UN LITERARY THRILLER DALLA MALESIA
Leggere Chuan Guat Eng ha molti risvolti. Uno dei primi è quello di potersi avvicinare a un genere letterario che ormai nessuno produce più perché forse troppo sofisticato o lontano dai lettori di nuova generazione. Eppure la narrazione, il racconto, lo stile e il linguaggio che troviamo in Echi del silenzio sono esattamente i medesimi che hanno fatto e ancora fanno la fortuna di una certa narrativa classica e colta che ha come sua maggiore rappresentate Marguerite Duras e capolavori quali Il viceconsole, L’amante, Hiroschima mon amour.
Echi del silenzio è un lavoro letterario che li ricorda molto da vicino nonostante le vite delle due autrici siano molto differenti tra loro e la distanza generazionale anche. Ma è una questione di atmosfere, di rimembranze, di classicismo nel narrare. Chuan Guat Eng ha la stessa eleganza evocativa degli scrittori di un tempo e per questo deve essere letta anche dalle generazioni più giovani tanto più che il suo romanzo è un insieme di suspense, intrigo familiare, sensualità e storia.
La trama è molto articolata e i salti temporali ne fanno quasi una rappresentazione teatrale da spettacolo sperimentale. Ai Lian, una ragazza malese di origine cinesi incontra a Monaco un ragazzo inglese benestante anche lui legato alla Malesia dove suo padre possiede una piantagione avviata secoli prima dal suo bisnonno, e i due si innamorano. Quando Ai Lian deve tornare in patria per assistere al padre malato terminale i due giovani partono insieme per la Malesia e al decesso del padre la giovane donna raggiunge il suo fidanzato nel distretto di Ulu Banir e nella storica e bellissima proprietà del padre del ragazzo, Jonathan, una sorta di signorotto locale che spadroneggia da decenni nel distretto grazie al denaro e al potere che la sua famiglia ha conquistato nel tempo. Ai Lian sembra entusiasta di avere raggiunto il suo amico del cuore ma quella stessa sera un terribile e misterioso omicidio sconvolge il soggiorno della ragazza a Ulu Banir e innesca una spirale di sospetti, bugie, omissioni e segreti che non la lasceranno neppure dopo molti anni.
La Malesia dei colonizzatori e del Commonwealth, dell’educazione inglese elargita anche agli immigrati asiatici, del potere che passa ancora attraverso il colore della pelle e la quantità di personale di servizio alle proprie dipendenze. Un piccolo mondo antico che si amalgama sapientemente con la trama e dà a Echi del silenzio(ed. Le Assassine) un’altra motivazione più che importante per essere letto, per essere assimilato come opera letteraria di assoluta completezza.
La verità è che non è mai facile mettere su una detective story usando la forma narrativa e un linguaggio da secolo scorso senza rischiare di sembrare anacronistica o fuori luogo. Ci vuole sapienza, capacità artistiche non indifferenti, mente brillante e ovviamente anche una certa formazione personale che Chuan Guat Eng possiede così come possedeva la Duras quando scriveva dell’Indocina dei francesi.
E per questo che Echi del silenzio vi sorprenderà in ogni sua sfumatura e vi avvicinerà al giallo più colto.
Traduzione: Marina Grassini
Editore: Le Assassine
Anno: 2019