IL SEME DELLA FOLLIA

di BARBARA MONTEVERDI

La letteratura orientale, di qualsiasi genere, porta con sé un mondo sconosciuto a noi europei e può creare un certo disorientamento. Ancor più se si tratta di un thriller psicologico con qualche piega pulp tra le righe, come in questo caso, dove la confusione mentale è data dallo scarto tra la scrittura – a tratti quasi didattica – e la sostanza del racconto spesso molto aggressiva.

Kawashima aveva deciso che avrebbe acquistato il coltello e il punteruolo da ghiaccio in due diversi supermercati di periferia, preferibilmente il sabato pomeriggio o la domenica, quando ci sarebbe stata più folla. Un ulteriore dettaglio: prima di mettere in atto il piano sarebbe stato opportuno acquisire un minimo di dimestichezza rivolgendosi a un locale SM e facendosi mandare una ragazza? Non aveva mai avuto esperienze del genere e sarebbe stato meglio non farsi trovare impreparato.

Kawashima è un giovane uomo con un passato di violenze subite in famiglia e un presente fatto di instabilità psichica, acuitasi dopo la nascita dell’amata figlioletta. Nel timore di essere spinto a farle del male, decide di contrastare questa tentazione uccidendo una sconosciuta e qui, senza voler indagare troppo sull’arzigogolo mentale dalla logica zoppicante, ci si perde in pagine di descrizioni organizzative del delitto. Che capiamo dovrà essere “a rilascio lento” per dare al buon Kawashima tutto il tempo di godersi lo spettacolo, ma il problema è che la tranquilla pianificazione è così particolareggiata da diventare soporifera come la lista della spesa stilata da un ragioniere.

E poi entra in scena Chiaki, che essendo una prostituta con aspirazioni suicide, dovrebbe avere preoccupazioni legate alla sua esistenza, invece è molto concentrata su un eventuale calo della libido che, solitamente, fa da apripista a un periodo cupo. Ovviamente, i due si incontrano, ma fin qui il lettore non ha avuto una reale percezione della suspense, né tanto meno di empatia col vuoto cosmico che permea le vite dei protagonisti senza, però, coinvolgere emotivamente chi li osserva.

Qualcosa, parecchio, cambia nella seconda metà del romanzo, dove la violenza e la suspense si intrecciano strettamente dando il via a scene di aggressività fisica e psicologica molto esplicite e disturbanti. Anche perché si fatica a comprendere le reazioni di questi esseri umani che agiscono come se la loro percezione del futuro si spinga ai cinque minuti successivi, non di più.

Ma, come diceva il saggio, tutto cambia per restare uguale e la fine lascia il lettore piuttosto perplesso per una conclusione estremamente aperta. Che dire? Un thriller non facile che ricorda le docce scozzesi: freddo freddo/caldo caldo.

Alla fine ci si ritrova senza fiato.

TRAMA

Kawashima Masayuki, graphic designer ventinovenne di successo, è felicemente sposato con la coetanea Y?ko e vive insieme a lei e alla figlia neonata in un elegante appartamento di Tokyo. Tutt’a un tratto il quadretto familiare viene incrinato da un male oscuro che riemerge dal passato e spinge il protagonista verso gli abissi della follia: Kawashima è ossessionato dal macabro desiderio di trafiggere con un punteruolo da ghiaccio la pelle candida e soffice della bambina appena nata. Sconvolto, si allontana da casa per alcuni giorni e, incitato da una misteriosa voce interiore, elabora un piano criminale con l’intento di dare sfogo al suo istinto omicida proiettandolo su una giovane prostituta. È solo il principio di una fosca vicenda ambientata in una torbida e glaciale Tokyo notturna, negli ambienti del sesso estremo, in cui Kawashima precipiterà insieme a Chiaki, una ragazza fuori dalla norma che lavora in un locale sadomaso.

Traduzione: Gianluca Coci

Ascolta l’incipit letto da Barbara: