
LA SOCIETA’. LA CONDANNA. LA VERITA’
di ANTONIA DEL SAMBRO
La giustizia giusta. La verità vera. La condanna adeguata.
Irene è una donna colpevole di omicidio e tutte queste cose le sa perfettamente. La società non perdona e addita e condanna ancora prima della Legge e dei tribunali. Chi ha ucciso deve pagare perché ha, di fatto, un debito con la società. Succede, però, che Irene quel debito lo paga con anni e anni di prigione e neppure gli importa poi così tanto. Suo figlio è morto. È stato ucciso. Per una madre non c’è nulla che abbia più importanza o maggiore importanza.
Irene paga. Irene espia. Irene esce di prigione.
La verità, però, ha mille strade per manifestarsi ancora e mille volti sconosciuti e anonimi per tormentare il vecchio e straziato cuore di una madre.
E c’è una dimensione tutta femminile che nel femmineo trova la Nemesi.
Nemesi è una dea e una donna e come compito supremo ha quello di riequilibrare l’Ordine disturbato del Mondo.
Irene ha contribuito a questo o ne è stata semplicemente vittima?
Nemesi allora chiama Verità, che è femmina anche essa e che ha il bruttissimo vizio di ritornare sempre a galla anche se la si vuole seppellire, annullare, mistificare.
Tre femmine. Tre battaglie personali.
Un solo finale concesso.
Maria Masella parte da lontano, dal contenitore sociale che accoglie e fa muovere la protagonista. C’è quello familiare e ristretto di un marito infedele, una amante antagonista, una coinquilina singolare e un figlio che non c’è più ma è come se non se ne fosse mai andato. Personaggi secondari ma che costituiscono l’humus più profondo di questo noir perché come in una commedia dell’arte tragica e contemporanea, ognuno di loro ha un pezzetto di storia da aggiungere a quella di Irene; un pezzetto di colpa, un pezzetto di sostegno, un pezzetto di esistenza.
Accanto a questo c’è il contenitore sociale allargato dove le comparse sgomitano e si impongono per essere coprotagoniste: c’è la vittima di Irene, a sua volta accusato di essere l’assassino di suo figlio, la cui colpevolezza o innocenza finiscono per diventare solo un pretesto affinché tutti gli altri abbiamo un ruolo da svolgere. C’è la Marras, il vice questore a cui l’autrice affida quasi il ruolo di ex machina, e c’è la “gente”, quella che sussurra, che condanna a prescindere, che giudica senza sapere nulla oppure sapendo tutto e che ricatta, minaccia e scrive lettere anonime.
Irene l’assassina è l’evoluzione del noir e Salani come sempre ne è avanguardia.
TRAMA
Irene ha ucciso, forse. Ne è convinto il tribunale che l’ha condannata a quindici anni di detenzione, ne era convinta l’opinione pubblica anche prima che la sentenza venisse pronunciata, e persino lei si ritiene colpevole benché la sua memoria di quel giorno sia molto sfocata. Del resto Irene aveva il migliore dei moventi, dato che la ‘vittima’, se così si può chiamare, era l’assassino di Giulio, suo figlio. Caso chiuso. Ora, scontata l’intera pena, la donna è di nuovo libera e può provare a ricostruirsi una vita nella sua città, Genova. Vorrebbe cancellare tutto, a partire da Stefano, l’ormai ex marito, ma una serie di lettere anonime le ricorda ogni giorno ciò che ha fatto. Se la prima è una crudele provocazione, le successive sembrano opera di qualcuno in possesso di informazioni che potrebbero riscrivere il passato e raccontare tutta un’altra storia. Ma come può fidarsi? Se questa persona sa davvero qualcosa, perché non esce allo scoperto? E siamo sicuri che di fronte alla verità sia sempre un bene tenere gli occhi aperti?
Irene l'assassina
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