IL RITORNO DI ARRIGONI CON L’ELEGANZA DI CRAPANZANO
E’ tornato finalmente il Signore del giallo. Sì, signore con la “s” maiuscola perché possa piacere o no, la sua eleganza è indiscutibile, anche lessicale e come fa muovere e parlare i suoi personaggi. E molte volte fa piacere leggere dei romanzi scritti con garbo, educati, che ci narrano una storia senza doverci mettere l’eccesso di troppo sangue, troppi morti e troppe sovrastrutture e riescono lo stesso a catturare la nostra attenzione.
Crapanzano, scrittore collaudato, in tutti i suoi gialli precedenti ha utilizzato l’ambientazione milanese, raccontandoci pezzi di storia della città di Milano, una Milano che stava cercando di rialzarsi dopo la seconda guerra mondiale, una Milano noir che affascina molti lettori e che ha affascinato anche altri grandi scrittori che l’hanno fatta diventare protagonista di molti romanzi. In questo romanzo Dario Crapanzano porta lontano il commissario Arrigoni, fuori dalla sua cerchia, lontano dalla città meneghina e non solo, lontano dalla sua famiglia e dai suoi colleghi di Porta Venezia. Lo scrittore manda il suo affezionato commissario nelle valli varesine, quelle del nord che confinano con la Svizzera e che vedono il lago.
Decide d’inventare un paese, ben localizzato ma totalmente inventato e di questo ce ne rammarichiamo perchè ci ha sempre regalato un clima profondo e reale che erano il suo tocco dorato. Ma ci ha anche regalato la storia di un paese di provincia vicinissima al confine con la Svizzera e quindi protagonista di una grande piaga che è scoppiata nel dopoguerra: il contrabbando. Con i personaggi, le deduzioni ed i dialoghi ci racconta quello che realmente succedeva in quelle zone, in quel periodo e lì, in quelle parole ritroviamo il nostro Crapanzano.
Vagamente preoccupato, e allo stesso tempo incuriosito, il commissario capo del Porta Venezia, Mario Arrigoni, in una mattina di inizio ottobre del 1953 si preparava a incontrare il questore di fresca nomina dottor Respighi. Per tutto il tragitto in tram da corso Buenos Aires a piazza Cavour si era domandato quale fosse il motivo della convocazione. Non che avesse alcunché da temere, ma doveva esserci qualcosa sotto, visto che il suo rapporto con il vicequestore Respighi si era prevalentemente limitato a conversazioni telefoniche, e la sua ultima visita in Questura risaliva alla notte dei tempi.
I personaggi sono collaudati e corrono insieme verso la risoluzione del caso; i personaggi collaterali, quelli che servono al romanzo, sono lo specchio di Arrigoni e Di Pasquale, servono per raccontarci i nostri protagonisti, per farceli conoscere meglio e allora Di Pasquale si scontra con la mentalità provinciale nordica, Arrigoni conosce la cucina del sud che non aveva mai provato e tutti ci raccontano la nostalgia della grande città.
La trama gialla è lineare, c’è un morto, ci sono delle indagini e c’è un finale che chiude un cerchio che lo scrittore apre fin dalle prime pagine. Un giallo dal sapore antico, non solo perchè ambientato nel 1953 ma anche come viene scritto dall’autore, sembra di leggere veramente un romanzo del 1953. Ma in tutto questo Crapanzano non può evitare di togliersi anche dei sassolini dalla scarpa, la velata critica della società di provincia, la bellezza di tanti luoghi al di fuori della capitale lombarda. Crapanzano ci fa nuotare in un giallo d’antan regalandoci anche sorrisi e riflessioni.
Editore: SEM
Anno: 2018