Il mistero dei tre quarti. Un nuovo caso per Hercule Poirot

Il mistero dei tre quarti. Un nuovo caso per Hercule Poirot

IL VERO MISTERO E’ LA PRESENZA DI AGATHA CHRISTIE

Il mistero dei tre quarti è dichiaratamente un giallo alla Christie – l’autrice, Sophie Hannah, ne ha scritti diversi, ponendosi come una sorta di emula contemporanea della regina del giallo – che per molti aspetti potrebbe esser stato scritto proprio dalla Christie.

Della grande Agatha c’è anzitutto l’atmosfera, sostenuta da uno stile che la Hannah padroneggia con perizia, determinando nel lettore una specie di illusione ottica cui i tanti piccoli dettagli squisitamente agathiani contribuiscono in modo determinante, senza sforzo.

E la trama è, naturalmente, all’altezza: mettendo in scena un enigma all’apparenza irrisolvibile in quanto affatto gratuito, con quelle quattro persone accusate da altrettante lettere – falsamente firmate Hercule Poirot, nientemeno – d’aver causato la morte d’un anziano signore che tuttavia per parenti e amici è morto di morte naturale (e nessuno s’è mai sognato di dire il contrario, finché…).

Ci sono, dunque, tutti gli ingredienti giusti in questo Mistero, confezionato dalla Hannah con la stessa cura con cui le grasse cuoche di famiglia mettono in forno quei magnifici dolci dalla glassa setosa che tanto piacciono al piccolo investigatore nato dalla penna della Christie.

Ci sono i baffi impomatati e, appunto, le torte, a scacchi gialli e rosa come quelli delle finestre (che si chiamano, proprio, Vetrata di chiesa); ci sono gli appuntamenti nei caffè “dal gradevole profumo di cannella e limone”, le cene alla Law Society e le feste natalizie per i ragazzi del Turville College e i loro parenti – cui qualcuno deciderà, all’ultimo momento, di non partecipare…

E ancora le grandi dimore di famiglia, con i nonni bisbetici che non amano il chiasso e le nipoti che si chiudono nelle proprie stanze per poter chiacchierare liberamente (e non sentono, quindi, niente di quello che succede al di fuori nel frattempo – o così, almeno, dicono…), le dame molto nervose dagli irrequieti occhi grigiazzurri, le segretarie cerimoniose, gli eterni contrasti tra padri e figli e quelli, meno clamorosi ma più sottilmente crudeli, tra madri e figlie…

Molto presente è appunto il motif delle famiglie, disfunzionali quanto basta a renderle interessanti, e delle case di famiglia che nella loro spoglia, scomoda eccentricità recano traccia palpabile dell’infelicità di chi si ostina ad abitarle

La camera che mi era stata assegnata era enorme, austera, poco accogliente e fredda. Il letto aveva il materasso e il cuscino bitorzoluti: una combinazione avvilente… Questa casa è un ghiacciaio con le pareti e il tetto.

E poi i giovanottoni ingenui che sembrano appena usciti da una saletta del Circolo Pickwick, le belle ragazze intraprendenti – anche se un po’ troppo autoritarie – che tanto piacevano a madame Agatha, il fuoco acceso nel caminetto e i salottini “eccessivamente decorati e dagli arredi inquietanti”; e ancora le lettere mangiucchiate dalle macchine da scrivere difettose, i maggiordomi impassibili e i vecchi signori suscettibili…

Tutto l’armamentario, insomma, dei meravigliosi romanzi della regina del giallo, servito in salsa adeguatamente retrò fin nello stile, come già accennato, e proprio per questo ancor più fascinoso.

C’è qualche piccola ingenuità qua e là, sì: ad esempio, quando si parla di alibi e della loro più o meno perfetta tenuta, e si ricorda la circostanza che in diversi, coinvolti nel caso, abbiano riferito d’esser stati a una festa più o meno nelle stesse ore in cui la vittima tirava l’ultimo respiro, per cause naturali o meno resta da vedersi.

Ecco, in questo caso appare forse poco credibile che un genio dell’investigazione del calibro di Hercule Poirot non colga quello che un po’ tutti i lettori è presumibile gli griderebbero in coro, se potessero – e cioè che  è estremamente facile scomparire per un lasso di tempo non troppo lungo da un’affollata festa natalizia e poi tornare senza che nessuno, nella gran confusione, si avveda o tenga conto dell’assenza – e debba aspettare l’imbeccata dell’anziano genitore d’uno dei quattro protagonisti del caso per rendersene conto (“Je suis imbécile”, commenta infatti tra sé il piccolo belga).

Ma si tratta soltanto d’una piccola svista, assolutamente perdonabile in un contesto quanto mai ben fatto e perciò quanto mai gradevole, con qualche tocco di Wodehouse qua e là a rendere ancor più christianamente godibile il tutto: Dossena, mi sembra, nelle sue splendide introduzioni ai capolavori di madame Agatha, diceva che il mondo della Christie è in fondo il mondo di Wodehouse, un mondo di Wodehouse insidiato dal serpente ma non per questo meno ineffabile.

E c’è anche qualche delizioso scambio di battute che nella sua surreale sagacia potrebbe essere opera di Lewis Carroll

Le voci sul conto di mia madre sono totalmente false” disse Freddie. “Così come l’assenza di voci sulla mia” ribatté Timothy. “Come può un’assenza di voci essere falsa?…

Un antidoto al logorio della vita moderna assolutamente da non perdere.

Traduzione: Manuela Faimali

Editore: Mondadori
Anno: 2018