FERRAGOSTO DI SANGUE ALL’EUR
Con scrittura limpida ed un linguaggio privo di asperità, Mauro Valentini ci racconta di vite che hanno mancato il riscatto, del peso psicologico che grava su chi è cresciuto ai margini della società e non riesce mai a spiccare il volo.
Tyson aveva vacillato. Ma aveva capito bene? Cinquantamila euro per quattro mesi di lavoro, che consisteva nello spingere un pulsantino del telecomando dell’irrigatore e guardare che nessuno entrasse in villa? (…) Cinquantamila euro…-Ma l’altro quindi lo devo trovare io?- -Sì e anche di corsa, perché dopodomani il Commendatore ti aspetta in villa. Trova una persona educata e fidata soprattutto. Il Peroni mi ha dato un incarico delicato perché quello che c’è dentro la villa non lo immagini neanche.-
Roma. Due spiantati quasi-amici si ritrovano, per uno di quei casi che la vita si diverte a tirar fuori dal cilindro, a fare da guardiani in una villa temporaneamente disabitata. Lavoro molto ben retribuito, ma evidentemente al di sopra delle loro possibilità. Nonostante i sistemi di sicurezza all’avanguardia, basta una leggerezza per scatenare l’inferno in villa e nelle loro esistenze.
Quando Fausto Colasanti, soprannominato Tyson per la sua propensione a prendere a pugni il prossimo, entra nella lussuosa magione del Paperon de’ Paperoni di turno rimane colpito dal lusso e dalle sofisticate tecniche di difesa di tanto sfarzo. La punta di diamante è una gabbia di cemento che si chiude inesorabile dietro le spalle del primo incauto scassinatore, ma è sottinteso che i guardiani hanno il compito di evitare ogni tentativo di intrusione, vanificando le difese estreme stile 007 installate in villa. Cosa che verrà puntualmente disattesa.
La storia, ambientata in un’afosa estate all’EUR, è piuttosto claustrofobica e richiama alla mente, inevitabilmente, le “prodezze” del Canaro della Magliana facendo scorrere qualche brivido di repulsione nel lettore più informato che si aspetta sviluppi splatter.
In realtà, man mano che si prosegue nella lettura, il racconto prende una piega più simile ai “Soliti ignoti” che a un film di Tarantino e forse un tono decisamente più ironico avrebbe giovato; verso la fine, però, la storia vira al dramma torbido e disperato e spiazza il lettore.
Siamo di fronte a un libro grottesco, in cui si aggira umanità varia, spesso border line, fatta di persone che non sanno che strada prendere e la sbagliano sistematicamente trovandosi tutte intruppate in un caos di circostanze negative. Il difetto del racconto è che manca una personalità definita e se si sogghigna pensando “ma tu guarda che razza di cretini imbranati!”, poco dopo ci si ritrova ad osservare una pozza di sangue che sgorga come una fontanella da qualche ferita e, magari, a provar pena per il decerebrato che due pagine prima avevamo svillaneggiato.
Resta comunque un giallo di gradevole lettura, scattante come le moto dei giovani figli di papà che fanno da corona (e non solo…) alla vicenda.
TRAMA
Fausto Colasanti è un cinquantenne che sopravvive facendo piccoli lavori saltuari. È da tutti chiamato Tyson oltre che per l’aspetto, per la sua atavica incapacità a controllare la rabbia. Un compagno d’infanzia, oggi famoso chef, lo segnala per un lavoro al Commendatore Peroni, manager nel campo dell’edilizia. Egli dovrà però trovare un aiutante e per non perdere quella che sembra un’ottima e ultima occasione lavorativa, Tyson proporrà il suo amico Alcide Pennello. Tyson e Alcide saranno i custodi della villa del costruttore per 24 ore al giorno, completamente immersa nel verde del quartiere romano dell’Eur. L’edificio è dotato di un originale sistema anti intrusione: una gabbia blindata che imprigiona i ladri permettendo ai custodi di avvertire la Polizia. Ma la durezza di Tyson e l’avventatezza di Pennello, insieme a un crescendo di azioni grottesche e imprevedibili da parte dei tanti altri protagonisti che ruotano attorno alla villa, scateneranno una serie di eventi sorprendenti e carichi di azioni avvincenti.
Lo chiamavano Tyson
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