Il falco

Il falco

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Published: 07/06/2018

Format: Brossura

ISBN: 9788854516687

VI SPIEGO PERCHE’ E’ UN NOIR

Molti lettori si chiederanno cosa c’entra la recensione di un romanzo western in un posto come La Bottega del giallo. La domanda non sarebbe impertinente, anzi, indurrebbe a una riflessione su temi così nebulosi e complicati come quelli del genere e della forma letteraria. Si finirebbe, inevitabilmente, col chiedersi: cos’è un giallo, cos’è un noir?

A questo tema, qui in Spagna, domenica 21 febbraio hanno dedicato una trasmissione radiofonica sulla radio pubblica (succedono questi miracoli a sud dei Pirenei). L’idea di noir che è emersa dalla trasmissione è quella di un genere inclusivo, con delle regole, sì, ma non ingabbiato in un codice rigido, come indurrebbe a pensare un determinato tipo di narrazione gialla, quella che potremmo riassumere con la parola cluedo. La componente dell’intrattenimento, spesso usata dai detrattori del genere, sarebbe importante, ma non fondamentale. E qui viene in mente Sciascia, che a un certo punto capì che quei romanzi che divorava sui treni, e che per questo chiamava con certa sufficienza ferroviari, avevano un potenziale enorme in termini di critica pervicace nei confronti del mondo reale.

Quindi, il maestro di Racalmuto scrisse Il giorno della civetta, a mio parere il più importante libro sulla mafia che sia mai stato pubblicato. Il punto è che la finzione narrativa nel noir prende la realtà e la distorce, deforma e restituisce al lettore sotto una forma differente. Esattamente come fece Picasso con Guernica, Goya con le sue incisioni (e se il noir non fosse solo letteratura e cinema?) o come facevano i romanzieri realisti del XIX secolo, nei confronti dei quali il noir ha un debito incalcolabile. Si pensi a I miserabili, che è la storia di un latitante ingiustamente ricercato che cerca il suo riscatto morale e sociale in una Parigi sconvolta dai moti popolari della prima metà dell’Ottocento. Oppure, si guardi a Dickens e Wilkie Collins, che rispettivamente con Casa Desolata e La dama in bianco, hanno fatto noir prima del noir. L’elenco sarebbe lungo, perché i confini di quello che oggi consideriamo crime fiction diventano un qualcosa di evanescente, e uno scrittore come John Le Carré è considerato un Dickens del XX secolo nel Regno Unito.

Quindi, tutto è noir, verrebbe da chiedersi. La risposta è chiaramente un no. Tuttavia, sì che il noir si è piano piano appropriato di uno spazio che cinquanta, cento anni fa non gli apparteneva. L’indagine è diventata sempre più pretestuosa (si veda Terra alta, l’ultimo romanzo di Javier Cercas), perdendo di centralità o scomparendo del tutto in alcuni casi (sono un esempio i romanzi di Hervé Le Corre). La figura dell’investigatore ha lasciato spazio a quella del criminale, oppure ha vestito i panni di forme di detective non convenzionali che indagano innanzitutto su loro stessi (si veda Franco Zanna, di Pasquale Ruju). 

Quale è, allora, l’elemento centrale del noir? Quale è la pietra angolare che ci può far dire che quello che abbiamo tra le mani è un noir, magari declinato in chiave storica, poliziesca, western, realista, ecc.? La risposta richiederebbe una documentazione approfondita e fiumi d’inchiostro e sarebbe impossibile da racchiudere nello spazio di un articolo della natura del presente. Tuttavia, in questo panorama, un romanzo come Il falco (Neri Pozza, 2018), di Hernán Diaz, finalista del Faulkner Prize, e comparato al miglior Cormac Mcarthy, trova una casa tra le colonne della Bottega. Hakan, alias il Falco, è solo un ragazzino quando, a metà Ottocento, lascia il suo villaggio in Svezia per cercare fortuna in America. Parte con suo fratello, Linus, ma i due si perdono di vista in Inghilterra, sulle banchine del porto di Portsmouth. Hakan salpa comunque con una nave che non era diretta a New York, com’era nei piani, ma a San Francisco. Se ne rende conto solo quando il transatlantico fa scalo a Buenos Aires. Una volta in California, Hakan decide di attraversare l’intero continente americano e arrivare a New York, dov’è sicuro ritroverà il fratello Linus.

Intraprende, così, un viaggio senza fine da Ovest a Est, in direzione ostinata e contraria ai flussi migratori dell’epoca. Siamo in piena febbre dell’oro e migliaia di famiglie provavano a raggiunger il far west per ritagliarsi la loro porzione di felicità. Il viaggio si trasforma ben presto in una categoria vitale per Hakan: passano le settimane, i mesi e gli anni, ma il protagonista non arriva mai a destinazione. Anzi, sembra girare intorno, intrappolato in un loop spazio temporale in cui l’immenso paesaggio dell’America profonda, tra deserti e praterie, diventa un inquietante alto mare senza possibilità di attracco.

La meta, che inizialmente era l’Est dove l’aspetterebbe suo fratello, per Hakan inizia a mutare con il succedersi degli eventi. Il viaggio diviene anche una fuga: da chi vuole la sua testa, dalla leggenda che si è creata intorno alla sua figura e, infine, da se stesso e da quel senso di colpa che lo affligge dopo aver ucciso diversi uomini che stavano aggredendo e massacrando una caravana di migranti. 

Durante il suo infinito viaggio, Hakan incontrerà una serie di personaggi che rappresentano un campionario di umanità varia fatta di illuminati scienziati darwiniani ante Darwin, banditi e delinquenti, un cowboy omosessuale che gli eviterà la forca e sarà l’unico vero affetto che il protagonista incontrerà dopo suo fratello. È nel senso di colpa di Hakan, che è direttamente proporzionale alla leggenda che lo rende famoso in tutta l’Unione, che Il falco si erige come una splendida narrazione noir di ambientazione western.

Hernán Díaz riscrive i canoni di due generi, riportando il lettore in quell’America profonda e lawless popolata da avventurieri, briganti, sceriffi sanguinari e il sogno dell’essere umano di poter trovare la propria felicità. Una narrazione magistrale, in cui il protagonista parla pochissimo e il ritmo è interamente scandito dal viaggio.

La carenza di dialoghi e le descrizioni mai eccessivamente didascaliche, restituiscono la vastità del paesaggio che circonda Hakan e la profondità del suo senso di colpa. Il silenzio è la vera cifra di un romanzo che è a tutti gli effetti inclassificabile e proietta Hernán Díaz nell’Olimpo dei grandi narratori d’oltre oceano.

Le sue origini ispaniche (argentine), poi, concorrono a ridisegnare la cartografia della letteratura angloamericana che ormai da decenni si nutre del punto di vista di scrittori migranti, di prima, seconda o terza generazione provenienti dall’America Latina (si pensi alla chicano literature o alla border literature che raccontano le zone di frontiera tra Stati Uniti e Messico).

Un punto di vista che arricchisce e sdogana il modo di raccontare un Paese, un territorio e una realtà, proponendo una narrazione alternativa a quella ormai omologata dei poteri dominanti. Ecco che Il falco assolve, quindi, a quella che è la missione della migliore letteratura, della quale ormai il noir fa parte con merito, di mostrarci la realtà da un punto di vista originale e, in questo modo, svelarci tutti gli inganni che in essa si celano.

Traduzione: Adua Arduini

5.0Overall Score

Il falco

VI SPIEGO PERCHE' E' UN NOIR Molti lettori si chiederanno cosa c'entra la recensione di un romanzo western in un posto come La Bottega del giallo. La domanda non sarebbe impertinente, anzi, ...

  • Trama
    5.0
  • Suspense
    5.0
  • Scrittura
    5.0

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