UNA GITA PERICOLOSA TRA LE LUCI DEL LAGO MAGGIORE

Si rimane piacevolmente sorpresi leggendo questo giallo che ci fa viaggiare nel tempo e nello spazio, tra le bellezze di Parigi e quelle del Lago Maggiore.

La storia prende avvio nel 1494 con la sparizione di alcuni disegni preparatori di un’opera di Leonardo da Vinci e prosegue ai giorni nostri con la ricerca spasmodica degli stessi disegni da parte di enti museali ed esperti d’arte disposti a tutto, ma proprio a tutto, pur di accaparrarsi i reperti tornati miracolosamente tra noi.

Sbirciò l’ora al telefono. Erano le otto e quaranta e l’uomo che doveva incontrare non si era ancora fatto vivo. Peccato non le avesse indicato qualche segnale di riconoscimento, tipo un fiore sulla giacca o qualcosa del genere come nei film. Sarebbe stato tutto più semplice. Ogni cliente che accedeva alla sala doveva sottostare a un attento esame da parte sua, dalla testa ai piedi. Sempre più nervosa, rimanere ferma sulla sedia la metteva a disagio e più il tempo passava più stava perdendo il controllo di se stessa. Ancora un minuto e trovo una scusa per tornarmene in camera, che se ne vadano all’inferno, lui e il suo socio, disse tra sé spazientita. Non ce ne fu bisogno, perché alle otto e quarantacinque in punto la figura di Fred Torrisi si materializzò dentro la sala.

Alberto Pizzi ci racconta la sua storia con una scrittura leggera e molta voglia di divertirsi e di stupirci. E ci riesce perfettamente: colpi di scena, sparatorie, cadaveri e inseguimenti si affacciamo sin dalle prime pagine, incuriosendoci e deliziandoci con belle descrizioni lacustri picchiettate qua e là da pozze di sangue. Proprio quel che ci vuole per tenere desta l’attenzione del lettore che non sa mai cosa accadrà alla pagina successiva.

E accade davvero parecchio, sia in Francia, tra le pareti di un elegante museo, che in Italia dove il maresciallo Calarco investiga caparbiamente per scoprire chi sia il killer che ha insanguinato le sponde del Lago Maggiore e a chi fosse destinata la montagna di denaro trovata nell’auto di un cittadino francese – incauto vacanziere lacustre.

Il racconto si snoda privo di intoppi e i personaggi sono sbozzati alla Vitali, senza grandi approfondimenti, con uno sguardo ironico e affettuoso; mi sono fatta l’idea che l’autore sia una persona garbata, che ama raccontare ma non inorridire, stupire senza calcare la mano e accompagnare il lettore verso la conclusione strappandogli un sorriso.

Chiudiamo il libro e, nonostante i delitti, ci viene voglia di fare una scappata a Stresa. Perché no?

Ascoltate l’incipit letto da Barbara Monteverdi: