La Draga di Esperança Camps

La Draga di Esperança Camps

Recensione in catalano di Anna Maria Villalonga “A l’ombra del crim”, tradotta da Patricia Vila Armengue

“La draga” è un romanzo senza lettere maiuscole, un romanzo senza nomi propri. Solo Isola, Paese, Città Peninsula e Continent possono essere scritti con un’iniziale alta. Non di più. Beh no. Anche alcuni personaggi. E questo è tutto. Non di più.

L’autrice dice nell’insolito prologo del suo romanzo (come mi piacciono i prologhi di questo tipo, alla vecchia maniera, come facevano le grandi, Mercè Rodoreda, Víctor Català, i prologhi che daranno per sempre, non importa quanto tempo passi, qualche motivo al lettore):

Questo romanzo parla del male. Di ferire e ricevere danni. Di non fare nulla per evitare il male. È una demolizione controllata. “Sono stata in grado di scrivere il romanzo solo quando ho fatto il buco abbastanza grande da entrare dentro di me e colpire. Il romanzo è un percorso. Niente fiori o violette. È una ferita con un taglio netto.”

E sì, l’autrice non ci inganna. La draga è un taglio, nella scrittura e nella lettura. Lo sconforto, mentre approfondisci le sue pagine – o affondi in esse- cresce come un’onda galoppante, come lo tsunami che distrugge il porto e porta via barche, persone e tutto ciò che troba.

Esperança Camps è una delle mie scrittrici preferite, e l’ammirazione che provo per la sua altezza letteraria può solo aumentare ogni volta che approfondisco nel suo lavoro. A “La draga” non sono stata affatto delusa, per bene che mi abbia ferito (ci aveva già avvertito nel prologo che si parlava del male), mi ha provocato, mi ha spezzato, mi ha fatto rabbrividire. Un testo superbo, in linea con il suo stile, la Camps nella sua forma più pura, senza concessioni, senza sfoghi. Una Camps dura, granitica, brutale.

La storia è terribile, ma non la racconterò. Forse vi dirò che viene dall’interno dei personaggi e viaggia all’esterno. Ci mostra dall’interno cosa c’è di disgustoso fuori. Una società malata, corrotta, sporca, inquinata, persa, chiaramente distopica e con poche aspettative di cambiamento, miglioramento o redenzione.

Esperança Camps realizza un esercizio stilistico complesso, che eccelle nella metaletteratura e intertestualità e che solo i grandi autori realizzano. Molti potrebbero provarci, ma non so se ci riuscirebbero. Lei sí. La sua prosa, strana a priori, scivola con una morbidezza e una naturalezza difficilmente definibili. Gioca con i limiti del linguaggio, lo mette alla prova, lo stravolge, lo sconvolge e lo fa coscienziosamente, privo di compassione. Eppure riesce a mantenerlo enormemente comprensibile. La mescolanza di diverse persone e voci narrative, di diversi punti di vista e tempi verbali, la convivenza di spazi e tempi, del passato e del presente, persino l’annuncio del futuro … Questo suo rivolgersi direttamente al lettore fa sí che le pagine de “La draga” si ricoprano di un’aria assolutamente cinematografica e teatrale.

L’intero romanzo è una grande didascalia. Non è pensabile parlare del testo senza dire (e questo non accade spesso) che in “La draga” è impossibile separare la forma dal contenuto. La scrittura di Esperança Camps si muove come nessun altro nel regno letterario più puro, quello che trasforma le parole nell’oggetto stesso di riferimento del materiale letterario. Il romanzo ha senso solo spiegato in questo modo. In una deliziosa precisione millimetrica di ogni verbo e di ogni aggettivo, con i perfetti spostamenti semantici, il grigio che non è nero e che forse è postnoir, e senza maiuscole, senza mettere nome ai luoghi, alludendo però a tutto l’immaginario che portiamo sulle spalle (musicale, letterario, storico e di attualità) e facendoci ricordare e ricordare per poi, farci piangere, urlare, imprecare.

A La draga nulla e gratuito. Si dice solo ciò che è strettamente necessario. Perché quest’Isola, questa Gente, questa Città, Penisola e Continente vanno dal piccolo al grande, dal particolare al generale, dal limitato all’infinito e sono protagonisti di una storia nuda, senza tempo, universale. La storia delle solite cose, delle persone grottesche che siamo tutti. Niente stracci roventi, niente salvezza.

Venite a vedere, signori. Entrate nel libro. La platea è pronta. E lo spettacolo molto ben servito.

Editore: Llibre del delicte
Anno: 2017