Il suo ultimo romanzo Cosi crudele è la fine (di cui potete leggere la nostra recensione qui) è la conclusione di una trilogia edita da Longanesi. Oltre ad essere un traduttore di grandi romanzi, ha conquistato il suo pubblico con E’ così che si uccide. Abbiamo intervistato per voi Mirko Zilahy (o Zilahi)

Mirko con il suo ultimo romanzo, Così crudele è la fine, si chiude la trilogia dedicata al commissario Mancini. Come nasce questo personaggio e perché ha deciso di farlo così tormentato?

Il commissario Mancini è un uomo solido e sicuro di sé, finché le sue sicurezze si perdono nel saluto mancato alla moglie morente. Gli studi in Criminal Profiling e la carriera a caccia degli assassini seriali in giro per il mondo perdono senso, quando Marisa scompare dalla sua vita. Da allora, parliamo di È così che si uccide, attraverso La Forma del buio e fino a questo ultimo capitolo, Enrico Mancini si mette sulle tracce di tre serial killer che colpiscono Roma. Al contempo è in fuga dai suoi fantasmi e in cerca di un equilibrio impossibile. Il tormento interiore di Mancini, che comunque si trasforma notevolmente nel corso della trilogia, è l’unico tratto autobiografico che ho messo nel mio personaggio. Diciamo che il commissario è nato come una costola di un mio lutto elaborato con grande difficoltà.

Parliamo della “sua” Roma. Quando si finisce di leggere la trilogia si ha anche una nuova consapevolezza della capitale che da turisti o semplici visitatori è difficile avere. È tutto voluto o desiderava solo scrivere dei bei gialli ambientati in posti più o meno conosciuti?

Volevo raccontare una Roma magica e reale, onirica e tagliente. La città contraddittoria che mette assieme Colosseo e Gazometro, San Pietro e mattatoio di Testaccio, i parchi e le rovine più misteriose della sua storia millenaria.

Così crudele è la fine è esattamente il romanzo che molti dei suoi lettori si aspettavano come finale, come libro conclusivo e come riscatto di Enrico Mancini. Come ci è riuscito?

Proprio riscatto non direi, ma non voglio togliere il piacere della lettura al mio pubblico. Diciamo che avevo in mente una parabola precisa della vicenda personale del commissario Mancini, ma anche quella dei personaggi della squadra (Walter, Caterina, Antonio, Giulia e in un ceto senso di Niko) e dei serial killer, nonché di Roma. Un finale non rassicurante ma neppure cupo e dolente per un libro che è bagnato da una intensa, e se lo dice Donato Carrisi c’è da credergli, luce nera.

Lei scrive bene, è indubbio, ma il suo punto di forza sono le descrizioni che sembrano più piani sequenza cinematografici che brani di un libro. Ha mai pensato di fare anche lo sceneggiatore?

Grazie per il complimento. In realtà io parto sempre dalle parole, dai suoni, le immagini vengono dopo, sono evocate dalla magia delle parole. Fare lo sceneggiatore è un mestiere all’opposto dal mio punto di vista. Nonostante ciò sono curiosissimo e mi piacerebbe imparare tecniche di narrazione e chissà che non capiti presto l’occasione…

Per chi non lo sapesse lei è anche un bravissimo e apprezzato traduttore. Domanda frivola: cosa la diverte di più, scrivere o tradurre i libri di altri?

Sono due mestieri simili. La traduzione è un lavoro stremante e bellissimo, in Italia non è però un mestiere apprezzato abbastanza. Sia dal punto di vista dei riconoscimenti (un traduttore è la voce dell’autore che traduce e merita visibilità), sia da quello dei compensi. Per me è un’esperienza necessaria anche per la mia scrittura, perché ti “accorda” come uno strumento con lo scrittore che traduci e ti insegna a dare voce alle immagini, ai suoni, alle parole, alle storie e ai personaggi che hai dentro.

È vero che il suo ultimo lavoro è appena uscito ma ora di cosa scriverà? Ha in mente un’altra trilogia con nuovi protagonisti o cambierà del tutto genere?

Sto scrivendo il prossimo romanzo ma non posso dire niente se non che sarà un… Harmony! Ovviamente scherzo. Voglio ringraziare voi e i miei lettori a cui dico solamente: stay tuned 😉

Grazie a Mirko Zilahy per il tempo dedicatoci!

 

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