La sagra del delitto

La sagra del delitto

LE SAGRE DI PAESE, SEMPLICI E DELITTUOSE COME PIACEVANO ALLA CHRISTIE

La sagra del delitto è un giallo gradevole, ben costruito e in fondo simile, per personaggi, ambienti e situazioni, ad altri libri della stessa autrice: in primis, forse, alla Strage degli innocenti, scritto qualche tempo dopo. La quale autrice, del resto, e come già ci è capitato di notare, non si faceva scrupolo di chiedersi – per bocca della sua alter ego letteraria, la massiccia e confusionaria scrittrice Ariadne Oliver, croce e delizia del suo amico Hercule Poirot – come diamine facessero i lettori a non rendersi conto di quanto, alle volte, la trama d’un suo giallo assomigliasse, pur con le inevitabili modifiche destinate a renderlo a suo modo unico, a quella d’un altro.

Dunque: nella Sagra, come nella Strage, a restare uccisa è una ragazzina impicciona e dalla lingua troppo lunga, che ha visto e, soprattutto, ha parlato di qualcosa che non avrebbe dovuto vedere né tanto meno divulgare; una certa giovane Marlene sgradevole e insignificante come la Joyce Reynolds della Strage e che, al pari di questa, trovava forse nell’attività per così dire spionistica – quel continuo occhieggiare le coppiette nel bosco e prestare orecchio ai pettegolezzi e alle maldicenze, come sempre vivacemente serpeggianti in queste piccole comunità chiuse – una sorta di consolazione all’infelicità della propria condizione di esclusa.
Scelta non si sa bene come e da chi per impersonare la vittima della Caccia all’assassino – una sorta di variante in giallo della tradizionale caccia al tesoro, messa a punto dalla Oliver per movimentare la sagra di beneficenza ospitata nel parco di Nasse House, la principesca residenza dei suoi ospiti – la piccola Marlene verrà trovata cadavere nella darsena sul fiume: strangolata con una corda proprio come sarebbe dovuto accadere secondo la trama gialla escogitata dalla scrittrice, d’un colpo divenuta fin troppo reale…

Come nella Strage dunque il punto di partenza è una festa campestre: una sagra organizzata per i soliti scopi benefici nel solito villaggio di provincia, Nassecombe, da Sir George Stubbs, attuale proprietario del maniero di Nasse House, che a dispetto di quel titolo opportunamente aggiunto al nome non sembra in realtà poter vantare effettivi titoli nobiliari :“L’hanno battezzato Sir, dicono. Un vero divertimento…”, spiegherà a Poirot una sagace madama del posto, aggiungendo però: “Lo strano è che, malgrado le sue origini, Sir George va magnificamente dappertutto”… e la cui attuale felice condizione di signorotto di campagna perfettamente inserito e accettato nel pur ritroso – e geneticamente classista – tessuto sociale di quest’ennesimo microcosmo, è stata, a suo tempo, avallata e favorita da un’autentica istituzione locale, la vecchia signora Folliat: la cui famiglia è stata per secoli proprietaria di Nasse House e che l’ha poi venduta appunto a Stubbs, complici la devastazione portata dalla guerra e le pesanti tasse di successione legate alla morte nel conflitto di entrambi i figli.
È a lei, la fragile Amy Folliat dagli occhi azzurri e i capelli candidi (lei, sì, diretta discendente nientemeno che di Guglielmo il Conquistatore) che tutto il paese guarda, ancora, come alla sola, vera signora del castello: “A Nasse House ci saranno sempre i Folliat…” affermerà, malizioso – prima di fare anche lui una brutta fine – pure un altro pilastro locale, il vecchio e fin troppo ciarliero Murdle, nonno della ragazza uccisa.

E, del resto, chi mai potrebbe, attualmente, assumersi questo ruolo?
Sir George è, naturalmente, sposato ma sua moglie, la bellissima Hattie Stubbs, di almeno vent’anni più giovane di lui e a quanto sembra da null’altro attratta che da vestiti e gioielli, mentalmente appare poco più che una bambina: una creatura dei tropici (è nata nelle Indie occidentali) taciturna e distratta, capitata come per caso in un salotto inglese e che ancora una volta è stata la Folliat, la quale un tempo ne aveva la tutela, a presentare al ricchissimo Sir George perché quest’ultimo se ne innamorasse, sposandola e sottraendola a un destino di povertà e solitudine.

Tutto, insomma, non fa che rimandare sempre e comunque a lei, alla piccola vecchia signora: “Sempre e poi sempre si finisce per tornare alla Folliat” sbotterà, a un certo punto, un frustrato Poirot. Chiamato sulla scena come già altre volte dall’intuitiva Ariadne, che a ragione sospetta sia stato introdotto qualcosa di strano e potenzialmente delittuoso nella propria casereccia Caccia all’assassino, il piccolo investigatore non riuscirà, lì per lì, né a evitare l’omicidio che pure la sua amica gli aveva chiesto di sventare né, una volta che l’irreparabile si sarà consumato, a individuare celermente il colpevole: tanti, troppi saranno i fili da seguire…

Scritto nel 1956, quando la Christie aveva ormai 66 anni e padroneggiava alla perfezione i ferri del mestiere di quella fabbrica di salsicce ch’erano i suoi impeccabili congegni criminosi, La sagra del delitto ha tra i suoi punti di forza l’ambientazione: con quelle sagre di paese così apparentemente semplici e senza pretese e nella realtà così difficili da mettere a punto, le inevitabili discussioni tra gli estenuati organizzatori, le segretarie efficienti e mascoline e fatalmente innamorate del principale, le ragazzine esasperanti e maliziose, le giovani coppie in crisi coniugale, i politicanti locali dalle consorti autoritarie, le vecchie dame piene di segreti e i misteriosi stranieri bruni che arrivano in panfilo risalendo il fiume, a complicare ulteriormente il disegno complessivo.

Traduzione: Paola Franceschini
Editore: Mondadori
Anno: 1957

4.3Overall Score

La sagra del delitto

LE SAGRE DI PAESE, SEMPLICI E DELITTUOSE COME PIACEVANO ALLA CHRISTIE La sagra del delitto è un giallo gradevole, ben costruito e in fondo simile, per personaggi, ambienti e situazioni, ad altri ...

  • Trama
    4.0
  • Suspense
    4.0
  • Scrittura
    5.0

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