpo di scena finale. Triste, inatteso e scabroso.
Quattordici spine
QUATTORDICI SPINE PER UN ROMANZO SENZA SPINE Non è male risolvere l’intricato giallo dei brutali omicidi di un prete molto amato e di due uomini incensurati dall’apparente specchiata moralità in ...