Dopo la guerra

Dopo la guerra

IL VOLTO MOSTRUOSO DELLA GUERRA, DI TUTTE LE GUERRE

Dopo la guerra, non c’è che la guerra. Contro se stessi, il mondo a gambe all’aria che ne è uscito, contro le vite sbilenche che tentano di mettersi in piedi.

Siamo a Bordeaux, negli anni ’50 del ‘900. Finita la Seconda Guerra Mondiale c’è l’Algeria da affrontare, oltre agli  orrendi segreti che legano la malavita francese ai putridi resti del collaborazionismo; Daniel – i cui genitori sono scomparsi in un campo di concentramento – attende di essere chiamato per andare a combattere in Nord Africa. Nella cosiddetta Provincia Distaccata Francese, e chissà se la vita avrà anche altri progetti per lui che non siano solo quelli di scannare un popolo che lotta per la propria dignità e riportare a casa la pelle. Sicuramente, chi è già laggiù impara a vedere l’esistenza sotto una luce differente, in cui l’anima pare si sia squagliata sotto un sole rovente :

(..)Le conversazioni erano riprese, perché orrori non se ne vedono soltanto in guerra, anche se persone schiacciate, tagliuzzate, aperte in due, con un dito o una gamba portati via da una macchina vengono chiamati incidenti sul lavoro, ed è lo stesso sangue a scorrere, ma è come se non contasse: morire per un padrone è meno importante che morire per la patria, meno bello.

L’atmosfera densa e amara di questo romanzo è quella dei film con Jean Gabin, il che ai più giovani non dirà nulla. Allora vediamo di spiegarci: pellicola in bianco e nero, poche parole pronunciate con durezza, molti fatti  (inseguimenti in vicoli oscuri, assassinii, schiaffoni a belle vamp bionde, opulente e infelici) tante sigarette, nebbia e notti nei porti semi-deserti. Oppure, se siamo in Africa, sole abbagliante, sabbia ovunque, soprattutto tra le pieghe della pelle dei militari, puzza di gasolio, cadaveri sfigurati e ubriacature a tutto spiano.

Siamo su una giostra che gira vorticosa e ci si deve tenere saldamente per non cedere alla forza centrifuga ed essere scagliati chissà dove. Questo noir è magistrale: non permette distrazioni, attacca addosso al lettore l’odore di vino vecchio dimenticato nei bicchieri, il fumo che si aggrappa ai cappotti umidi, i pensieri sconci e violenti di poliziotti bacati e la dolente città, col suo fiume potente, ma non abbastanza da lavar via il sudiciume di tante, troppe anime dannate.

Terribile, commuovente e bellissimo.

Traduzione: Alberto Bracci Testasecca

Edizione: E/O
Anno: 2015