UNA FREDDA STRADA VERSO L’INFERNO
Scrittura secca e senza fronzoli, ma piena di ritmo e di sostanza. Fin dalle prime righe si capisce che qui c’è una storia, anzi tante storie unite in un’unica cicatrice, quella di un dopoguerra che ha in sé ancora miseria sociale e umana.
Il racconto inizia il 18 Aprile 1956 a Bolzano, ma passa rapidamente a Bologna sei anni dopo, per poi tornare in Alto Adige (Sud Tirolo per moltissimi, all’epoca). Molto, direi tutto quel che viene narrato mi è familiare per questioni anagrafiche (la banda Casaroli, i tralicci dell’alta tensione fatti saltare in aria), eppure vederlo messo bianco su nero con piglio autorevole e una seria ricerca storico-sociologica me lo rende nuovo, avvincente e decisamente interessante.
Lo sarà sicuramente per la stragrande maggioranza di chi mi legge, molto più giovane e totalmente ignara del clima politicamente teso e dell’intima povertà di spirito che regnava in Italia negli anni successivi alla fine della Seconda Guerra Mondiale.
Quando aveva constatato il furto? Aveva notato la mancanza degli attrezzi la mattina precedente, compiuta una ricerca intorno e chiesto in giro. In cosa consistevano i beni rubati? Una vanga, una zappa e una carriola. Non si erano accorti di niente neppure Herr Gamper, Herr Katz, Herr Weireither e le loro mogli, gli abitanti delle case più prossime alla sua. Sarebbe stato persino oltraggioso nutrire sospetti sui suoi vicini, persone per bene. “E secondo lei chi può essere stato?” le domandano. Non lo sa, ma rivolge uno sguardo circolare che abbraccia Capitani, Salomone e anche Bosco: le si legge in faccia come pensi che gli autori della ruberia siano i poco amati italiani.
Stupisce positivamente il linguaggio uniforme e senza sbavature di un romanzo scritto a quattro mani, indice di un lavoro attento anche dal punto di vista tecnico; pure la trama non deve essere stata semplicissima da montare, attraversando ambienti così diversi come la sorniona Emilia e il ruvido, respingente Tirolo: persone, mentalità e metodologie di lavoro completamente differenti che mettono a dura prova la pazienza e il senso del dovere della squadra del maresciallo Bosco (di origini campane, tra l’altro) che rivedremmo volentieri in un prossimo racconto. Magari soddisfatto davanti ad una fetta di pastiera napoletana ed un caffè fatto come Dio comanda.
TRAMA
Che succede nella grassa e gaudente Bologna negli anni della Dolce Vita? La squadra mobile della questura di Bologna s’imbatte in un omicidio tra profughi istriani (foibe rosse o nere?) poi in una vera sparatoria sul set del film “La banda Casaroli”. In autunno, è spedita in Alto Adige a dare la caccia ai terroristi altoatesini del BAS. S’imbattono in mentalità lontane, eppure i delitti e i moventi appaiono figli di una disgraziata umanità, di un’identità duplice e sfuggente. Mentre esplodono bombe, una ragazza scomparsa è ritrovata sfracellata in un dirupo, un cadavere viene dissotterrato da un cane, un altro galleggia sul fiume Passirio. La neve di Natale sarà macchiata di sangue.
Clicca qui sotto per ascoltare l’incipit letto da Barbara:
La strada dei sogni infranti
UNA FREDDA STRADA VERSO L'INFERNO Scrittura secca e senza fronzoli, ma piena di ritmo e di sostanza. Fin dalle prime righe si capisce che qui c'è una storia, anzi tante storie unite in un'unica ...