UNA SPY STORY QUASI SENTIMENTALE
Dimmi di quella donna
Che vuoi sapere?
L’avevi scelta…con che criterio? Per…per l’età? La macchina? L’aspetto?
A vanvera. Il caso.
Bella scelta.
Una delle citazioni più famose de I tre giorni del Condor, film del 1975 di Sidney Pollack, racchiude in sé tutta la filosofia che a volte guida le scelte di chi si ritrova a pensare in fretta perché quando si è scelti una determinata vita e un determinato lavoro per quanto si possa essere dannatamente bravi, il fattore Fortuna gioca sempre più di ogni altra decisione. Fare la spia è un lavoraccio. Farlo in particolari momenti storici può diventare un incubo e può durare per tutta la vita. Anche se si è deciso di smettere, di cambiare nome e di rintanarsi nel posto più sicuro del mondo.
Lo sa benissimo Wilhelm Lang, che vive da anni in un lussuoso albergo delle Alpi Svizzere, facendo la bella vita e amando donne affascinanti e disponibili. Un tenore che l’uomo può permettersi grazie a un furto. Una sottrazione particolare e pericolosa per la quale ha rischiato tanto ma attraverso la quale è riuscito a cambiare completamente e notevolmente la sua esistenza. Fino a che in una mattina di un giorno qualunque il portiere del suo hotel gli consegna una busta e a Lang, che un tempo faceva la spia e si chiamava Markus Graf, inizia a mancare la terra sotto i piedi. A scrivergli è Greta, la sua amante del tempo, la sua collega del tempo in cui era una spia della STASI. Nello stesso momento, nel parco del Tiergarten di Berlino, un diplomatico russo viene ucciso da un colpo di pistola. A indagare arriva Nina Barbaro, Kriminalhauptkommissar che intuisce quasi subito che il delitto che ha tra le mani va molto oltre il semplice terrorismo internazionale. E non basta Yuri, un ambizioso agente del KGB destinato a diventare presidente della Russia, e Leo Kasprik, uno psichiatra esperto di ipnosi, cercano di impadronirsi dei dossier legati al progetto segreto cui hanno dedicato anni e che avrebbe dovuto creare quattro micidiali “agenti dormienti”, addestrati per uccidere e invincibili sul campo. Quattro piccole ostriche.
Andrea Purgatori è indubbiamente posseduto dal fuoco sacro del giornalista di inchiesta e questo è un bene perché di spy story pure con personaggi da guerra fredda, agguati, codici segreti, assassinii e progetti top secret non è che nella letteratura degli ultimi anni se ne sono visti molti Soprattutto in Italia. E forse gli autori più giovani pensano che questo sia un genere ormai superato. In effetti se dietro Quattro piccole ostriche non ci fosse una bella penna come quella di Purgatori e tutta la sua straordinaria esperienza sul campo il romanzo risulterebbe un po’ anacronistico. E invece è bello e soprattutto è credibile. E non era scontato perché riproporre personaggi e protagonisti da grandi classici della letteratura degli anni Sessanta e Settanta è complicato e anche i lettori non sono più quelli di un tempo.
Pertanto vanno rieducati a qualcosa che pur se appartiene al passato conserva cionondimeno un fascino intramontabile: citazioni musicali, storiche, di costume e società contribuiscono non poco alla ricchezza del libro e lo trasformano quasi in una pellicola di ambientazione, un percorso evocativo, una vecchia diapositiva da guardare per non dimenticare. Inoltre, Quattro piccole ostriche non racconta solo di suspense e azione, ma parla anche di emozioni e di sentimenti allo stato puro. E così proprio come succedeva nella pellicola di Sidney Pollack del 1975 alla fine quello che resta più impresso è il rapporto tra Markus e Greta al di là di tutta la sete di conquista, dominio e vendetta.
Editore: HarperCollins
Anno: 2019