GLI ANNI ’50 A CHINATOWN, UN ALTRO VOLTO DI MILANO
Con questo romanzo Dario Crapanzano fa un’operazione letteraria che quasi nessuno dei suoi lettori si aspettava. C’è sempre la Milano degli anni Cinquanta con quella atmosfera un po’ retrò ancora legata al suo passato più recente ma già proiettata al futuro più prossimo percepibile già in tante piccole cose, ma questa volta c’è anche la città dei cinesi. O meglio il loro quartiere milanese, dove da decenni si sono stabiliti e nel quale vivono spalla contro spalla con i loro vicini di casa italiani, in un primo riuscitissimo esperimento sociale di cui quasi tutti al giorno d’oggi si sono dimenticati. È questo l’esperimento letterario di Crapanzano in questo suo ultimo giallo meneghino, parlare ancora una volta della Milano che non c’è più ma da un punto di vista talmente antico e socioculturale da risultare modernissimo e quasi un manuale di memoria storica da tramandare soprattutto ai più giovani.
Una contessa a Chinatown certo è anche un giallo e come tale ha un mistero che deve essere risolto e mille intrighi da scoperchiare ma questa è solo l’impalcatura per la narrazione di genere, quello che affascina e sorprende nell’ultimo lavoro di Dario è che ancora una volta che il racconto e la scrittura diventano una esperienza, un percorso, un apprendimento.
Meravigliosi i paragrafi nei quali l’autore narra la storia dell’insediamento della comunità cinese a Milano, delle strade che vengono “occupate” e poi vissute pienamente da tutti loro, della convivenza particolare ma serena con i milanesi dello stesso quartiere. Ed è finalmente un bene per la nostra letteratura e per la cerchia dei giallisti milanesi che da tempo, purtroppo, si sono lasciati andare a scrivere della Chinatown meneghina in maniera troppo banale, scontata, didascalica, a volte persino accusatoria. Perdendosi il fascino che una cultura millenaria ancora conserva accanto a molte pecche o mancanze che la comunità cinese perpetra né più né meno di tante altre comunità, in ogni città del mondo.
Bravo Dario, anzi, bravissimo perché dimostra ancora una volta che un certo garbo letterario, unito a esperienza e doti personali può dare vita a gialli originali e appassionanti, leggeri e coinvolgenti.
Ne Una contessa a Chinatown torna anche il personaggio della bellissima Margherita Grande, detta Rita. Una sorta di alter ego del commissario Arrigoni, ma con lo stesso incredibile intuito e con un fiuto da vera investigatrice provetta. Rita lavora in una splendida casa di appuntamenti gestita da tempo in maniera discreta ma assolutamente efficiente da la contessa Giulia Vergani, che negli anni è passata a essere la sua mentore ma anche una sorta di familiare acquisito.
Un giorno la contessa convoca Rita e le spiega che deve sottoporsi a un intervento nei prossimi giorni e anche se non si tratta di nulla di grave vuole lo stesso affidargli la sua impresa e i documenti più importanti e lasciarle gestire il tutto per il tempo che sarà necessario. Non solo, confida alla bella e giovane sua “impiegata” che in realtà lei non solo non è nata affatto contessa, cosa risaputa, ma è anche cresciuta in un quartiere popolare come quello di via Sarpi, ovvero la Chinatown di Milano. Qui, per ragioni di cuore e di affetto ha ricomprato quella che era stata la sua casa di infanzia e qui va a rifugiarsi tutte le volte che desidera avere pace, tranquillità e solitudine. Passa qualche giorno e mentre Rita sta cercando di capire come reggere l’attività della casa di appuntamenti arriva la notizia che la contessa Vergani è stata ritrovata morta proprio nella sua casa di via Sarpi, probabilmente suicida. Alla ragazza questa cosa non torna affatto e dopo avere scoperto che la contessa l’ha anche nominata sua unica erede sente che deve indagare assolutamente e scoprire il vero mistero che c’è dietro la sua morte.
Editore: SEM
Anno: 2019